È un po’ che non parliamo di guerra in Ucraina. E allora aggiorniamoci. Lo facciamo seguendo il riassunto della settimana sempre molto puntuale e interessante di Limes e prendendo spunto da alcuni articoli pubblicati da Ispi online, il Post e altri giornali.
GUERRA IN UCRAINA: L’ANDAMENTO MILITARE
In pratica dal punto di vista militare le ultime settimane segnano un’avanzata lenta ma costante delle truppe russe nel Donbass, con la conquista di diverse città minori, fin qui presidiate dalle Forze armate dell’Ucraina, che permette a Mosca di completare l’accerchiamento di due città molto più importanti come delle importanti città di Lysyčans’k e soprattutto Sjevjerodonec’k.
I due importanti centri sono divisi dal fiume Donec, i cui ponti sono stati fatti saltare intrappolando migliaia di soldati ucraini sulla sua sponda sinistra, che devono scegliere tra la resistenza a oltranza e la resa incondizionata. Pare che molti gruppi stiano optando per la seconda soluzione, postando in rete anche video denuncia nei confronti delle autorità centrali, colpevoli di avere abbandonato i propri uomini in posizione avanzata senza adeguati rifornimenti di munizioni e carburante.
Poi una volta magari facciamo anche un approfondimento sulle varie milizie che combattono questa guerra, perché è diventato celebre il battaglione Azov, quello dei nazisti ucraini, ma non si è parlato altrettanto dei battaglioni russi, ad esempio i mercenari del “gruppo Wagner” dell’oligarca Evgheni Prigozhin (che li recluta in Africa), o lo strano caso della Cecenia, che fornisce soldati a entrambi gli eserciti: con Putin ci sono i pretoriani del despota Ramzan Kadyrov, con l’Ucraina due battaglioni indipendentisti intitolati all’eroe nazionale Shayikh Mansour.
Dal punto di vista geopolitico, continua l’ambivalenza dei paesi europei, che sembrano oscillare fra la ricerca di una soluzione pacifica, che quindi include una mediazione con Putin, e invece l’appoggio incondizionato all’Ucraina.
Chi non si fa di questi problemi sono gli Usa, che sembrano avere molto chiara la loro strategia, che Limes riassume così: “non c’è fretta di porre fine a questa guerra”. Come detto da vari analisti, la strategia Usa sembra essere quella del bleeding, del sanguinamento, che mira a far dissanguare l’avversario storico, la Russia, continuando ad armare sempre più l’Ucraina. Questa strategia sembrerebbe confermata dalle ultime due mosse del governo americano. La prima, di martedì scorso, è che il dipartimento del Tesoro ha annunciato che non permetterà più alla Banca centrale di Mosca di rimborsare i detentori americani di titoli di Stato russi, generando così quasi automaticamente il default del paese.
Lo spiego meglio in due parole, perché sennò non si capisce. Il default di un paese è quando lo stato non ripaga più i suoi debiti. Con questa mossa gli Usa impediscono alla Russia di ripagare i suoi debiti, il che di fatto genera un default. Che è una roba soprattutto simbolica, perché è un default imposto da una regola e non da una crisi economica e da una reale impossibilità di ripagare i debiti, ma è comunque significativa come mossa, al punto da spingere il Washington Post a titolare “Non abbiamo mai fatto una cosa del genere a un paese così”.
L’altra mossa potrebbe essere annunciata la prossima settimana e riguarda il rifornimento di sistemi missilistici a lunga gittata all’Ucraina. Boris Johnson di recente ha fatto riferimento alla necessità per Kiev di ottenere lanciarazzi multipli; probabile che Londra attenda l’ok di Washington prima di annunciarne la fornitura alle Forze armate ucraine, ponendo ancora una volta il Regno Unito all’avanguardia nella guerra indiretta contro la Russia. Che diviene tanto meno indiretta quanto più sofisticati sono gli armamenti donati a Kiev dagli angloamericani.
Metteteci anche che pochi giorni fa, parlando con un membro dell’esercito italiano di un certo grado, mi ha confermato che nell’esercito stanno preparando un bel po’ di militari per andare in Polonia. Il che non è una novità assoluta, nel senso che sapevamo della volontà della Nato di dispiegare più forze al confine con la Russia, ma non è esattamente un segnale distensivo.
COME STA L’ECONOMIA RUSSA? E QUELLA EUROPEA?
Dicevamo che il default russo è una roba principalmente simbolica. Ma nella pratica come sta l’economia russa? Le sanzioni stanno funzionando? In realtà, non tanto a quanto pare. Nuovo taglio del tasso di interesse di riferimento in Russia. Spiega Ispi che Ieri, la Banca Centrale russa ha portato il tasso dal 14 all’11%, sancendo una riduzione di 9 punti solo nell’ultimo mese, che lo riporta vicino ai valori pre-guerra. Anche l’obbligo per gli esportatori di convertire l’80% delle entrate in valuta estera è stato ridotto al 50%.
Misure che erano state introdotte in risposta alle sanzioni occidentali per sostenere il rublo. Che però non ha più bisogno di sostegno. Dal minimo storico di 135 rubli per dollaro di inizio marzo, la valuta russa è risalita fino a 62 rubli per dollaro, come non si vedeva dal 2018. Un rimbalzo che ha reso il rublo la valuta più performante al mondo quest’anno. Addirittura troppo performante, perché minaccia il bilancio del Paese, riducendo il valore delle entrate fiscali in dollari derivanti da petrolio e gas.
Comunque, complessivamente l’economia russa sembra tenere botta anche grazie alle importazioni energetiche europee e asiatiche. Mosca continua a incassare oltre mezzo miliardo di dollari al giorno dal suo export energetico. Dall’inizio dell’invasione, il valore dell’export è cresciuto nonostante le sanzioni (+8% rispetto al 2021) e, complice il crollo delle importazioni (-44%), potrebbe generare per il 2022 un surplus commerciale da 250 miliardi di dollari: più che doppio rispetto a quello del 2021. Con questi fondi Mosca può coprire almeno in parte i costi della guerra in Ucraina. E sta salvando le sue imprese più in crisi.
Mentre l’Europa non sembra messa molto bene, economicamente, e torna a fare capolino lo spettro della stagflazione, una condizione economica anomala in cui arrivano assieme sia l’inflazione (che però spesso è associata alla crescita economica) che la stagnazione.
Il fenomeno sta interessando anche gli Usa e sembra dovuto a motivazioni sia esterne, tipo il caro-materie prime (anche energetiche) indotto dalla ripresa post-epidemica, dal decennale disinvestimento nelle fonti fossili, dalle strozzature nelle filiere di approvvigionamento (tipo i grandi porti cinesi che chiudino per perseguire la politca “zero Covid”) e dalla guerra in Ucraina, che – perlomeno in molti paesi, come l’Italia, interneper carenze amministrative, di produttività e infrastrutturali.
Economicamente è una roba grossa, perché in genere, nella ricetta classica, una situazione così la si risolverebbe con una ricetta di austerità, e aumento dei tassi di interesse. Ma fare una cosa del genere oggi vorrebbe dire radere al suolo le nostre società. Ne riparliamo, comunque. Perché esistono anche delle alternative.
LE ALTRE CONSEGUENZE DELLA GUERRA IN UCRAINA
Intanto proseguono le trattative per sbloccare il grano ucraino. Da quando è iniziata l’invasione russa, spiega il Post, è stata bloccata l’esportazione di grano e altri cereali da tutti i principali porti dell’Ucraina sul Mar Nero, in particolare in quelli nell’area di Odessa, nell’Ucraina occidentale, dove transita la quasi totalità del grano prodotto nel paese. Infatti la zona costiera intorno alla città è stata in buona parte minata dall’esercito ucraino per impedire alle navi da guerra russe di condurre un’invasione, e al tempo stesso la marina militare russa ha bloccato quell’area del Mar Nero rendendo molto difficile il transito delle navi mercantili.
Nel weekend ci sono state diverse telefonate fra alcuni leader europei e Putin sulla questione. Prima Draghi, poi Sholtz e Macron hanno chiamato Putin, e soprattutto le telefonate del presidente francese e del cancelliere tedesco, piuttosto lunghe, sembrerebberp aver aperto la possibilità di trovare un compromesso che accontenti sia la Russia che i paesi occidentali.
QUANDO È DIVENTATA NORMALE LA GUERRA IN UCRAINA?
Come riflessione finale, vorrei condividere una sensazione che si è impadronita di me nelle ultime settimane e che mi sembra abbastanza diffusa. La sensazione che anche questa guerra sia diventata “normale”. Finito il trambusto, lo spavento, la paura iniziali, e un po’ com’è successo con la pandemia, anche la guerra in Ucraina ha finito per rappresentare una nuova, tragica, normalità. Anche questa guerra, anche se ci coinvolge di più, più da vicino, sta facendo la fine di tutte le altre guerre.
Questo è terribile e bello al tempo stesso. È terribile pensare che possiamo considerare normale una guerra, questa come le tante altre che ci sono nel mondo. bello perché è indice dell’estrema resilienza dell’essere umano, della sua capacità di adattarsi a tutte le condizioni.
Questa resilienza è croce e delizia della nostra specie, ci ha permesso di colonizzare il pianeta e vivere a tutte le latitudini (anche qui, è un bene e un male?), ma ci rende a volte difficile cambiare le cose sul lungo periodo. Siamo biologicamente molto attenti e reattivi agli stimoli e i pericoli immediati, molto meno sulle variabili lente e i pericoli a lungo termine, un po’ come la rana che finì bollita, perché non siamo progettati per vivere in una costante allerta.
È NATA LA NOSTRA SEZIONE SPOTLIGHT!
Dal canto nostro, come giornalisti, pensiamo che sia importante restare sempre consapevoli di quello che succede nel mondo. Per questo abbiamo deciso di aprire la sezione Spotlight di Italia che Cambia, che è una sezione che, come la celebre redazione del Boston Globe che condusse l’inchiesta sulla pedofilia nella Chiesa Cattolica, vuole accendere un faro sui fatti di attualità, ovviamente dando sempre uno sguardo critico, attento alle fonti e alla complessità.
Il primo tema di cui ci stiamo occupando è proprio la guerra in Ucraina per cui se siete curiosi andatevi a fare un giro sulla nuova sezione, vi lascio il link al solito posto, qua sotto.
FONTI E ARTICOLI:
#Ucraina-Russia
limes – Cosa rimane della tredicesima settimana di guerra in Ucraina
il Fatto Quotidiano – Guerra Russia-Ucraina: dal gruppo Wagner al battaglione Azov, ecco le milizie parallele di Mosca e Kiev. Il caso dei ceceni: gruppi schierati su entrambi i fronti
The Washington Post – U.S. pushes Russia toward default by blocking debt payments
Ispi – Russia: l’economia regge?
il Post – Le trattative per sbloccare il grano ucraino
Quotidiano del Sud – Draghi chiama Putin per sbloccare il grano: «Ma non ho visto spiragli di pace»
Italia che Cambia – Visita la nuova sezione Spotlight/Ucraina
#clima
Rinnovabili.it – La Grecia approva la sua legge Clima: -80% di CO2 al 2040, basta carbone fra 6 anni
Ansa – G7: Cingolani, molto soddisfatti, a Berlino passo avanti
Rinnovabili.it – Il G7 ha deciso: c’è l’addio al carbone
#curdi
Valigia Blu – Zerocalcare: “I curdi sotto le bombe di Erdogan sono scomparsi dalle news. Ma la situazione è tragica e ci riguarda”
#Colombia
il Post – La Colombia eleggerà il primo presidente di sinistra della sua storia?
#lavoro
pressenza – Il Portogallo sperimenterà la settimana lavorativa di quattro giorni
#Cina
euronews – Shanghai, si avvicina il giorno della riapertura
Ispi – Cina e Stati Uniti: in rotta sul Pacifico
#armi
il Post – Per Trump bisogna armare più cittadini per evitare le stragi