24 Ott 2023

Di clima, ambiente e nuove forme democratiche – #816

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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Oggi parliamo di clima, ambiente e varie forme di democrazia, un connubio a cui dobbiamo iniziare a prestare molta attenzione perché buona parte delle soluzioni di cui abbiamo bisogno non potranno passare per le forme di democrazia che conosciamo o a cui siamo abituati. Quindi parliamo delle proteste contro una nuova pista da sci scavata in un ghiacciaio, di come sono andati il primo congresso sulla giustizia climatica e l’assemblea dei cittadini sulla genitorialità sociale (entrambe a Milano) e infine di un esperimento molto interessante che si sta svolgendo a Ferrara in vista delle prossime elezioni amministrative.

Oggi facciamo una puntata un po’ particolare perché per un fortuito allineamento astrale mi sono capitate tutte notizie che hanno a che fare in maniera diversa con la democrazia. E quindi è una puntata, diciamo, involontariamente dedicata a questo tema.

Partiamo da una questione abbastanza scottante, pur parlando di ghiacciai. Mi avete segnalato in diversi (oh, è vero, giuro, anche se fa molto influencer) una notizia. Anzi un post Facebook del giornalista e scrittore Marco Albino Ferrari – quindi sì, tecnicamente per i più o le più attente di voi questa è una puntata di #Iononmirassocial -autore del recente saggio Assalto alle Alpi, in cui l’autore denuncia una brutta faccenda legata alla coppa del mondo di sci. Leggo direttamente dal suo post:

“Ci riprovano. Dopo la disfatta dell’anno scorso per le temperature troppo elevate, quest’anno gli organizzatori stanno facendo di tutto – neve o non neve dal cielo – per inaugurare con il botto la nuova stagione di Coppa del Mondo di sci, il prossimo 11 novembre. È l’evento iper mediatizzato “Matterhorn Cervino Speed Opening”, sulla nuova pista più alta del mondo: dai 3800 metri della Gobba di Rollin fino ai 2865 metri dei Laghi di Cime Bianche. E sarà anche la prima gara di sci ad avere un profilo transfrontaliero.

Ruspe da cantiere stanno scavando nel Ghiacciaio del Teodulo da più di un mese dall’evento per modellare il percorso, creando salti, curve, sezioni tecniche, cambi di pendenza, rettilinei. È una vera e propria aggressione a un ghiacciaio già in grande sofferenza, che viene triturato come una granita e poi levigato per far scorrere le solette degli sci a una velocità stimata di 135 km/h.

La pista dei record si chiamerà “Gran Becca” ed è stata pensata anche per promuovere la nuova funivia extra lusso Matterhorn Glacier Ride II (inaugurata lo scorso luglio), che mette in collegamento Zermatt a Cervinia: costo per la traversata 240 Euro.

Diversi atleti non vorrebbero partecipare. Tra loro Johan Clarey e Alexis Pinturault: «Questa prova non ha alcun senso», dicono alludendo allo sfregio ambientale. Oltre alle ruspe, sul ghiacciaio si susseguiranno centinaia di rotazioni in elicottero al servizio di atleti e personale, e poi tonnellate di materiali per le dirette TV e attrezzature per i tifosi (posti vip fino a 1.800 Franchi!).

Al vincitore verrà staccato un assegno di 60mila Franchi. Però, attenzione, sceso dal podio, il campione dovrà pagare doppie tasse, visto che il percorso corre a cavallo tra Svizzera e Italia

La battuta che passa di bocca in bocca è: «Ciò che la funivia e la gara sciistica hanno unito ci pensa il fisco a dividere».

E anche nell’opinione pubblica si sta aprendo un solco non da poco, tra chi spensierato plaude all’evento, e chi proprio non può accettare di vedere martoriato il ghiacciaio sotto il Cervino, preda di uno tra i più arroganti circhi mediatico-sportivi.

Oltre confine, la Commissione cantonale ha imposto alcune verifiche. Mentre WWF, Pro Natura, Mountain Wilderness Svizzera facevano sentire la propria voce. Facciamolo anche noi”.

Così si conclude il post, devo dire molto chiaro ed esplicativo. Ho fatto ricorso a un post social perché quasi nessun giornale ne ha parlato. O perlomeno, ne ha parlato in questi termini. Perché ad esempio ho trovato un articolo abbastanza dettagliato del Sole 24 ore, che descrive con grande entusiasmo la nuova pista, il “primo evento transfrontaliero nella storia dello sci alpino”, senza citare minimamente la questione ghiacciaio. L’unica altra eccezione è il Dolomiti, che pubblica un articolo che mette in luce un aspetto interessante della questione, a firma di Pietro Lacaselle.

Leggo: “Proviamo a guardare il bicchiere mezzo pieno: se una parte dell’umanità sta raschiando il fondo (in questo caso non del barile, ma dei ghiacciai), è confortante rilevare una crescente sensibilità collettiva. Quanto sta avvenendo sul ghiaccio del Teodulo ha infatti provocato una diffusa e decisa alzata di scudi.

Sono in tanti in questi giorni a storcere il naso di fronte alle immagini degli escavatori che, come enormi roditori, rosicchiano i ghiacciai per confezionare il tracciato del “Matterhorn Cervino Speed Opening”, la prima e discussa competizione di discesa libera transfrontaliera che, partendo da Zermatt, taglia il traguardo a Cervinia.

È una sorta di circo che piace sempre meno anche agli atleti: «Allestendo queste gare non credo si dia una buona immagine del nostro sport», ha dichiarato l’anno scorso l’atleta francese Johan Clarey. Ma allora perché si continua ad insistere in questa direzione? La risposta è semplice: come riporta il quotidiano “24 Heures”, «questa gara, tanto inedita quanto redditizia, frutta oltre 100 milioni di franchi solo di pubblicità».

Ciononostante, se la pubblicità può influenzare le scelte e le opinioni delle persone, è anche vero che le persone hanno la capacità influenzare i grandi investitori. Pertanto, manifestare il proprio disappunto è il primo importante passo per convincere gli sponsor a sostenere iniziative sportive più attente alle dinamiche climatiche del presente.

Il bicchiere è mezzo pieno: è il momento di riempirlo fino all’orlo. Provarci è un dovere”. Conclude il giornalista. 

Una storia che ricorda molto da vicino quella del Lago Bianco di cui abbiamo parlato pochi giorni fa, ovvero un laghetto alpino dal quale vogliono pompare via l’acqua per creare beve artificiale. E anche in quel caso, le manifestazioni e le proteste sono state immediate e stanno proseguendo. È un fenomeno interessante da osservare. Laddove alcune persone, spinte da interessi economici e dall’inerzia del sistema propongono opere dannose per ecosistemi già fragili., ci sono molte più persone che si attivano per fermare queste iniziative. Non per dire che ci sono buoni e cattivi ma per mostrare come forse anche l’inerzia del sistema inizia a cambiare.

Da una forma di partecipazione democratica tanto semplice quanto a volte necessaria, soprattutto quando c’è un evento specifico, qualcosa di urgente che va fermato subito pena danni irreversibili, iniziamo a muoverci verso sistemi un po’ più elaborati. Geograficamente ci spostiamo a Milano dove c’è stato – forse ve lo ricordate perché ne abbiamo parlato anche qui – il primo congresso mondiale sulla giustizia climatica. Ma come è andato?

Vi leggo qualcosa da un articolo molto ben fatto di Antonella Di Biase su Rivista Studio.

“Alla conferenza stampa inaugurale di giovedì mattina, malgrado la cornice istituzionale della Casa della Cultura in San Babila, è stata messa subito in chiaro la matrice completamente rivoluzionaria e anti-sistema dell’iniziativa. «L’obiettivo del WCCJ è far convergere le diverse lotte globali, unire nuovi movimenti e tradizione, occidente e sud del mondo, alla ricerca di una strategia comune per combattere il capitalismo fossile», hanno dichiarato i portavoce.

«In particolare, noi occidentali ci metteremo in ascolto dei delegati indigeni che combattono per i loro territori, che dimostrano che non è l’essere umano in sé a essere nocivo per l’ambiente, ma il nostro sistema economico e di valori», ha aggiunto Caterina Orsenigo, giornalista e parte del comitato organizzativo. In questo ottobre da calzoncini corti e infradito, infatti, più di 200 delegati di organizzazioni ecologiste di tutto il mondo, dall’Uganda agli Usa all’Ecuador per citare i più lontani,  si sono incontrati per trascorrere tre giorni tra l’Università Statale e il Leoncavallo.

Girando tra le corti e le aule, si assisteva a panel, assemblee, workshop, iniziative di networking e scrittura di manifesti. Persone con t-shirt colorate e piene di slogan, di tanti fenotipi ed età diverse, si erano ritrovate a scambiare strategie e informazioni sedute sui prati e sui muretti dei chiostri, nelle aulette a prendere appunti, a condividere panini e lasagne vegane durante la pausa. 

Venerdì invece è stata la giornata dei panel in Statale, un programma fittissimo che partiva alle 9:30 e si concludeva con la contestazione delle Olimpiadi di Milano Cortina 2026, maxi-evento sportivo emblematico dell’insostenibilità ambientale capitalista e della tendenza allo sfruttamento di risorse naturali e inestimabili come le Alpi. 

I ragazzi di Ultima Generazione e XR hanno approfondito il tema dell’oppressione nei diversi contesti europei (ricordiamo che alcuni di loro, in Italia, sono stati indagati per associazione a delinquere). Rise Up Uganda ha illustrato invece la situazione critica dell’Est Africa, dove la costruzione dell’oleodotto EACOP promossa da Total rischia di mettere in pericolo la sopravvivenza di persone e animali.

Sabato e domenica sono state le giornate dedicate alle assemblee, quelle tematiche in università e quella plenaria finale al Leoncavallo. Era il momento culminante del congresso, in cui bisognava saldare le alleanze, trovare i famosi punti in comune e metterli su carta in un documento conclusivo e programmatico. Durante le assemblee a cui ho partecipato si sono scaldati gli animi, si è utilizzata (forse troppo) spesso una semantica legata al marxismo, in un quadro teorico che mi è sembrato a volte lontano da quello dei delegati gen Z più attivi su altri fronti. Ma dopotutto, quanto ha senso fermarsi alle parole quando in ballo c’è il destino del pianeta? (Su questo non sono troppo d’accordo).

Comunque vada, ci aggiorneremo. Aggiungo che non sono del tutto convinto dell’impostazione dell’evento, almeno stando ai racconti della giornalista. Sembra una roba un po’ vecchio stampo, mentre mi sarebbe piaciuto vedere in un incontro come questo più facilitazione, più spazi aperti a idee emergenti. Ma non c’ero, la mia è una conoscenza mediata, Io valuto quanto riportato, per cui se così non fosse sono prontissimo a rettificare. 

Restiamo a Milano, restiamo su qualcos’altro di cui avevamo parlato e su cui possiamo aggiornarci. Sempre alla statale di Milano c’è stata un’Assemblea civica di cittadini estratti a sorte che hanno parlato di genitorialità sociale. 

Anche qui un articolo, questa volta di Luigi mastrodonato su Wired, ci racconta com’è andata. 

Innanzitutto si è trattato della “prima assemblea civica estratta a sorte mai realizzata in Italia, promossa da Associazione Luca Coscioni ed Eumans”. Quelle di Marco Cappato, per intenderci.

Uno strumento di democrazia partecipativa già utilizzato in alcuni paesi del mondo, che vede riunirsi cittadini appartenenti a un campione rappresentativo per consultarsi con esperti su temi specifici, per poi elaborare raccomandazioni da porre all’attenzione delle istituzioni. La prima assemblea italiana di questo tipo si è tenuta il 19 e 20 ottobre alla presenza di 152 cittadini e si è focalizzata su un tema tanto di attualità quanto complesso e, secondo alcuni, divisivo: la genitorialità sociale. 

Si tratta di quelle forme di genitorialità che non sono necessariamente biologiche ma che possono derivare dal ricorso a pratiche come la fecondazione assistita e la gravidanza per altri. Un tema caldo e di grande attualità (il governo Meloni, ad esempio, ha proposto un disegno di legge per rendere la maternità surrogata (già vietata in Italia dalla legge 40 del 2004) un reato universale). 

Comunque è andata così (vi riassumo che l’articolo è lunghissimo): Nel corso della prima mattinata si sono succeduti quattro panel a cui hanno partecipato esperti che hanno avuto un compito informativo per i partecipanti, raccontando lo stato dell’arte in Italia della genitorialità sociale, tra elementi normativi, pratiche mediche e aspetti sociologici. E lasciando spazio anche a qualche excursus storico. 

I temi in questione erano le adozioni, la fecondazione assistita (cioè l’insieme delle tecniche utilizzate per aiutare il concepimento nei casi in cui quello spontaneo fosse impossibile o estremamente remoto), gravidanza per altri e riconoscimento dello stato giuridico del minore, un tema di cui si è parlato parecchio di recente dopo che la procura di Padova ha impugnato gli atti di nascita di 33 bambini e bambine figli di coppie omogenitoriali.

Ogni panel si è concluso con un quesito, la domanda su cui poi i cittadini estratti a sorte sono stati chiamati a lavorare nella giornata successiva per presentare le proposte alle istituzioni. Ad esempio, nel caso del panel delle adozioni, si è chiesto quali sono i limiti ancora presenti nella legge italiana e se l’adozione in casi particolari può essere il modo idoneo per tutelare i figli nati da coppie omogenitoriali o nati da tecniche di procreazione medicalmente assistita.

Poi il secondo giorno, il 20 ottobre mattina, 50 delle 152 persone presenti il giorno precedente, sempre estratte a sorte, si sono riunite in tavoli tematici. L’obiettivo è stato riprendere in mano le informazioni raccolte il giorno prima, per poi trovare un’intesa sulla documentazione da presentare alle istituzioni. 

“Ai tavoli si sono riunite persone dai profili eterogenei, da studenti universitari a dirigenti d’azienda, passando per liberi professionisti e pensionati. Hanno discusso, a volte perfino litigato e spesso non è stato facile o non si è riusciti a trovare un punto di incontro, un accordo condiviso. Come in politica d’altronde, con la differenza che i tempi erano ancora più ristretti di quelli parlamentari. E allora ha vinto la maggioranza”.

Le proposte e le osservazioni sullo stato della genitorialità sociale che sono state elaborate dai cittadini estratti verranno ora processate, analizzate e trasformate in documento politico dai coordinatori dell’evento. Un passaggio necessario per poter entrare nelle istituzioni, un iter che richiederà qualche giorno. Poi le voci di questi cittadini arriveranno ufficialmente lì dove si prendono le decisioni, in Italia e in Europa. E vedremo se il primo esperimento di assemblea civica estratta a sorte in Italia sortirà qualche effetto. Per ora, la sensazione è che abbia quanto meno avvicinato la cittadinanza alla politica, e viceversa. Ed è già un buon risultato.

Insomma, un processo davvero interessante, e su cui torneremo quando ci sono le proposte, ma intanto mi piaceva mostrarvi più da vicino come funzionano questi sistemi di cui parliamo spesso. 

Chiudiamo con un esperimento per alcuni versi ancora più avanzato. A Ferrara ci saranno le elezioni amministrative nel 2024 e un gruppo di cittadini e cittadine si è attivato per chiedere alle forze politiche una cosa davvero particolare. Questo gruppo si chiama la Comune di Ferrara ed è nato 4 anni fa attorno alle tematiche della giustizia climatica e sociale. Negli anni ha coinvolto in varie forme centinaia di cittadini/e che hanno contrastato le scelte antiecologiche della Giunta guidata dal leghista Alan Fabbri. 

Ad esempio hanno vinto battaglie contro progetti che volevano consegnare Ferrara alle grandi imprese private, raccolto decine di migliaia di firme contro la trasformazione di un Parco Urbano in un’area dedicata ai grandi eventi, hanno proposto di avviare un piano di sviluppo delle biblioteche pubbliche, cose così.

Ecco, l’ultima iniziativa è davvero interessante. Leggo dal sito Periscopionline: “Esiste oggi all’interno della società ferrarese un ricco patrimonio di idee e competenze che chiedono un cambio radicale, nei contenuti come nei metodi, a partire da questa campagna elettorale: dalla individuazione dei punti fondamentali del programma alla scelta partecipata del Candidato/a Sindaco/a e della sua squadra. Occorre insomma, pena la sconfitta, uscire dal vecchio modo di far politica.

Dopo alcuni mesi di studio, di incontri laboratoriali, e di confronti informali con esponenti di partiti, La Comune di Ferrara ha quindi deciso di mettere a disposizione di tutti i partiti e le forze di opposizione una proposta “di metodo” da usare a supporto della prossima campagna elettorale per le amministrative. Non una scelta di fare a meno dei partiti, o addirittura “contro i partiti”, ma al contrario, una proposta concreta  ai partiti e alle forze di opposizione di aprirsi a un metodo democratico e partecipato, discutendo e decidendo insieme a centinaia di cittadini come (con quale programma e con quale candidato) opporsi alla lista della Destra.

“Riteniamo che sia giunto il momento di dare un segnale chiaro alla cittadinanza: dimostrare di avere una volontà ferrea di proporre un’alternativa per l’amministrazione della città che cresce basandosi su un metodo partecipativo” – dice Anna Zonari, portavoce del gruppo.  “Comprendiamo e apprezziamo il lavoro svolto per creare un clima di collaborazione e coesione tra le forze d’opposizione, ma riteniamo che le scelte del “Tavolo” sarà vissuto da molti ferraresi come una scelta calata dall’alto e rischia di rivelarsi ancora una volta perdente.  E’ invece necessario superare le barriere che separano politica e società civile, inaugurando una nuova fase nella quale i partiti di aprono ad un confronto diretto e collaborativo con i cittadini.”

“Sì può fare in tanti modi diversi, ma la formula che si sceglie può determinare la sostanza. È necessario innanzitutto – precisa Anna Zonari – lasciarsi alle spalle la tentazione di adottare il vecchio metodo della cooptazione e delle liste civetta, che tanti danni hanno fatto in passato. I partiti devono saper cogliere la grande opportunità che viene dall’accettare un metodo di co-progettazione con altri soggetti sociali, in una posizione di pari dignità di pensiero ed azione.” Questo è interessante.

Il consueto appuntamento con il direttore Daniel Tarozzi che ci racconta gli articoli più interessanti usciti oggi su Italia che Cambia.

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