Ieri era il blue monday, la giornata più triste dell’anno secondo uno studio che non so quanto abbia di scientifico realizzato anni fa dallo psicologo Cliff Arnall dell’Università di Cardiff. Ciononostante diverse persone in Italia hanno festeggiato. Immagino sappiate dove voglio andare a parare, perché avrete letto i giornali o ascoltato i Tg o perlomeno avrete letto il titolo di questa rassegna. Sì insomma, Matteo Messina Denaro, l’uomo più ricercato d’Italia, il boss mafioso latitante da trent’anni è stato infine catturato mentre si trovava in una clinica privata di Palermo.
Ora, è tutto molto fresco, e come sempre avviene quando succedono questi eventi tanto attesi e di portata storica, si moltiplicano i commenti, le ipotesi, le versioni. Noi come sempre partiamo dai fatti e poi andiamo a esplorare alcune cose interessanti che ci possono fornire spunti di comprensione di quello che è successo.
I fatti sono questi, ve li leggo nel resoconto che ne fa il Post. Vi leggo un pezzo abbastanza cospicuo dell’articolo, in modo che abbiate chiaro quello che è successo. “Lunedì mattina, dopo 30 anni di latitanza, è stato arrestato nella clinica privata La Maddalena di Palermo Matteo Messina Denaro, il più importante mafioso italiano e considerato il capo di Cosa Nostra.
L’arresto è avvenuto intorno alle 9, quando i carabinieri del ROS (il raggruppamento operativo speciale) hanno circondato la clinica per impedire un’eventuale fuga di Messina Denaro e hanno fatto irruzione. All’arresto hanno partecipato solo gli agenti del ROS, tutti a volto coperto come sempre accade in operazioni di questo tipo per proteggerne l’identità ed evitare future ritorsioni. Il momento dell’arresto di Messina Denaro è stato documentato da diverse persone che si trovavano vicino alla clinica, che hanno pubblicato sui social network i video dell’operazione ripresi dalle loro case e in strada.
In un video si vedono decine di agenti che bloccano tutte le uscite, mentre all’interno è ancora in corso l’operazione.
In un altro video, diffuso dai carabinieri, si vede invece quello che succede subito dopo, quando Messina Denaro viene accompagnato fuori dalla clinica e fatto entrare in un furgone nero per poi essere trasferito verso un luogo che non è stato rivelato.
La clinica dove è avvenuto l’arresto si trova nel quartiere San Lorenzo, alla periferia nord di Palermo, ed è considerata un centro di eccellenza in Sicilia, in particolare per la cura dei pazienti oncologici. Il proprietario e presidente è l’imprenditore siciliano Guido Filosto, ma la gestione è affidata ai figli Leone e Stefania.
La clinica si trova peraltro a circa 500 metri dalla sede della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) di Palermo, l’organismo del ministero dell’Interno che si occupa di contrasto alla mafia e di cui fanno parte sia polizia che carabinieri, ma che non ha partecipato all’operazione di lunedì mattina (il nucleo del ROS infatti non ne fa parte).
Stefania Filosto ha commentato l’arresto di Messina Denaro al Corriere della Sera dicendo che lunedì mattina il capo di Cosa Nostra «era in coda per fare un tampone, come tanti pazienti della clinica» e che «confuso fra i pazienti, e coperto da un falso nome, ormai vecchio e malato, ha tentato di fuggire superando i cancelli ma i carabinieri lo hanno acciuffato». Questa dichiarazione è in contrasto con quanto detto dal comandante del ROS, Pasquale Angelosanto, secondo cui Messina Denaro non avrebbe opposto resistenza all’arresto.
Secondo quanto riferito da fonti della clinica a diversi giornali, Messina Denaro aveva programmato un ricovero in day hospital (cioè in giornata) con il falso nome di Andrea Bonafede, e lunedì mattina aveva un appuntamento per un ciclo di chemioterapia. Le stesse fonti sostengono che Messina Denaro sarebbe stato operato un anno fa in quella clinica per un tumore in zona addominale, e che nei mesi scorsi vi era tornato spesso per sottoporsi a cicli di chemioterapia. Al momento, comunque, queste informazioni non sono state confermate dai carabinieri.
Altri video realizzati da abitanti della zona mostrano alcune persone applaudire ai carabinieri, in particolare quando è stata portata fuori dalla clinica in manette una persona che inizialmente qualcuno aveva pensato potesse essere Messina Denaro. In realtà la persona che si vede sarebbe, secondo quanto riferito ad alcuni giornali da fonti dei carabinieri, l’uomo che lo aveva accompagnato in clinica.
Ecco. Fine dei fatti avvenuti ieri. Vediamo però anche un po’ di fatti precedenti, per capire chi era, a grandi linee, Matteo Messina Denaro, e perché il suo arresto è considerato così importante, nelle parole di Laura Sirignano sul Corriere della Sera.
“Originario di Castelvetrano, aveva negli anni allargato il suo potere ad altri mandamenti mafiosi della Sicilia , specialmente dopo l’arresto di Totò Riina, Bernardo Provenzano e i fratelli Graviano. Ritenuto depositario di mille segreti, Messina Denaro deve scontare ergastoli per decine di omicidi tra i quali quello per l’assassinio del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito strangolato e sciolto nell’acido dopo due anni di prigionia, per le stragi in cui morirono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e per gli attentati di Firenze, Milano e Roma del 93. Il primo omicidio a 18 anni. «Con le persone che ho ammazzato io, potrei fare un cimitero», confidava a un amico.
Fedelissimo dell’ala stragista di Cosa nostra, quella dei corleonesi, sarebbe stato presente al summit voluto da Riina, nell’ottobre del 1991, in cui fu deciso il piano di morte che aveva come obiettivi Falcone e Borsellino. I pentiti raccontano, poi, che faceva parte del commando che avrebbe dovuto eliminare Falcone a Roma, tanto da aver preso parte ai pedinamenti e ai sopralluoghi organizzati per l’attentato. Da Palermo, però, arrivò lo stop di Riina. E Falcone venne ucciso qualche mese dopo a Capaci.
La sua latitanza comincia a giugno del 1993. In una scritta alla fidanzata dell’epoca, Angela, preannuncia l’inizio della vita da Primula Rossa. «Sentirai parlare di me — le scrive facendo intendere di essere a conoscenza che di lì a poco il suo nome sarebbe stato associato a gravi fatti di sangue — mi dipingeranno come un diavolo, ma sono tutte falsità».”
Ultimo elemento di un certo interesse, è che come ha detto il comandante dei carabinieri Teo Luzi, arrivato a Palermo, «Matteo Messina Denaro è stato catturato grazie al metodo Dalla Chiesa, cioè la raccolta di tantissimi dati informativi dei tanti reparti dei carabinieri, sulla strada, attraverso intercettazioni telefoniche, banche dati dello Stato e delle regioni amministrative». Credo che sia interessante perché tocca la questione del ruolo delle intercettazioni, molto dibattuto anche per via della riforma Cartabria (ma qui ve lo accenno e basta, magari ne riparliamo).
Ecco qua. Questi sono i fatti. Subito dopo i fatti vengono le reazioni, che ovviamente sono state di grande soddisfazione da parte di tutti, con tanti che hanno provato ad assumersene un po’ velatamente il merito, a partire dal governo. Giorgia Meloni ha detto: «È una grande vittoria dello Stato, che dimostra di non arrendersi di fronte alla mafia», per poi ribadire che Messina-Denaro è stato catturato sotto un governo di destra che non ha trattato, mentre il ministro dell’interno Matteo Piantedosi ha parlato di «Grandissima soddisfazione per un risultato storico nella lotta alla mafia».
Ad ogni modo le reazioni e i commenti che ci interessano di più sono quelli di chi con la mafia ha a che fare tutti i giorni. Perciò ho contattato due persone molto informate sui fatti. La prima è Carmelo Pollichino, presidente di Libera Palermo, (immagino la conosciate bene, ma Libera è la più grande organizzazione antimafia in Italia), per farmi dare un commento a caldo sull’accaduto.
Vi lascio ascoltare il suo contributo.
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Ho contattato anche Dario Riccobono, presidente di AddioPizzo Travel, la compagnia di turismo responsabile nata come spin off di AddioPizzo, un progetto geniale che ha messo in rete gli imprenditori e i negozianti che non pagano il pizzo. Dario ha organizzato una sit in quasi istantaneo per condividere l’avvenimento con i compagni e le compagne di una vita, a cui hanno partecipato molte persone. Sentite il suo racconto.
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A Dario Riccobono ho chiesto anche un commento su un’altra questione che sta facendo molto discutere in queste ore. Che però prima vi devo un po’ introdurre. In pratica sta girando un video di un’intervista fatta da Massimo Giletti in una puntata di Non è l’Arena del 22 novembre scorso a Salvatore Baiardo, l’uomo di fiducia di un’altra cosca mafiosa, la famiglia Graviano, che fra le altre cose gestì la latitanza dei fratelli Graviano. Che fa una serie di previsioni che ascoltate oggi suonano, così, un po’ inquietanti.
Vi lascio il video completo sotto Fonti e articoli, come al solito, ma provo a farvene un sunto. In pratica Baiardo dice a Giletti, a novembre quindi due mesi fa, che sospetta, ipotizza, presume (usa sempre un gergo in cui dice e non dice) che Matteo Messina Denaro sia molto malato e stia facendo una trattativa lui stesso, per farsi arrestare e fare così uscire qualcuno con l’ergastolo ostativo, senza clamore. “Forse è tutto programmato da tempo”, dice.
Giletti a quel punto dice, ok ma con chi la sta facendo questa trattativa? Mi sta forse dicendo che la famosa trattativa non è mai finita? Né mai finirà come ha detto lei prima? Si riferisce ovviamente alla trattativa Stato-Mafia. Baiardo conferma.
Poi Baiardo dice che lui già in tempi non sospetti aveva detto che quando allo stato non servirà più Messina Denaro, lo arresteranno. “È arrivato questo momento?” chiede Giletti. “Presumo di sì”. Il video poi è costellato di riferimenti all’arresto di Totò Riina e Bernardo Provenzano, che ho sentito tirare in ballo molte volte in queste ore.
In particolare l’arresto di Riina è uno di quelle vicende che ha sollevato più di una domanda irrisolta e ci sono tantissimi elementi che fanno ipotizzare che fosse stato ampiamente concordato. Se siete curiosi, vi lascio il link all’articolo molto lungo e dettagliato di Giuseppe Pipitone sul Fatto Quotidiano, qui vi cito solo il fatto che il covo del boss venne lasciato incustodito per ben 18 giorni dopo l’arresto, e quando infine fu perquisito fu trovato completamente ripulito di qualsiasi documento compromettente.
Siamo di fronte a una situazione del genere? Siamo di fronte a un arresto simile a quello di Totò Riina, fra l’altro avvenuto quasi esattamente trent’anni fa (il 15 gennaio 1993)? La trattativa Stato-Mafia non è mai finita come sostiene Baiardo? Onestamente è una domanda a cui credo sia impossibile rispondere con i dati che abbiamo al momento. E di certo lo è per me. E allora, come vi accennavo prima, ho chiesto anche questo a Dario Riccobono, che mi ha risposto così.
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Insomma, sicuramente è una faccenda da approfondire, che ha ancora molte zone d’ombra, non ultimo il fatto che Messina Denaro sia stato catturato in una clinica a Palermo, non nella foresta del Borneo. Insomma, sicuramente qualcuno lo ha coperto, e a lungo, come hano detto anche i nostri intervistati.
In generale mi auguro davvero che si possa pian piano fare luce sui fatti. Sono consapevole che la verità, quella con la V maiuscola, probabilmente non esiste e se anche esiste è epistemologicamente inconoscibile, però la sua ricerca è un sentiero che vale la pena di essere battuto, per ricostruire tassello dopo tassello il mosaico dei fatti.
Intanto, al netto di tutti i dubbi e la necessità di approfondire, vi dico due cose: che sentire la commozione di Dario Riccobono mi ha toccato profondamente e che ho sentito nelle sue parole l’emozione di chi sa di aver vissuto una giornata storica e attesa da anni; la seconda è che io ieri, dopo cena, alla luce tenue dello schermo del pc, un bel brindisi a questa giornata storica, a questo arresto storico, me lo sono fatto. Alla faccia del blue monday.
FONTI E ARTICOLI
#Matteo Messina Denaro
il Post – I video dell’arresto di Matteo Messina Denaro a Palermo
il Post – Chi è Matteo Messina Denaro
Corriere della Sera – Le rivelazioni di Baiardo da Giletti a novembre: «Messina Denaro sarebbe malato e potrebbe farsi arrestare»
Corriere della Sera – Arrestato Matteo Messina Denaro: il boss di Cosa Nostra era latitante da 30 anni
#Riina
Il Fatto Quotidiano – Il covo non perquisito, l’archivio scomparso e i messaggi di Graviano: tutti i misteri irrisolti dell’arresto di Totò Riina, trent’anni dopo
#Addioipizzo
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