4 Set 2024

Caso Sangiuliano: cosa è successo, le conseguenze e… quello che dovrebbe importarci davvero – #976

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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Sui giornali italiani imperversa il caso Sangiuliano, che imbarazza il ministro della cultura e il governo intero. Premesso che sono probabilmente altre le questioni – politiche – che dovrebbero imbarazzare il Ministro, parliamone, giusto per capire cosa si tratta. Parliamo anche di tutte le novità sul conflitto russo-ucraino, comprese le recenti rivelazioni sul sabotaggio dei gasdotti Nord Stream, e del paradosso della Nambia, dove per proteggere la popolazione dalla carestia si uccidono centinaia di animali selvatici, fra cui 83 elefanti.

In Italia tiene banco il caso Sangiuliano, un caso a metà fra politica e gossip in cui il ministro della Cultura è accusato di aver detto una serie di falsità sul ruolo di una sua (forse) collaboratrice, e di aver pagato viaggi, cene, spese e anche condiviso informazioni riservate (ad esempio sul G7) con questa donna che ufficialmente non ha alcun ruolo all’interno del suo staff.

Ora, è quel tipo di notizia che dal mio punto di vista è un po’ al limite fra appunto un caso politico e il gossip, e che non so mai bene come trattare e quanto risalto darle. Da un lato c’è in ballo la potenziale rimozione di un ministro, in una fase delicata del governo, quindi non è una notizia ininfluente, dall’altro però la vicenda in sé è di quelle che piacciono tanto ai giornali, che permettono alle opposizioni di scagliarsi facilmente contro il politico di turno, ma che dal punto di vista puramente politico non ha questo peso enorme. Diciamo che una scala degli scandali politici recenti d’Italia, che va da Marino e Toti, questo si posiziona, secondo me un po’ nel mezzo, ma più sul versante Marino, se vi ricordate e capite cosa intendo. 

Per cui, io vi dico di cosa si tratta, così lo sapete e non siete impreparati per le chiacchiere al bar o per capire quello che dicono al Tg, se lo guardate. Ma vi do solo gli elementi essenziali di comprensione senza dilungarmi troppo in commenti e dettagli. Al solito vi lascio qualche articolo per approfondire.

Da un po’ di giorni Gennaro Sangiuliano, appunto ministro della cultura, è al centro di una polemica legata a Maria Rosaria Boccia, una donna di 41 anni di Napoli con un background in economia e organizzazione di eventi e legami con vari parlamentari, che afferma di essere una sua collaboratrice del ministro per i “Grandi Eventi”. La vicenda è iniziata quando Boccia ha pubblicato su Instagram una foto con il ministro, ringraziandolo per la presunta nomina. Tuttavia, lo staff di Sangiuliano ha negato la nomina, suscitando però diversi sospetti e curiosità da parte di giornalisti che hanno iniziato ad indagare.

A quel punto Boccia ha iniziato a smentire puntualmente dai suoi canali social ogni cosa che il ministro o il suo staff dicevano su questo caso, portando prove a suo favore. All’inizio ha detto che la sua nomina non è stata ufficializzata solo per problemi burocratici, poi quando dal ministero hanno ulteriormente smentito ha iniziato a diffondere foto, screenshot di messaggi Whatsapp e documenti riservati che dimostravano un suo coinvolgimento e una sua relazione anche molto stretta col Ministro. 

Presenza in molti eventi e incontri istituzionali, foto di compleanni, colazioni in hotel e così via. I giornali spesso alludono senza dirlo anche a qualche tipo di coinvolgimento sentimentale fra i due, ma non ci sono prove di questo genere di relazione. Ciò che è certo è che i due si conoscono bene e Boccia sembra effettivamente svolgere qualche ruolo di un certo rilievo nello staff del ministro. Addirittura è emerso che aveva accesso a documenti riservati relativi al G7. La novità di ieri è che Boccia sostiene di non aver mai pagato niente di tasca propria e che quindi i viaggi istituzionali a cui ha preso parte assieme al ministro siano stati tutti spesati dal ministero, pur non avendo lei ruoli ufficiali. E allude al fatto di avere prove a riguardo. 

La questione è diventata via via più imbarazzante per Sangiuliano, che inizialmente è rimasto in silenzio, poi ha scritto una lettera aperta pubblicata su La Stampa (ma poi smentita dalla stessa Boccia punto per punto) e adesso come vi dicevo potrebbe avere ripercussioni sul governo. Al momento la presidente del Consiglio Meloni ha detto di avere fiducia nelle spiegazioni del ministro, ma sembra una fiducia a tempo e vincolata a ciò che emergerà. Ecco, fine della vicenda, adesso sapete cosa è successo.

Come vi dicevo, non dico che sia una roba del tutto futile, ci mancherebbe, ma mi infastidisce un po’ il peso spropositato che queste vicende assumono sui media. Mentre non è che manchino i motivi politici per criticare Sangiuliano!

Ad esempio, è stato di fatto Sangiuliano a promuovere la proroga dell’approvazione alla stesura del Codice dello Spettacolo, che adesso ha scadenza 18 agosto 2025. In pratica da anni si attende un testo revisioni l’attuale disciplina nei settori del teatro, della musica, della danza, degli spettacoli viaggianti, delle attività circensi, dei carnevali storici e delle rievocazioni storiche. E’ la stessa legge che dovrebbe proibire l’utilizzo degli animali non umani nei circhi. E che continua ad essere rimandata.

Al tempo stesso il governo vuole demolire il sistema del tax credit per il cinema, ovvero un sistema di agevolazioni fiscali che ha molto aiutato il settore a stare in piedi negli ultimi anni. Un sistema molto spesso criticato, e probabilmente da riformare, ma la sensazione di molti osservatori del mondo dello spettacolo – come riporta un intervento di Matteo Orfini alla Camera – è che il governo non abbia in mente un metodo sostitutivo, o una modifica al sistema attuale. Come se il settore non interessasse granché. 

Tutto ciò si inserisce nel complessivo ritardo con cui si procede per la cosiddetta legge cinema, che dovrebbe fornire un quadro di riferimento chiaro per il settore. Tutta questa incertezza, come denuncia fra gli altri la rete “Siamo ai titoli di coda”, sta mettendo in crisi le case di produzione, sta spostando verso altri paesi anche molte produzioni stranienre e complessivamente lasciando a casa, senza aiuti nè un sistema di welfare adeguato centinaia di lavoratori dello spettacolo.

Insomma, per dire, non è che serviva Maria Rosaria Boccia per fare tutto sto casino.

Allora, riprendiamo anche le fila di quello che succede in Ucraina. Perché ci sono alcune novità sull’andamento del conflitto, e poi c’è una notizia un po’ vecchia, di metà agosto circa, che è una nuova ricostruzione del sabotaggio del Gasdotto Nord Stream II, che però è interessante e non vorrei lasciare per strada.

Comunque, ripartiamo dal conflitto. Provo a farvi un rapido riassunto, poi al solito trovate un po’ di articoli più approfonditi sotto fonti e articoli. Ci eravamo lasciati con l’esercito ucraino che a sorpresa aveva attaccato per la prima volta un territorio russo, ovvero la regione russa di Kursk. Una nuova controffensiva, che però a differenza della precedente non mirava a riconquistare territori ucraini conquistati dall’esercito russo, ma appunto a spostare parte del conflitto su suolo russo.

Un’operazione lanciata come dicevo a sorpresa, della quale stando ai giornali persino l’amministrazione Usa era all’oscuro. E resa però possibile grazie alle regole di utilizzo via via fattesi più blande delle armi occidentali, che inizialmente venivano fornite a Kiev solo a scopo difensivo, poi potevano essere usate a scopo preventivo ma solo entro i confini ucraini, poi anche su suolo russo ma solo per difendersi da potenziali attacchi, infine, a quanto pare, anche per attaccare una regione russa.

Lo scopo di questa operazione anzi gli scopi di questa operazione erano sostanzialmente due: costringere l’esercito russo a spostare un po’ del suo apparato militare da un’altra parte, e quindi depotenziare l’offensiva russa nel Donbass, e conquistare potere contrattuale in vista di possibili trattative di pace. Perché un conto è sedersi al tavolo a mani vuote, un conto è sedersi potendo dire, voi avrete conquistato il Donbass ma anche noi abbiamo un pezzetto di Russia.

Ecco, questo è il punto in cui eravamo rimasti. Dopo è successo che c’è stata una forte reazione russa, diversa però da quella attesa dai vertici militari ucraini. Ovvero, i russi si sono preoccupati sì della regione di Kursk, ma non hanno spostato militari dal Donbass, bensì inviato soldato dall’entroterra russo. Quindi hanno puntato a limitare i danni nella zona, dove l’offensiva ucraina continua anche se è stata molto rallentata, e invece hanno aumentato di molto l’intensità degli attacchi in Ucraina, e soprattutto nel Donbass. 

Ecco come inizia un articolo di Repubblica di ieri a firma dell’inviato Paolo Brera. “Il fronte del Donbass è rovente: il contrattacco a Kursk ha stravolto gli equilibri, la guerra è entrata in una fase cruciale. Ogni giorno i russi lanciano più di cento arrembaggi lungo tutto il fronte. La macchia delle nuove conquiste si distende così velocemente da far tremare i polsi all’ex colonnello della Sbu, ed esperto militare, Oleg Starikov: «Ci stanno distruggendo»”.

Quindi la situazione è cambiata rispetto a qualche mese fa, quando c’era un sostanziale stallo. Adesso le cose cambiano molto rapidamente e l’Ucraina attacca a Kursk, con successo scarso al momento, mentre la Russia attacca nel Donbass, in maniera molto più efficace, e rischia di conquistare Pokrovsk, che è l’hub militare principale dell’esercito ucraino in Donbass. A farla da padrone nella tattica di entrambi gli schieramenti, come spesso accade, sono le infrastrutture energetiche. 

L’esercito russo ha preso di mira con missili e droni soprattutto diverse centrali elettriche, con l’obiettivo di causare disagi soprattutto in vista dell’inverno in arrivo. E la stessa tecnica è usata da quello ucraino, che nei giorni scorsi ha colpito mandando in fiamme due depositi di petrolio e ha provato a impadronirsi senza successo di una centrale nucleare. 

Insomma l’energia gioca un ruolo fondamentale nel conflitto, e purtroppo questo rappresenta anche un grosso problema ecologico, oltre al dramma umano della guerra, perché in molti casi gli incidenti causati hanno un impatto ecologico devastante e anche perché vai a dire ai russi e agli ucraini di smettere di bruciare petrolio, gas e carbone quando l’energia diventa un asset strategico anche in chiave bellica. 

Ieri poi c’è stato un attacco missilistico russo particolarmente violento sulla città ucraina di Poltava, nella parte orientale del paese, circa 150 chilometri a ovest di Kharkiv. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto che almeno 47 persone sono state uccise e circa 206 ferite. Secondo fonti ucraine sarebbero sarebbero stati colpiti un istituto di formazione e un ospedale, e danneggiato una parte dell’istituto militare per le comunicazioni della zona.

Invece su alcuni canali Telegram filorussi si dice che è stato bombardato un centro di addestramento per militari e che le persone morte sono cadetti, riferisce BBC News, che al momento non ha però potuto verificare questa informazione. Quindi, ecco, difficile dire al momento quale sia la versione corretta.

Tutto ciò avveniva mentre Vladimir Putin era in viaggio istituzionale in Mongolia, ed è la prima volta che il Presidente russo vola in visita a un paese aderente alla Corte penale internazionale (Cpi), l’organismo che ha emesso nei suoi confronti un mandato di arresto con l’accusa di deportazione di bambini ucraini. Le autorità mongole avrebbero il dovere di arrestare Putin, e questo è anche quanto richiesto da Zelensky, ma ecco, suppongo che Putin si sia mosso dopo aver ricevuto sufficienti rassicurazioni che ciò non avverrà.

Questa è a grandi linee la situazione bellica in Ucraina. Poi, come vi accennavo, c’è un fatto interessante, ovvero che circa a metà agosto è uscita una nuova ricostruzione dell’attentato ai gasdotti Nord Stream I e II. Una ricostruzione molto accurata condotta in parallelo dai giudici tedeschi e dal WSJ. E cosa emerge? Che a sabotare i gasdotti non fu Mosca, come più volte affermato da Zelensky, ma quello che ai tempi era il capo dell’esercito ucraino Zaluzhny (ora ambasciatore a Londra). 

Che, secondo la ricostruzione, partorì l’idea da ubriaco in una serata di bisbocce (non sto scherzando), ebbe l’ok di Zelensky, poi la Cia scoprì il piano e costrinse il presidente ucraino a cambiare idea. Ma non Zaluzhny, che andò fino in fondo. E il giorno successivo all’attacco Podolyak, consigliere di Zelensky, tentò di indurre la Nato a far scattare l’art. 5 (quello della difesa congiunta) contro Mosca parlando di “attacco terroristico pianificato dalla Russia per aggredire l’Ue”. 

Vi riporto questa notizia perché da giornalisti dobbiamo sempre tenere presente che le principali fonti a cui abbiamo accesso in un conflitto sono fonti schierate, e che nessuno è attendibile. Ricordo che ai tempi i giornali tendevano a validare la versione secondo cui l’attacco era di matrice russa. Ecco, è importante stare attenti e non sbilanciarsi, su questo genere di fatti. Piuttosto riportare le due o più versioni.

Voglio chiudere con una notizia di qualche giorno fa che, mi è stata segnalata da un ascoltatore e assiduo spacciatore di notizie e che ci mostra tutti i paradossi della risposta umana alla crisi ecologica in corso. La notizia arriva dalla Namibia dove è in corso una gravissima siccità e una conseguente gravissima carestia e dove il 26 agosto, il ministero dell’Ambiente ha annunciato l’uccisione di 723 animali selvatici, inclusi 83 elefanti, come misura contro la carestia. 

Spiega il Post che quella che ha colpito la Namibia è la peggior siccità del secolo, in un paese che anche abitualmente non è così piovoso, e che attualmente vede una gigantesca crisi alimentare con l’84% delle risorse alimentari già esaurite e metà della popolazione in difficoltà a procurarsi cibo.

La carne degli animali sarà distribuita alle persone in difficoltà. Il governo ha quindi preso questa decisione drastica, giustificandola come un modo per ridurre i conflitti tra umani e animali, che stanno aumentando a causa della scarsità di risorse. Cioè: il punto non è solo uccidere animali per nutrire la popolazione con la loro carne, ma anche eliminare diretti concorrenti per il cibo. 

Gli elefanti, in particolare, danneggiano colture e infrastrutture, portando a scontri con le comunità locali. Il piano prevede l’uccisione di animali in parchi nazionali e aree dove a detta del governo le risorse sono insufficienti per sostenere le popolazioni. La caccia è già iniziata, con 157 animali abbattuti per ottenere oltre 56.000 chili di carne.

Come racconta sempre il Post, “Negli ultimi decenni, gli sforzi per salvaguardare gli elefanti nell’Africa meridionale hanno avuto successo, oggi ce n’è una popolazione di circa 200mila esemplari, ma la crescita della popolazione umana ha aumentato i conflitti con la fauna selvatica. Alcuni paesi della regione, come il Botswana, hanno introdotto iniziative simili per ridurre il numero di elefanti, spesso tramite cacce a pagamento. La Namibia aveva già messo all’asta 170 elefanti nel 2021, ricevendo molte critiche. 

Devo dire che questa notizia mi ha colpito e ha aperto a parecchi interrogativi. Oltre al dispiacere per i singoli elefanti uccisi, animali maestosi e intelligentissimi, e per le altre centinaia di animali, c’è un tema anche ecologico di fondo, ovvero che sempre più spesso, con la crisi ecologica e climatica che avanza, rischiano di innescarsi dinamiche competiive di accaparramento di risorse sempre più scarse da parte di una popolazione umana sempre più abbondate (soprattutto in Africa). Sia fra umani e altri animali che fra gruppi diversi di umani. 

Ora, è una roba comprensibile e innata, il problema è che così facendo alimentiamo la perdita di biodiversità che è uno dei principali tasselli della crisi ecologica. Come si fa a preservare le persone e le popolazioni più povere e fragili senza intaccare altre specie e l’equilibrio degli ecosistemi? Probabilmente servirebbe una maggiore solidarietà globale e meccanismi di redistribuzione della ricchezza. Qualcosa in quel senso si sta muovendo ma davvero ancora troppo poco. 

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