Cina, crisi energetica e del cibo
La Cina sta fronteggiando in questi giorni una crisi energetica e di cibo, che rischia di mettere in ginocchio il gigante asiatico.
Abitazioni private e attività commerciali sono state soggette a razionamento di elettricità, al pari di molte fabbriche che hanno dovuto tagliare la produzione per via di questa misure. Negli stessi giorni, ovvero all’inizio di questa settimana, in una nota urgente il Ministero del Commercio cinese ha ordinato ai governi locali di incoraggiare le persone a fare scorta di “beni essenziali”, tra cui verdure, oli e pollame, al fine di “soddisfare i bisogni della vita quotidiana e delle emergenze”. E ha detto di farlo per tutto l’inverno, fino alla prossima primavera.
Queste due notizie hanno gettato nel panico milioni di persone. Per quanto riguarda la seconda mìisura, il governo fra l’altro non ne ha nemmeno spiegato il motivo, cosa che ha aumentato l’agitazione. Ad ogni modo, anche se il governo resta vago, ci sono delle ragioni abbastanza evidenti sui motivi che hanno spinto razionare l’energia e lanciare questo appello sui beni essenziali. I motivi li analizza la BBC.
Sì, c’entra il Covid ma solo in parte. Gli effetti sulla produzione e la catena di fornutura dovuti a possibili nuovi lockdown e restrizioni sono solo un piccolo pezzetto del puzzle. C’entrano soprattutto la scarsità di energia e, per quanto riguarda il cibo, le piogge torrenziali che hanno mandato a monte una buona fetta di produzione agricola.
C’entra il fatto che c’è un enorme dislivello fra domanda e offerta di energia, perché la ripresa post Covid fa sì che molte aziende cerchino si sovra produrre per soddisfare sia gli export che la domanda interna, aumentando la richiesta di energia, e invece le centrali elettriche cinesi che producono meno energia per via della scarsità del carbone dovuta all’aumento di prezzo di questa risorsa, legata sia a tensioni geopolitiche, che alla volontà di Xi Jin Ping di raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni che il governo si è dato.
La produzione agricola a sua volta risente dei costi alti dell’energia ma anche delle piogge insolitamente abbondanti che hanno danneggiato i raccolti.
Quindi, ecco, di nuovo abbiamo un’immagine chiara di come la crisi ecologica e climatica, assieme alle tensioni geopolitiche, al Covid e a tanti altri fattori circostanziali si traducano in una enorme instabilità del sistema, e spesso in un aumento dei prezzi.
COP26, cosa è successo
La nostra inviata speciale a Glasgow, Irene Ghaleb di Change for Planet ci ha mandato qualche aggiornamento sulla giornata di ieri. Li trovate in un articolo dedicato su Italia che Cambia, ma intanto vi do qualche informazione qui.
Ieri, giovedì 4 novembre, il tema è stato l’Energia e come sia possibile accelerare la transizione globale verso l’energia pulita. Perché nonostante la crescita delle rinnovabili, se togliamo le biomasse che tanto pulite e rinnovabili non sono, l’energia pulita è attorno al 5% del totale della produzione di energia al mondo. Non parlo solo di elettricità, ma di energia complessiva.
In particolare ieri alla COP, ci aggiorna Irene, si è svolto un importante evento della Presidenza, convocato dal Consiglio per la Transizione Energetica, con due tavole rotonde in cui personalità di spicco dei governi e delle organizzazioni internazionali hanno discusso su nuove misure per scalare più rapidamente l’energia pulita.
Inoltre c’è stato un accordo piuttosto importante, a cui al fotofinish, letteralmente all’ultimo minuto, anche l’Italia ha preso parte. Si tratta dell’alleanza BOGA – Beyond Oil and Gas Initiative, una iniziativa che prevede la fine dei finanziamenti pubblici a progetti fossili anche oltre confine.
Non è una cosa da poco. Considerate che, come spiegano da FFF in un comunicato, solo dagli Accordi di Parigi in poi, la SACE (Società per il credito estero, controllata al 100% del Ministero Finanze) aveva erogato oltre 10 miliardi di € per progetti fossili fuori dai nostri confini. E nella decisione c’è proprio lo zampino di FFF che fin dall’inizio ha fatto pressioni sul governo perché aderisse.
Ok. Facciamo un po’ una riflessione. Questa misura, come le tante altre emerse dalla COP e dal G20, come quella di piantare mille miliardi di alberi di cui parlavamo ieri, sono state accolte da un lato con grande soddisfazione e proclami dai Ieader stessi e da buona parte della stampa mondiale, dall’altro scetticismo e critiche da parte di associazioni ambientaliste e alcuni esperti del settore. La domanda che viene da porsi è, come valutare queste iniziative, queste svolte o presunte tali che arrivano dai cosiddetti vertici del sistema? Dobbiamo fidarci o non dobbiamo fidarci? Sono sufficienti o non lo sono?
Questa doppia sensazione arriva dal fatto che ci rendiamo conto che queste soluzioni non sono ancora nemmeno lontanamente sufficienti ad affrontare la ecologica in atto. Perché, fra parentesi, ricordiamoci che c’è una crisi ecologica in atto di cui il cambiamento climatico è solo una piccola parte, abbiamo l’inquinamento dei mari e dei corsi d’acqua, le microplastiche ovunque, le polveri sottili, abbiamo il problema dei rifiuti e del sovraconsumo di risorse, il picco dei fosfati, l’estinzione di massa, l’apocalisse degli insetti: tutte questi aspetti sono ovviamente profondamente interconnessi e fanno parte, assieme al cambiamento climatico, di quella che viene comunemente chiamata crisi ecologica e che ha origini antropiche, vuol dire siamo noi esseri umani a causare questi cambiamenti negli ecosistemi e a mettere a rischio un sacco di specie tra cui la nostra. Chiusa parentesi.
Dicevamo che queste soluzioni che arrivano dai vertici del sistema da un lato sono di gran lunga insufficienti e servirebbe un cambiamento che è molto profondo e strutturale. Al tempo stesso sono forse le migliori soluzioni che quei vertici possono prendere in questo momento all’interno di questo sistema qua.
Immaginatevi di fare una bella giratina con un triciclo in una giornata assolata e di accorgermi un certo punto che c’è un tornado che sta venendo dritto verso di voi all’inizio non gli date troppa importanza, vi sembra lontano forse non è veramente un tornado Ma no è una nuvola Ma va là. Poi a un certo punto quando è già molto vicino vi rendete conto che effettivamente un tornado, allora iniziate a girare il triciclo e a pedalare nella direzione opposta rispetto al tornado. A un certo punto vi renderete conto che non è facile sfuggire da un tornado con un triciclo e probabilmente cercherete un altro mezzo di locomozione tipo un jet supersonico. Ecco, noi adesso siamo nella fase in cui stiamo girando il triciclo iniziamo a scappare dal tornado.
Che è un passo in avanti importante rispetto a quando gli stavamo andando incontro, ma non è ancora sufficiente per evitare che tornado ci travolga completamente. A un certo punto dovremmo anche capire che dobbiamo cambiare mezzo. Fuori di metafora il triciclo è il sistema così come funziona adesso, possiamo chiamarlo capitalismo, possiamo chiamarlo neoliberismo, possiamo osservarne alcuni suoi aspetti tico il mito della crescita infinita, o il bisogno di accumulare e depredare risorse, o gli strumenti che rudimentali che usiamo per prendere decisioni tipo la democrazia rappresentativa elettiva: tutti questi aspetti sono pezzetti del triciclo, una ruota, il manubrio, la comoda seduta.
Ecco ora non è il momento di pedalare più forte, è il momento di trasformare il triciclo in un jet supersonico. Cioè in qualcosa di profondamente diverso.
Bene, anche oggi siamo arrivati alla fine. Noi ci rivediamo domani alle 8 puntuali con una nuova puntata di Io Non Mi Rassegno. E ricordatevi: chi si rassegna è perduto!
Articoli e fonti
#Cina
CNN – China is urging families to stock up on food as supply challenges multiply
COP26
il manifesto – Leonardo Boff: «Il problema è il capitalismo» ma i leader evitano di dirlo
Greenreport – Un’area marina protetta di 500.000 km2 tra Ecuador, Colombia, Panama e Costa Rica
Euronews – COP26, un patto per abbandonare il carbone ma senza Cina e Stati Uniti
Euronews – Glasgow, le proteste contro l’ambientalismo di facciata alla COP26
#guerra del pesce
Internazionale – La guerra del pesce tra Francia e Regno Unito