LA QUESTIONE DELLE ACCISE SULLA BENZINA
Sta montando la polemica, in Italia, sulla questione del caro carburanti. Ve lo dico in tutta onestà, è una di quelle questioni che mi annoia profondamente e ogni volta che leggo caro-benzina mi vien voglia di cambiare notizia e la parola accise mi intristisce immediatamente. Provate a immaginare una frase che contenga la parola accise e che non sia terribilmente noiosa: impossibile. Però è il duro lavoro di chi fa rassegne stampa. È un lavoro duro, ma qualcuno deve pur farlo.
E allora cerchiamo di capire che cosa sta succedendo. Possiamo posizionare il punto zero di questa storia il 31 dicembre 2022, quando allo scoccare della mezzanotte sono scattati dei forti rincari dei prezzi dei carburanti. Il motivo ce lo spiega Luigi Pandolfi sul manifesto: “La benzina, fino al primo gennaio, costava di meno perché il prezzo era calmierato proprio con l’utilizzo dell’extragettito dell’Iva sui carburanti. Ora queste maggiori entrate sono state spalmate sul bilancio 2023, per finanziare altri capitoli di spesa, cosicché alla pompa il prezzo è tornato ai «livelli di mercato» (il mercato di un’economia di guerra)”.
In pratica, con la fine dell’anno è scaduto quella misura voluta da Draghi per abbassare il prezzo della benzina e del gasolio. E il nuovo governo non l’ha rinnovata. Il fatto che la misura non sia stata rinnovata e che al tempo stesso non si siano tolte le accise sui carburanti sta facendo un certo scalpore non tanto per la misura in sé, quanto perché sul prezzo dei carburanti sia Salvini che Meloni hanno fatto negli anni (soprattutto quando sono stati all’opposizione) una battaglia feroce.
Meloni ha più volte dichiarato che le accise sui carburanti sono una cosa immorale e andrebbero tolte subito (o qualcosa del genere), c’era persino scritto nel programma elettorale di FdI che le avrebbero tolte, salvo poi cambiare idea. Ovviamente questo cambio di rotta su uno degli aspetti in cui storicamente la destra ha sempre attaccato i governi di centro e di sinistra che ci sono stati non è passato inosservato all’opposizione, che ha colto la palla al balzo per mostrare l’incoerenza dei partiti di governo e dire “ecco, vedete che avevamo ragione noi?”
Che poi è il simpatico giochino della politica che prosegue uguale nei secoli dei secoli: rinfacciare agli altri di non fare quello che nemmeno noi abbiamo fatto e che a suo tempo ci è stato rinfacciato di non fare. Un po’ come si fa in casa, con il proprio compagno o la propria compagna, solo che nel caso della politica si è pagati, cospicuamente, per farlo.
Poi cosa è successo: è successo che a quel punto il governo ha provato due linee difensive: la prima è stata cercare un nemico esterno. La premier Giorgia Meloni e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti hanno tuonato che la colpa era degli speculatori, o detto in altre parole dei gestori delle stazioni di rifornimento, che terrebbero volutamente alti i prezzi per fare maggiore profitto. Poi i primi dati emersi hanno mostrato che i rincari erano perfettamente in linea con l’aumento delle accise di 18 centesimi, dovute alla fine della misura Draghi.
A quel punto Meloni ha fatto una parziale ammissione di colpe, dicendo che stare al governo significa fare i conti con la realtà, e che comunque quando lei parlava di tagli alle accise lo faceva nel 2019, in un’epoca storica diversa (cosa smentita dal fatto che la misura era presente anche nel programma elettorale). E ha detto anche che la scelta di non rinnovare il taglio delle accise è stata una scelta sofferta, ma fatta per privilegiare quella che è stata la misura più onerosa della legge di bilancio, ovvero gli aiuti sulle bollette di gas e corrente elettrica, che è una misura di equità sociale perché aiuta le famiglie in difficoltà, mentre il taglio dei prezzi dei carburanti aiuta tutti allo stesso modo.
Nel frattempo i gestori delle pompe di benzina hanno indetto uno sciopero per le giornate del 25-26 gennaio “Per porre fine a questa ondata di fango contro una categoria di onesti lavoratori e cercare di ristabilire la verità”, così almeno scrivono nel comunicato.
Ecco: fine della vicenda, all’incirca. Ora, ci sono un po’ di cose da dire. Innanzitutto, le accise: ma che sono queste benedette accise? Le accise sono una delle tre componenti del costo della benzina. C’è la prima componente che è il costo industriale del carburante, che è la parte variabile, che dipende da tutti i fattori che conosciamo (disponibilità di petrolio, politiche dei paesi produttori, guerre, sanzioni, ecc).
Poi c’è la terza componente, quella finale, che è l’Iva, al 22%, calcolata sul costo industriale più le accise. E nel mezzo ci sono appunto le accise, ovvero delle altre tasse, dall’importo fisso. In totale le accise su un litro di benzina sono oggi di 0,7284 euro (il 40 per cento del prezzo in questi giorni) e su un litro di gasolio di 0,6174 euro (il 33 per cento del prezzo). Le accise più l’iva corrispondono – a spanne – a quasi il 60% del prezzo del carburante.
Leggo sul Post che “Alcune di queste accise sono nate come imposte di scopo, introdotte nella storia italiana dai governi per raggiungere determinati obiettivi: nonostante molti di questi problemi siano ormai risolti o del tutto superati, le accise a loro collegate sono rimaste e nel tempo si sono stratificate”.
Insomma le accise sulla benzina sono state delle tasse che i governi hanno messo per finanziare cose (tipo guerre, ad esempio) e che poi sono rimaste lì come entrate fosse nelle casse dello stato. E ovviamente non è che si possono levare così, di punto in bianco, senza trovare delle coperture.
Inoltre, forse dobbiamo anche chiederci: ma ha senso toglierle? Perché improvvisamente, adesso che la destra al governo le ha mantenute, per l’opposizione sembrano diventate improvvisamente il male, quasi come lo erano prima per la destra. Ma in molti hanno fatto notare che forse le accise sui carburanti non sono proprio la prima cosa da togliere. Per almeno due ragioni.
“Innanzitutto – leggo ancora dal Post – il taglio delle accise era una misura generalizzata, di cui beneficiavano tutti, sia poveri che ricchi, quindi anche coloro che potevano permettersi l’aumento dei prezzi del carburante. Paradossalmente, del taglio beneficiavano di più le persone con redditi più alti, che mediamente hanno auto con cilindrate maggiori e che quindi consumano di più. In un momento di alta inflazione è invece preferibile concentrare le risorse per tutelare le fasce più povere, messe maggiormente in difficoltà dall’aumento dei prezzi”.
Inoltre “Le accise sono una tassa di disincentivo, che lo stato impone quando vuole scoraggiare l’uso di un bene nocivo: un prezzo più alto quindi dovrebbe ridurne il consumo. Le accise ci sono anche su altri beni, come gli alcolici, i tabacchi e addirittura sulle emissioni inquinanti. Nascono dunque per disincentivare acquisti o comportamenti dannosi, ma hanno anche un effetto notevole sulle entrate dello stato: nel 2021 ha incassato circa 33 miliardi di euro con le accise sull’energia, gli alcolici e i tabacchi, di cui 25 solo dai carburanti”.
Al tempo stesso è vero che anche il carobenzina colpisce soprattutto chi utilizza la macchina per lavoro e può essere una spesa di difficile gestione nell’economia familiare delle persone meno abbienti. Molte delle rivolte recenti (anche in paesi ricchi come la Francia, pensiamo a i gilet gialli) nascono anche come protesta contro il caro-carburanti.
Quindi, personalmente sono contento che non sia stato rinnovato il taglio delle accise, a patto che vengano sviluppate politiche sociali di sostegno alle persone con basso reddito. Siamo in una situazione in cui non possiamo pensare di risolvere i problemi singolarmente e dobbiamo sempre pensare che ogni soluzione che troviamo, ogni legge che facciamo deve al tempo stesso portarci verso una maggiore sostenibilità ecologica e verso una maggiore equità sociale. Non lo dico per buonismo, ma per sopravvivenza. È l’unico modo per evitare la catastrofe ambientale o quella sociale, entrambe le cose travolgerebbero tutte e tutti. E poi magari, nel frattempo, costruiamo anche una società più felice.
MILANO, CITTA’ A 30 KM/H
Restando in tema mobilità, una buona idea mi sembra quella proposta e approvata a Milano in un ordine del giorno del 9 gennaio dal Consiglio comunale.
Leggo da un articolo a firma della redazione de La nuova ecologia: “Da gennaio 2024 tutta Milano sarà “zona 30”. Sia nel centro che nei quartieri periferici del capoluogo lombardo non si potrà più circolare oltre il limite dei 30 chilometri orari”. Il 9 gennaio il Consiglio comunale ha approvato un ordine del giorno a prima firma del consigliere della Lista Sala Marco Mazzei nel quale non viene comunque esclusa la possibilità di mantenere il limite di 50 km/h in alcune strade a grande scorrimento”.
Il documento propone inoltre al Sindaco Sala e alla giunta di prevedere “un cruscotto dove tenere monitorati i dati sugli incidenti stradali, sull’inquinamento, sulla congestione stradale, sulla sosta selvaggia, sulle multe” e di “coinvolgere in particolare i mobility manager del Comune di Milano e di tutte le società controllate e partecipate affinché si attivino per coinvolgere tutte le proprie comunità in questa operazione a trasformare gradualmente, molte delle attuali ‘zone 30’ in ‘zone 20’ o ‘zone residenziali’, anche utilizzando una diversa disposizione della sosta e degli arredi, che consenta di moderare ulteriormente la velocità dei veicoli”. Adesso l’iter prevede che l’ordine del giorno venga approvato in giunta. Una volta ottenuto il benestare definitivo, le misure indicate al suo interno potranno essere introdotte in città.
Ad oggi in Italia, fra le città metropolitane, soltanto Bologna ha avviato il percorso per diventare “Città 30” da giugno 2023. A Torino con un voto in Consiglio comunale del novembre scorso è stato deciso di rallentare il traffico diventando una città a 30 all’ora, ma al momento nel capoluogo piemontese non è stata fissata una data precisa per l’introduzione dei nuovi limiti.
La prima “città 30 d’Italia” è diventata Olbia dal primo giugno del 2021. In Europa oltre Parigi e Bruxelles in questa direzione si sono mosse Graz, Grenoble, Helsinki, Valencia, Zurich, Lille e Bilbao.
Mi sembra una misura intelligente perché andando più piano le città sono più sicure, si rischiano meno incidenti soprattutto a danni di pedoni e ciclisti (e rendendola più sicura si incentiva anche la mobilità su bici o a piedi) e si inquina di meno.
Immancabile è arrivato il tweet polemico di Salvini che ha ricordato al sindaco Sala che la gente a Milano vorrebbe anche lavorare. Come se ci fosse una relazione fra i limiti di velocità e la possibilità di andare al lavoro. Semplicemente le persone partiranno di casa cinque minuti prima. O sceglieranno un altro mezzo. Che poi, non so Milano, ma Roma negli orari in cui le persone vanno a lavoro è una città 3- Massimo 5.
È VERO CHE IL VACCINO CINESE NON FUNZIONA?
Torniamo a parlare di Cina, di Covid e di vaccini. Giorni fa commentavamo la nuova ondata di contagi cinesi, di cui si sta parlando molto. Una delle ragioni che viene più citata negli articoli che ne parlano è la presunta inefficacia o scarsa efficacia del vaccino cinese Sinovac, e la miopia del governo cinese nel non aver accettato i più efficaci vaccini a mRna occidentali.
È una tesi molto diffusa sui media, che però da una serie di recenti studi non sembrerebbe avere poi tutto questo fondamento. O meglio, la criticità non sembrerebbe risiedere nell’efficacia del vaccino in sé, ma in come è stato utilizzato.
Leggo da un articolo di Alessandro Rico su La Verità, di cui ho controllato personalmente le fonti, che secondo uno studio svolto a Hong Kong e pubblicato sulla rivista Lancet Infectious Diseases, c’è effettivamente una minore efficacia sia nella protezione dal contagio, che nella riduzione delle ospedalizzazioni e delle terapie intensive del vaccino Sinovac rispetto a Pfizer, ma questo svantaggio è significativo solo per la prima dose, mentre si riduce dopo la seconda e si azzera dopo la terza, quando anzi in alcune categorie di età il vaccino cinese sembra persino leggermente più efficace.
In pratica, scrive Rico “L’errore del regime di Xi Jinping, semmai, è stato trascurare la campagna per i richiami e aver privilegiato, in virtù di un peculiare cinismo produttivista, le somministrazioni alle persone in età lavorativa – meno a rischio di decesso – ritardando la profilassi sugli anziani. A ciò bisogna aggiungere le asimmetrie dell’assistenza
ospedaliera: in Cina, accanto a punte d’eccellenza, coesistono realtà caratterizzate da una
profonda arretratezza”. A cui va aggiunto, mi sento di integrare, la politica di restrizioni estreme che ha fatto sì che il virus quasi non circolasse per oltre due anni.
FONTI E ARTICOLI
#carburanti
Ansa – Benzinai in sciopero il 25 e il 26. Meloni: ‘Nessuno scarica barile’
il manifesto – Carburanti e bollette: la «Caporetto» del governo Meloni
il Giornale – Benzina e accise, tutte le balle della sinistra
il Fatto Quotidiano – Benzina e gasolio, il governo si auto smentisce. I dati del ministero mostrano che non c’è speculazione: “Aumenti causati dalle accise”
il Post – Cosa sono le accise sulla benzina
#mobilità
La nuova ecologia – Mobilità, dal gennaio 2024 tutta Milano sarà zona 30
#Biden
il Post – Ci sarebbero altri documenti riservati non riconsegnati da Joe Biden