Ormai se ne sente parlare da mesi, ma forse qualcosa sta iniziando a succedere realmente. O forse no. Sto parlando della controffensiva ucraina e il sottotesto è sempre il solito. Difficile, quasi impossibile capire come stanno le cose sul fronte, anzi sui vari fronti, del conflitto in Ucraina.
Al netto di ciò, e prendendo tutte le notizie con le pinze in quanto sul fronte lavorano pochi giornalisti occidentali, e comunque non sono liberi di muoversi come e dove vogliono, quindi molte delle notizie provengono più o meno direttamente da fonti di intelligence e dagli eserciti, negli ultimi giorni sono arrivati diversi segnali che fanno pensare che sia iniziata la controffensiva dell’esercito ucraino contro quello russo, di cui si parla ormai da diversi mesi.
“I segnali in questione – spiega un articolo del Post – sono piccoli avanzamenti di alcune unità ucraine sulla linea del fronte nelle regioni a sud-est, fra le città di Zaporizhzhia e Donetsk. Rimangono piuttosto difficili da interpretare, anche perché l’Ucraina ha smesso di commentare le notizie sull’eventuale inizio di una controffensiva. È possibile che ci voglia molto tempo per capire se i movimenti degli ultimi giorni facciano parte di un’offensiva.
Lunedì il New York Times ha parlato di un aumento dei colpi di artiglieria e di un’offensiva via terra compiuta dagli ucraini, senza fornire ulteriori dettagli sull’area precisa in cui sarebbe avvenuta. Lo stesso giorno la Russia ha fatto sapere di aver respinto un vasto attacco ucraino nella regione di Donetsk, ma questa informazione è stata accolta con grande scetticismo da analisti ed esperti occidentali.
Sul Guardian il giornalista esperto di difesa e sicurezza Dan Sabbagh ha analizzato alcuni aggiornamenti dati dai blogger russi che si occupano di guerra e li ha analizzati sia ad uno ad uno che tutti assieme. Il quadro che ne emerge è che secondo molti blogger russi l’esercito ucraino è avanzato di circa due chilometri a Novodonetske, a nordovest di Donetsk, penetrando il fronte difensivo russo e occupando una posizione difesa dai soldati russi. Secondo Sabbagh «Queste non sono operazioni esplorative del territorio, ma attacchi che hanno l’obiettivo di trovare punti deboli nel fronte russo». La Russia si sta preparando da mesi alla controffensiva, e diverse analisi di immagini satellitari hanno confermato che ha scavato moltissime trincee e fossati nelle zone in cui le sue forze potrebbero essere attaccate da quelle ucraine.
Secondo quanto riportato dal New York Times «Alcuni esperti militari statunitensi ritengono che le unità ucraine abbiano iniziato un’offensiva per determinare la posizione e la forza delle truppe russe: è una tattica tradizionale che gli americani hanno insegnato agli ucraini». Si chiama “ricognizione con la forza”.
Ovviamente su questo fronte non possiamo fare altro che attendere altre notizie, e cercare di interpretarle.
L’altra notizia importante che riguarda la guerra in Ucraina è che è crollata la diga di Nova Kakhovka come al solito c’è un rimpallo di accuse fra il governo ucraino e quello russo. Il crollo della enorme diga e il conseguente prosciugamento del bacino artificiale retrostante stanno facendo parlare anche perché è proprio da quel bacino che viene pescata l’acqua per raffreddare la centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa.
E quindi in molti si sono immediatamente chiesti se non ci sia un rischio per i reattori. In realtà fortunatamente pare di no. Come scrive l’inviato da Kiev del Guardian Julian Borger, almeno per il momento il crollo della diga non rappresenta una minaccia per la sicurezza della centrale nucleare di Zaporizhzhia, situata più a monte, ma avrà implicazioni a lungo termine per il suo futuro.
Al momento cinque dei reattori sono in “arresto a freddo”, spenti completamente e raffreddati, e uno è in “arresto a caldo”, mantenuto a 200-250°C per facilitarne il riavvio se le condizioni lo consentissero, e per fornire il riscaldamento invernale alla vicina città di Energodar.
La situazione va comunque monitorata, perché al momento c’è ancora acqua a sufficienza nel laghetto di raffreddamento che si alimentava con il bacino artificiale. Ma questa potrebbe durare solo ancora pochi mesi.
Un’altra notizia che sta facendo molto discutere e scatenando polemiche è la decisione della Regione Lazio, comunicata lunedì, di revocare il proprio patrocinio al “Roma Pride 2023”, la parata promossa dai movimenti che difendono i diritti delle persone LGTBQ+. La manifestazione aveva ottenuto in un primo tempo il sostegno della Regione, come succede da ormai dieci anni, ma a cinque giorni dall’inizio della parata (che partirà il 10 giugno in piazza della Repubblica a Roma) il presidente Francesco Rocca, alla guida di una coalizione di destra, ha deciso che il simbolo della Regione non dovrà più comparire nella manifestazione.
Il nodo centrale sono le posizioni riguardo al tema della gestazione per altri, la forma di procreazione assistita comunemente nota come “maternità surrogata”, un tema caldo nella politica italiana in questo momento.
Nel manifesto dell’evento, infatti, intitolato “Queeresistenza” ci sono molte critiche alle posizioni sui diritti dell’attuale governo Meloni, e in un passaggio si legge: «Vogliamo una legge che introduca e disciplini anche in Italia una gestazione per altri (GPA) etica e solidale, che si basi sul pieno rispetto di tutte le persone coinvolte, sulla scorta delle più avanzate esperienze internazionali e in un’ottica di piena autodeterminazione».
Per la Regione questo testo «promuove comportamenti illegali», e quindi la regione non può sostenere manifestazioni che promuovono comportamenti illegali. Una richiesta specifica gli era arrivata dal Movimento anti abortista Pro Vita e Famiglia che aveva definito il sostegno della Regione «schizofrenico», viste le posizioni del governo sul tema.
Ma che cos’è la maternità surrogata? È un tipo di maternità in cui una persona porta avanti la gravidanza per conto di qualcun altro. È un tema molto delicato, per alcuni aspetti anche controverso perché ad esempio – come raccontava Roberta Trucco in una vecchia puntata di Inspirazioni, un format che Daniel Tarozzi conduceva assieme a Darinka Montico, in alcune parti del mondo la maternità surrogata è diventato un business completamente senza regole, dove tutto è permesso.
Questo per dire che la questione non è così semplice. E che come al solito sarebbe molto utile e interessante avviare una riflessione collettiva, a livello sociale, su questo argomento. Molto più utile e interessante che proibire prima ancora di discutere.
Comunque, come immaginerete, questa decisione ha scatenato su Rocca una pioggia di critiche, non solo dagli organizzatori dell’evento, ma anche dalle opposizioni, a livello locale e nazionale. Il portavoce del Roma Pride, Nicola Colamarino, ha definito la revoca del patrocinio «una vergogna» e ha accusato il governo della Regione di rispondere a pressioni del movimento Pro Vita e Famiglia, che ha sostenuto Rocca in campagna elettorale, e del governo nazionale. Il presidente Rocca in un’intervista alla Stampa ha negato di aver ricevuto pressioni, sostenendo di aver concesso il patrocinio in «buona fede» ma di essersi sentito oggetto di una «strumentalizzazione vergognosa». Ha detto “sono stato ingannato”.
Concludiamo con una notizia legata al tema della plastica, anzi delle microplastiche. Ancora sul Guardian Yvonne Gordon racconta di come “I marinai che testano le acque durante la Ocean Race, che attraversa alcuni degli ambienti oceanici più remoti del mondo, hanno trovato microplastiche in ogni singolo campione”. Cosa devo dire abbastanza inquietante, anche se ormai non più sorprendente.
In alcune località sono state trovate fino a 1.884 particelle di microplastica per metro cubo di acqua di mare, un numero fino a 18 volte superiore a quello rilevato in test analoghi effettuati durante l’ultima Ocean Race, conclusasi nel 2018. Gli scienziati hanno notato che la sensibilità dei loro strumenti è ora più elevata. Quindi forse la differenza reale è minore. Ma questa non è comunque una buona notizia.
I campioni sono stati raccolti durante le tappe iniziali della gara, che è iniziata a gennaio e termina a luglio, attraversando l’Oceano Atlantico meridionale vicino a una località considerata la più lontana dalla terraferma sulla Terra.
Le concentrazioni più elevate di microplastiche sono state riscontrate in prossimità delle coste. I campioni prelevati vicino all’area più remota del pianeta, Point Nemo, che dista 2.688 km (1.450 miglia nautiche) dalla terraferma in tutte le direzioni, hanno rivelato 320 particelle di microplastica per metro cubo, rispetto alle 9-41 dell’ultima gara.
Insomma, che dire, stiamo riempiendo gli ecosistemi di un materiale praticamente eterno, che finisce nella catena alimentare e di cui non conosciamo fino in fondo gli effetti. Non sono gli ingredienti per una storia che va a finire bene. Forse è il caso di smettere di produrre e consumare plastica da adesso.
#Ucraina
il Post – È iniziata la controffensiva ucraina?
The Guardian – Ukrainian dam collapse ‘no immediate risk’ to Zaporizhzhia nuclear plant
#pride
il Post – La Regione Lazio ha tolto il patrocinio al Pride di Roma
#microplastiche
The Guardian – Microplastics found in every sample of water taken during the Ocean Race
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