30 Set 2024

Condannate a due anni di carcere le attiviste di Just Stop Oil che “imbrattarono” un Van Gogh – #992

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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Ricordate le attiviste che avevano buttato della zuppa su un dipinto di Van Gogh? Sono state condannate a due anni di carcere, e la sentenza ovviamente fa discutere. Parliamo anche di un nuovo studio che mostra come una percentuale bassissima delle politiche climatiche adottate dai governi risulti efficace (la cosa positiva è che adesso sappiamo quali), dell’uccisione del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, della vittoria dell’estrema destra in Austria e infine di come possiamo relazionarci con i grossi animali selvatici.

Ricordate le due attiviste climatiche inglesi che avevano tirato la zuppa sul quadro di Van Gogh? O meglio sul vetro che proteggeva il quadro di Van Gogh? Venerdì sono state condannate a due anni di carcere e questa cosa sta facendo molto discutere nei circuiti dell’attivismo ambientale e in parte sulla stampa britannica. Mentre nel resto dei circuiti si parla tendenzialmente di altro e la cosa viene ignorata.  

Comunque ricapitoliamo velocemente la storia. Queste due attiviste sono Anna Holland, 22 anni, e Phoebe Plummer, 23 anni e fanno parte di di Just stop oil, un’organizzazione britannica che vuole spingere aziende e politica ad agire in maniera più decisa per fermare il cambiamento climatico. 

L’organizzazione è nota per azioni di disobbedienza civile nonviolenta, ovvero azioni dal forte impatto mediatico, che sono tese a generare disturbo, fastidio, per sollevare il dibattito all’interno dell’opinione pubblica sul cambiamento climatico. 

In quell’occasione le due attiviste avevano lanciato una zuppa di pomodoro contro il capolavoro “i Girasoli” di Vincent Van Gogh esposto alla National Gallery di Londra. Il quadro non aveva subito danni, né danneggiare il quadro era nelle intenzione delle due giovani donne, perché protetto da un vetro. Dei danni minori erano stati però causati alla cornice, una cornice italiana del XVII secolo, causando danni stimati in 10.000 sterline.

Alla vigilia della sentenza oltre 100 artisti, curatori e storici dell’arte avevano firmato un appello affinché due attiviste fossero risparmiate da una condanna al carcere.

Invece – racconta il quotidiano britannico The Standard – la condanna arrivata venerdì è stata esemplare. Due anni e tre mesi di prigione ad una e 20 mesi (quindi un anno e 8 mesi) all’altra. Oltre alla condanna devo dire che mi hanno colpito molto le parole del giudice, che nel leggere la sentenza ha definito le azioni delle due ragazze “idiote e criminali”, ha detto “La vostra posizione durante il processo è stata una superficiale indifferenza al rischio che correvate.” aggiungendo “Non avevate alcun diritto di fare ciò che avete fatto ai *Girasoli*, e la vostra arroganza nel pensare diversamente merita la più severa condanna.” In un altro passaggio, parlando di una precedente condanna di una delle due ragazze ha definito lei e il resto degli attivisti “un gruppo di idioti”.

Peraltro il giudice era Christopher Hehir, lo stesso Christopher Hehir che è stato responsabile, lo scorso luglio, della condanna di altri eco-attivisti a pene detentive di quattro e cinque anni per un complotto volto a bloccare gran parte della M25 attraverso proteste. Le condanne sono ritenute le più lunghe mai inflitte in Gran Bretagna in un caso di protesta pacifica.

Dopo la condanna, sono esplose le proteste. Poche ore dopo la lettura della sentenza tre sostenitori del gruppo Just Stop Oil, due donne e un uomo, hanno di fatto ripetuto il gesto delle due condannate lanciando una zuppa di colore arancione contro due dipinti di Vincent van Gogh esposti ad una mostra alla National Gallery di Londra. 

Ed eccoci qua: parliamone. Premetto che ho una certa simpatia per tutti i movimenti di attivismo climatico, quindi forse sono un po’ di parte. Al tempo stesso vi dico che più razionalmente non sono sicuro che quel tipo di azione sortisca l’effetto desiderato nello spingere i governi all’azione climatica. Io per ora ho visto soprattutto governi che hanno fatto leggi più restrittive contro l’attivismo, sbattendosene del clima. E non osservo al momento grosse levate di folla contro i governi, anzi ho la sensazione che siamo in una fase remissiva rispetto a circa 10 anni fa, quando sono esplosi in tutto il mondo i movimenti per il clima. 

Al netto di ciò, sono abbastanza sgomento nel leggere l’entità della condanna e anche l’acredine con cui viene inflitta dal giudice. Un giudice che mi pare tutto tranne che imparziale. Che per carità, abbiamo bizzeffe di studi che ci mostrano che l’imparzialità dei giudici sia una delle tante storie inventate che ci raccontiamo e su cui abbiamo basato il nostro sistema, ma qui si va oltre dei limiti accettabili. Qui siamo di fronte, mi pare, a un giudice che decide arbitrariamente una pena esemplare per dare una lezione di vita, su qualcosa che evidentemente non ha compreso. 

Ultima nota, ricordo di aver letto fiumi e fiumi d’inchiostro sul gesto delle due eco-attiviste, editoriali, vignette, commenti, insulti, su tutti i giornali d’Italia. Ad oggi ho trovato la notizia della condanna solo su sei giornali nazionali e tutti e sei gli articoli titolano non con la condanna ma con il nuovo imbrattamento.

Dicevamo dei governi che non fanno abbastanza per il clima, di due ragazze che lo fanno notare con un gesto eclatante e di come il dito accusatorio sia stato puntato, alla fine sulle ragazze e non sui governi.

Uno potrebbe chiedersi: ma è vero che i governi non fanno abbastanza? Perché in giro sentiamo un sacco di slogan e proclami di net zero, obiettivi ambiziosi, persino i politici e le politiche di destra sono passati dal negazionismo a quello che in gergo viene chiamato “rallentismo”, ovvero una strategia in cui si dice di voler risolvere la crisi cdlimatica, rallentando però le politiche che se ne occupano.

Quindi è vero che non stiamo facendo ancora abbastanza oppure no? In effetti pare che sia vero. Molto vero. Un articolo pubblicato su Science il mese scorso ha esaminato 1.500 politiche climatiche in tutto il mondo e ha rilevato che solo 63 di esse hanno portato benefici significativi. 63 su 1500. 

Come scrive nell’editor’s summay dello studio Jesse Smith, “È facile per i paesi dichiarare che ridurranno le loro emissioni di gas serra, ma queste affermazioni non garantiscono che le politiche adottate saranno efficaci”. 

Parole che mi sono suonate molto vere. Al tempo stesso, possiamo anche vederla al contrario. È verso che solo 63 politiche sono risultate efficaci. Però quelle 63 hanno funzionato.

Fra queste figurano tasse sul carburante, prezzi minimi del carbonio, divieti su tecnologie dannose, obblighi sulle energie rinnovabili, requisiti di efficienza energetica, regolamenti edilizi rigorosi e standard di prestazione industriale più elevati.  Possiamo ripartire da lì? Possiamo spronare i nostri governi nazionali e locali a prendere spunto, senza continuare a perdere tempo con roba inefficace, come i biocarburanti, la CCS e così via? 

Prosegue l’aggressione israeliana contro il Libano, con continui bombardamenti e attacchi con droni. La notizia del fine settimana da quel fronte è certamente la morte di Hassan Nasrallah, il leader del gruppo politico e militare libanese Hezbollah, che è stato ucciso in un attacco aereo israeliano di venerdì sera contro un edificio nel quartiere di Danieh, nella zona sud di Beirut. 

Nasrallah non era solo il capo politico / militare di Hezbollah, era una sorta di padre del movimento. Come scrive il sociologo Renzo Guolo su Domani era “Un leader che, in trentadue anni, ha trasformato il gruppo da piccola formazione armata ispirata al khomeinismo iraniano in forza di governo e architrave del sistema politico su base confessionale libanese”.

Quindi capite che l’uccisione di Nasrallah compromette ulteriormente la stabilità dell’intera regione, che già sapevamo non essere proprio solida. Adesso tutti stanno, di nuovo, aspettando di vedere se ci saranno reazioni da parte dell’Iran, ed eventualmente di quale portata. Sabato mattina Ali Khamenei, la Guida suprema dell’Iran, ha diffuso un comunicato in cui chiede «a tutte le forze della resistenza nella regione di sostenere Hezbollah».

In Iran sono anche stati annunciati cinque giorni di lutto, e sabato alcuni manifestanti con la bandiera di Hezbollah si sono radunati in vari punti della capitale Teheran. Mentre la compagnia aerea nazionale, Iran Air, ha sospeso tutti i voli tra Beirut e Teheran.

Adesso a Beirut la situazione è molto caotica. William Christou, un giornalista del Guardian che si trova lì, ha scritto – citato anche dal Post – che dopo l’annuncio della morte di Nasrallah le strade si sono svuotate: i negozi sono per la maggior parte chiusi, e chi può è scappato. Nel centro della città l’esercito ha schierato dei carri armati come misura preventiva in vista di possibili scontri. Ci sono anche moltissime persone sfollate, che hanno lasciato le proprie case per sfuggire ai bombardamenti israeliani e stanno cercando riparo in strada o sulla spiaggia di Ramlet al Baida, nella zona ovest della città”.

I bombardamenti comunque sono proseguiti in Libano anche per tutta la giornata di ieri, domenica, e hanno distrutto intere zone di Beirut. Solo ieri sono state uccise quasi 50 persone, di cui 17 appartenenti alla stessa famiglia nella città di Zboud, nel nord-est del paese.

Sempre domenica, per non farsi mancare niente, l’esercito israeliano ha attaccato alcune infrastrutture in Yemen controllate dagli Houthi, un altro gruppo politico e militare sciita che controlla buona parte del paese ed è alleato dell’Iran. 

Come Hezbollah e Hamas, anche gli Houthi fanno parte del cosiddetto “asse della resistenza”, un insieme di milizie e gruppi armati attivi nei paesi del Medio Oriente che operano per conto dell’Iran o che hanno interessi in qualche modo allineati a quelli dell’Iran. Asse contro il quale il governo di Netanyahu sembra aver lanciato una sorta di guerra totale.

In Austria, come accade abbastanza ciclicamente, sembrerebbe aver trionfato, secondo le proiezioni, l’estrema destra, alle elezioni per il rinnovo della camera bassa del parlamento. Il Partito della Libertà infatti, di estrema destra, è risultato primo partito con il 28,9% dei voti. Al secondo posto si è piazzato il Partito Popolare, di centro destra, con il 26,3%, seguito dai Socialdemocratici di centrosinistra con il 21%. 

Altri risultati rilevanti: I Liberali di NEOS hanno ottenuto il 9,1% e i Verdi l’8,3%. Mentre non hanno superato la soglia di sbarramento del 4% il Partito Comunista (fermo al 2,4%) e Il Partito della Birra, che comunque colleziona un onesto 2%. 

Se le proiezioni dovessero essere confermate, e ci vorrà ancora un po’ per via della lentezza dello scrutinio per questioni legate al voto via posta, queste elezioni sarebbero una vittoria al di sopra delle aspettative per FPÖ, a cui i sondaggi elettorali assegnavano il 26 per cento. Tuttavia, nessun partito si è detto disposto a formare una coalizione con l’estrema destra, ed è quindi difficile che FPÖ possa formare un governo.

Avete ascoltato la prima puntata di Solutions? Il tema è “in che modo possiamo convivere con i grandi mammiferi che popolano il nostro paese? Lupi, orsi, cinghiali, cervi, caprioli?”. Non è un tema da poco, e ce ne parla il nostro direttore DT nella prima puntata di Soluscions, risposte locali a problemi globali. Vi faccio sentire un’anteprima.

Audio disponibile nel video / podcast

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