L’avanzata delle destre negazioniste climatiche in Europa – #740
Un articolo di Tonia Mastrobuoni su la Repubblica fa luce su un fenomeno abbastanza inquietante, ovvero la connessione fra l’avanzata dell’estrema destra in Europa e il negazionismo climatico.
Ora, le avanzate delle destre europee, sono a mio avviso abbastanza cicliche, nel senso che ciclicamente, per ragioni economiche e sociali, si creano determinate condizioni per cui le destre trovano un terreno fertile. Nello specifico, in questo caso, i paesi dove si registra questa avanzata sono (oltre all’Italia) la Spagna, con il partito neofranchista Vox è dato attorno al 15% in vista delle elezioni di luglio (pur con tutte le incertezze che i sondaggi si portano con sé), in Germania, con il partito di estrema destra Afd che sempre stando ai sondaggi tocca quota 19%, ben 5 punti sopra i verdi, e in Svezia dove l’estrema destra ha ottenuto circa il 20% alle ultime elezioni.
La cosa che questa volta mi preoccupa più di altre volte è che questa volta questi movimenti europei sembrano avere come fil rouge, oltre alle solite politiche xenofobe anti-immigrazione, una spiccata vena di negazionismo climatico, o quando non è negazionismo comunque una tendenza a boicottare energie rinnovabili e transizione ecologica. “La tesi dell’ultradestra – come scrive appunto Tonia Mastrobuoni – è che il rispetto dell’ambiente sia un lusso da borghesia urbana che non tiene conto dei bisogni reali”.
Ovvio che tutto ciò è rischioso, perché potrebbe mettere un freno alla spinta, già zoppicante, alla transizione ecologica verso stili di vita e una modalità di produrre energia che siano realmente sostenibili.
Nel frattempo, sono sempre di più i paesi dell’Africa Subsahariana scossi da proteste. Nello specifico – come scrive Giorgia Audiello su L’Indipendente – in queste ore violente proteste stanno attraversando il Senegal dopo che il principale esponente dell’opposizione, Ousmane Sonko, è stato condannato a due anni di reclusione, lo scorso primo giugno, per “corruzione di minori” senza condizionale.
Il fondatore del partito di sinistra “Africani del Senegal per il lavoro, l’etica e la fraternità” (PASTEF) si era posizionato terzo alle elezioni del 2019 ed è stato in grado di conquistare le giovani generazioni del Paese promettendo di diminuire la disoccupazione, l’emigrazione dei giovani e di combattere la corruzione. Tanto che sui profili social, Sonko ha collezionato più “seguaci” del presidente del Senegal, Macky Sall – capo del partito “Alleanza per la Repubblica” (APR) – contro cui il PASTEF ha ingaggiato una dura battaglia, accusandolo di non aver creato posti di lavoro e di aver silenziato l’opposizione. Il suo partito dall’ideologia socialista si presenta come il difensore degli interessi nazionali contro le pretese illegittime di Paesi come la Francia. La scintilla che ha dato il via agli scontri con la polizia è stata la condanna di Sonko, considerata dai suoi sostenitori e dallo stesso leader una mossa politica, priva di prove a sostegno, per estrometterlo dal concorrere alle prossime elezioni del 2024.
Masse di giovani del Paese sono, dunque, scese in piazza per manifestare in suo sostegno, accusando la magistratura di corruzione e di essere uno strumento nelle mani del governo: dal primo giugno proseguono gli scontri con un bilancio di 16 morti e più di 350 feriti. In totale, si contano 78 feriti gravi, trasportati in centri sanitari. I dimostranti hanno dato fuoco a pneumatici, attaccato supermercati, negozi, banche, stazioni della polizia, mezzi di trasporto pubblici, in uno degli episodi più violenti della storia del Paese africano.
Già nel 2021, Sonko era stato arrestato con l’accusa di aver violentato e minacciato una dipendente di un salone di massaggi al quale era solito andare per dei problemi alla schiena. Accusa poi caduta nel vuoto e tramutata recentemente in quella di corruzione: un cambiamento di imputazione incomprensibile che alimenta i sospetti circa la volontà di utilizzare la giustizia per eliminare un oppositore scomodo dalla scena politica. La condanna per corruzione, infatti, potrebbe privarlo dei diritti civili impedendogli di correre per le elezioni del 2024.
A partire dallo scorso primo giugno, per sedare le proteste e impedire ai manifestanti di organizzarsi, diverse piattaforme di social media e messaggistica sono state limitate. È stato inoltre interrotto «temporaneamente» l’accesso a Internet per i telefoni cellulari, affermando che venivano condivisi «messaggi odiosi e sovversivi».
L’articolo su L’Indipendente è ancora molto lungo, ma credo che questo pezzo sia sufficiente per darci l’idea di quello che sta succedendo. L’Africa è sempre più il centro ribollente delle strategie geopolitiche internazionali, e queste cose hanno una serie di effetti fra cui quello di alimentare l’instabilità del continente.
In India venerdì c’è stato un terribile incidente ferroviario che ha coinvolto due treni passeggeri e un treno merci, causando la morte di 275 persone, mentre i feriti sono stati oltre 800.
Ieri sono cominciate le indagini ufficiali sull’incidente ferroviario. Le autorità non hanno ancora indicato con certezza cosa abbia provocato l’incidente, ma al momento l’ipotesi ritenuta più credibile è quella di un malfunzionamento nel sistema di segnalazione e nel sistema di scambi automatizzati, anche se ogni altra ipotesi, comprese quelle dell’errore umano e del sabotaggio, rimane aperta.
Come scrive il Post, “Secondo le prime ricostruzioni, fatte dalla stampa locale e internazionale sulla base di dichiarazioni anonime o non ufficiali di lavoratori della stazione e autorità di controllo, uno dei due treni, proveniente da Calcutta, avrebbe ricevuto un segnale verde di via libera, non avrebbe superato la velocità consentita né sarebbe passato con un semaforo rosso: per motivi da stabilire avrebbe però imboccato un binario morto su cui era in sosta il treno merci, provocando l’impatto iniziale.
Ad alcuni giorni di distanza, con molti dei corpi ancora senza un’identità certa, le pressioni politiche per la ricerca di un colpevole sono notevoli: l’opposizione ha già chiesto le dimissioni del ministro, mentre il primo ministro Narendra Modi, che in questi anni ha molto pubblicizzato gli investimenti del suo governo per migliorare la rete ferroviaria, ha assicurato che ogni responsabile «verrà punito». Le indagini saranno portate avanti dal Central Bureau of Investigation, la principale agenzia pubblica indiana di investigazioni.
Forse ricorderete che il weekend appena trascorso c’è stato l’incontro conclusivo dei negoziati per arrivare a scrivere un trattato globale sulla plastica. Come è andato? Così così. La prima bozza del trattato verrà scritta entro novembre, stando al comunicato finale, ma.come racconta Rinnovabili.it “i 170 paesi ONU impegnati nel negoziato sono apparti piuttosto distanti”..
Il negoziato parigino ha visto i delegati dividersi in due gruppi. Uno si è dedicato a studiare le misure per ridurre l’inquinamento da plastica da inserire nel trattato, il secondo ha invece preso in esame le diverse possibilità per metterlo in pratica. Serviranno obiettivi nazionali o target globali? Intorno a questa domanda, così come alle misure che verranno concordate e affidate alla zero draft in uscita entro novembre, si gioca l’efficacia dell’accordo. Stati Uniti e Arabia Saudita hanno caldeggiato la prima opzione, mentre la “coalizione degli ambiziosi” (UE, Giappone, Cile e stati insulari) la seconda.
Altro aspetto controverso è il metodo decisionale: Arabia Saudita, Cina e Russia hanno contrastato fermamente la proposta di decidere a maggioranza e non all’unanimità.
Il testo di questa “bozza zero” dovrà contenere tutte le opzioni e le posizioni in campo, per poi avvicinare le diverse opinioni durante la maratona diplomatica prevista a Nairobi, in Kenya, dal 13 al 17 novembre 2023.
Secondo Graham Forbes, responsabile plastica di Greenpeace, “il tempo stringe ed è chiaro dai negoziati che i paesi produttori di petrolio e l’industria dei combustibili fossili faranno tutto ciò che è in loro potere per indebolire il trattato e ritardare il processo. Sebbene si siano svolte alcune discussioni sostanziali, c’è ancora un’enorme quantità di lavoro davanti a noi”. Insomma il percorso verso novembre sembra lungo, staremo a vedere.
Intanto, durante il suo intervento di apertura al festival Green e Blue organizzato da la Repubblica il Ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha detto che è quasi pronto il piano climatico nazionale italiano, che sarà presentato entro il 30 giugno, e ne ha anticipato, forse, parte dei contenuti. Ad esempio ha detto che “Oggi la produzione di energia viene per due terzi dal carbone e un terzo dalle rinnovabili: entro il 2030 dobbiamo ribaltare questo schema ed arrivare a un terzo di fossile e due terzi di rinnovabili.
Ha anche detto che il gas ci servirà per accompagnare questo cambiamento, concetto in realtà smentito dagli studi più recenti, che sconsigliano di usare il gas come terzo uomo nel passaggio da carbone a rinnovabili.
Infine ha dato delle date. Ha detto “Oggi usiamo carbone, petrolio, gas; l’intenzione è quella di arrivare ad abbandonare il carbone entro il 2025 o anche prima, io spero entro il 2024 se i prezzi del gas tengono, poi il petrolio e arrivare ad avere il gas che deve essere il fossile di accompagnamento in concomitanza alla salita delle rinnovabili”.
Staremo a vedere anche qui, intanto attendiamo la pubblicazione del piano.
Ultima notizia, possiamo prenderla come una buona notizia. Il 2 agosto sarà l’Earth Overshoot Day 2023, ovvero il giorno in cui esauriremo tutte le risorse che la Terra è in grado di produrre e mettere a disposizione nell’arco di 365 giorni. Qual è la buona notizia? Che nel 2022 era caduto il 28 luglio, quindi abbiamo guadagnato qualche giorno.
La data, come ogni anno da segnare in rosso sul calendario, muta di anno in anno a seconda della velocità con cui le risorse del nostro pianeta vengono sfruttate, e viene calcolata dal Global footprint network (Gfn), un’organizzazione internazionale che si occupa di contabilità ambientale calcolando l’impronta ecologica della società nel suo insieme.
Come scrive un articolo su Lifegate, “Fatta salvo la parentesi della pandemia, appare evidente come la tendenza negli ultimi cinque anni si sia ormai appiattita. È però difficile stabilire quanto questo sia dovuto al rallentamento dell’economia o a sforzi deliberati di decarbonizzazione. Tuttavia, la riduzione dell’overshoot è troppo lenta. Secondo quanto affermato dal Gfn, “per raggiungere l’obiettivo dell’Ipcc delle Nazioni Unite di ridurre le emissioni di carbonio del 43% a livello mondiale entro il 2030 rispetto al 2010, sarebbe necessario spostare l’Earth Overshoot Day di 19 giorni all’anno per i prossimi sette anni”.
Steven Tebbe, Ceo del Gfn, ha avvertito che “il persistente overshoot porta a sintomi sempre più evidenti, tra cui ondate di calore insolite, incendi boschivi, siccità e inondazioni, con il rischio di compromettere la produzione alimentare. Ciò sottolinea l’interesse delle città, dei Paesi e delle entità commerciali a promuovere la propria sicurezza delle risorse se vogliono prosperare. Anche il mondo ne trarrebbe beneficio”.
#Senegal
L’Indipendente – Il Senegal è in fiamme: rivolte in tutte le città
#India
il Post – In India si indaga sulle cause del grosso incidente ferroviario
#Cina
Greenme – Centinaia di maiali, conigli e pesci morti soffocati dal caldo estremo che sta attanagliando la Cina
The Guardian – Weather tracker: Shanghai reports record high May temperature of 36.7C
#plastica
Rinnovabili.it – Trattato globale sulla plastica: a novembre la prima bozza
#overshoot day
Lifegate – L’Overshoot Day 2023 sarà il 2 agosto, abbiamo guadagnato 5 giorni