Sono diverse settimane che la situazione politica della Puglia sta campeggiando sulle prime pagine di diversi giornali nazionali. Fra arresti, commissariamenti, attacchi da destra, alleanze Pd-M5S che vacillano e tante altre cose. È una di quelle situazioni complicate in cui è difficile capire come stanno le cose. E allora, cerchiamo di vederci più chiaro.
Tutto inizia il 26 febbraio con una operazione su vasta scala della polizia, che compie 130 arresti per associazione mafiosa e altri reati gravi. Le persone coinvolte sono ritenute responsabili, a vario titolo di associazione di tipo mafioso, estorsioni, porto e detenzioni di armi da sparo e altro, tutti reati aggravati dal metodo mafioso. In particolare, le indagini avrebbero documentato una presunta ingerenza elettorale politico-mafiosa nelle Elezioni Comunali di Bari del 2019.
E infatti nell’elenco degli arrestati compaiono anche Maria Carmen Lorusso, consigliera comunale a Bari, e il marito ed ex consigliere regionale Giacomo Olivieri (oltre che il padre, famoso oncologo accusato di Peculato e concussione). Lorusso in realtà era stata eletta come assessora all’interno di una lista che sosteneva il candidato di destra Pasquale Di Rella, ma poi nel 2021 ha cambiato posizione ed ha iniziato ad appoggiare la maggioranza del sindaco di centrosinistra Antonio Decaro.
Comunque, succede che il 27 febbraio un gruppo di parlamentari pugliesi chiede un incontro con il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, e pochi giorni dopo l’incontro Piantedosi avvia una procedura per valutare lo scioglimento del comune di Bari per mafia.
A quel punto si alza la solita cortina di polemiche in cui si fa fatica a vederci chiaro. Decaro reagisce alla notizia accusando Piantedosi di agire per scopi politici, e non giudiziari. In pratica il sindaco di Bari sostiene che il ministro abbia firmato il provvedimento su richiesta di due parlamentari pugliesi di Forza Italia, che sarebbero il vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia Mauro D’Attis e il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto. Che a loro volta vorrebbero indebolire la sua candidatura alle prossime elezioni comunali di Bari, che in effetti sono alle porte: si vota l’8 e 9 giugno.
Migliaia di persone a quel punto scendono in piazza a Bari, in piazza Ferrarese, a sostegno del sindaco Decaro e contro l’ipotesi di scioglimento del comune. Il bagno di folla sembra mettere la parola fine alla questione, almeno dal punto di vista politico, ma poi mercoledì scorso, il 4 ottobre, arriva un nuovo scossone.
Un’altra indagine della procura di Bari torna a colpire il centrosinistra pugliese ipotizzando un giro di compravendita di voti durante alcune elezioni amministrative del 2021. Questa volta a finire in manette sono il sindaco di Treggiano Antonio Donatelli, sostenuto dal centrosinistra, e di Sandro Cataldo che oltre a essere il marito dell’assessora regionale ai Trasporti Anita Maurodinoia del Pd (che si è dimessa subito dopo), sembra essere una sorta di burattinaio di parte della politica di Bari e dintorni.
Decaro risponde a questo nuovo scandalo professandosi inconsapevole ma dicendo anche di non essere sorpreso dal fatto che esista il voto di scambio e che durante le ultime elezioni lui stesso ha sporto ben tre denunce, due delle quali rivolte a persone in liste a suo sostegno.
Comunque, risultato di questa nuova scossa è di aver spezzato l’alleanza, pare, fra Pd e M5s. Come racconta Andrea Carugati sul manifesto, ieri dovevano tenersi le primarie per la coalizione di centrosinistra. Il Pd presentava il suo candidato Vito Leccese (già capo di gabinetto del sindaco Decaro, che non può ricandidarsi per il limite dei due mandati) mentre per M5S e sinistra correva l’avvocato Michele Laforgia. Anzi: avrebbero dovuto.
Venerdì Giuseppe Conte ha detto di rinunciare alle primarie, mentre era a Bari per un comizio con Nichi Vendola a sostegno di Laforgia. Ha detto: «Non ci sono più le condizioni per svolgere seriamente le primarie. Alla prima inchiesta giudiziaria se ne aggiunge oggi una seconda, in cui emerge il voto di scambio, l’inquinamento del voto». E poi ha annunciato che il M5S candiderà quindi Laforgia assieme alla sinistra, che se il Pd vuole appoggiare il loro candidato sono benvenuti, ma che loro non appoggeranno Leccese.
Ovviamente la decisione ha causato una serie di botta e risposta fra Conte e Schlein, con il primo che accusa la seconda di aver mentito spudoratamente ai propri elettori quando prometteva di compiere un’operazione di pulizia all’interno del partito da correnti e capibastone, e la seconda che accusa il primo di esse disonesto politicamente e umanamente, perché in Puglia con Emiliano ci governano anche loro e non si fanno saltare delle primarie a 3 giorni dal voto. La sensazione è che adesso anche l’alleanza generale possa vacillare. Sul Corriere Gianluca Mercuri si chiede: “è finita davvero? O lo scontro innescato dall’improvviso ritiro dei 5 Stelle dalle primarie col Pd a Bari è «solo» legato alla concorrenza inevitabile in vista delle Europee, e i due partiti sono destinati a ritrovarsi di riffa o di raffa alle prossime Politiche (che però sono lontanissime: 2027)?”
E poi: “è mai iniziata davvero, l’alleanza? Certo, dalla vittoria comune in Sardegna non sono passati neanche due mesi, ma anche quella sembra lontanissima. Prima e dopo, ci sono mai stati slancio vero, intesa effettiva, pathos condiviso? O il Pd è per Conte solo un taxi per sognare un fantascientifico ritorno a Palazzo Chigi, e per il Pd i 5 Stelle sono solo il vagone necessario alla parvenza di un convoglio?”
Insomma, sono tante le incognite e come al solito il piano politico si intreccia con quello giudiziario. Pd e M5S sono due alleati strani, perché entrambi ambiscono allo stesso elettorato e al tempo stesso non si piacciono né si sono mai piaciuti fino in fondo. Difficile capire come andrà a finire.
Restando in Italia, c’è un’altra notizia a metà fra il politico e il giudiziario, ma in senso diverso. Non so se conoscete la storia del capitano Ultimo, alias Sergio De Caprio, il generale dell’Arma dei Carabinieri che arrestò Totò Riina a cui sono stati dedicati film, serie tv e così via. La sua fama quasi leggendaria è stata accresciuta negli anni da un fatto, ovvero che non si è mai tolto il passamontagna in pubblico proprio dall’arresto di Riina, nel gennaio del 1993, per questioni di sicurezza. Fino a sabato.
De Caprio si trovava al teatro Quirino di Roma, per la campagna elettorale della Lista Libertà, lanciata per le europee da Cateno De Luca, formazione per la quale ha deciso di candidarsi. E appunto, dal palco compie il gesto a sorpresa, dichiarando: “Dopo 31 anni, scopro il mio volto, la mia ultima difesa dalla mafia, perché a viso aperto voglio continuare a servire il popolo italiano. Lo faccio con la stessa umiltà, lo stesso coraggio, con la stessa umiltà, con lo stesso amore che ho avuto da carabiniere. Lo faccio e lo farò con De Luca nel fronte della Libertà”, per un’Europa “soprattutto dei cittadini” che si “autodeterminano liberamente”.
Al di là della questione elettorale, con cui la notizia è certamente legata, anche a livello di pura campagna elettorale, la notizia resta sicuramente interessante.
Abbiamo parlato degli arresti in Puglia, abbiamo accennato all’arresto di Riina, allora continuiamo a parlarne, di arresti. Ma in questo caso di arresti per motivi molto diversi. Segnalo infatti che anche Greta Thunberg (Tumberi) è stata arrestata all’Aia, nei Paesi Bassi, nel weekend, per ben due volte.
Come racconta Rsi, “l’attivista svedese per il clima è stata fermata due volte sabato all’Aia mentre partecipava a una manifestazione del gruppo ambientalista Extinction Rebellion contro i sussidi ai combustibili fossili.
Thunberg si era unita a diverse centinaia di manifestanti partiti dal centro dell’Aia verso un campo vicino all’autostrada A12 che collega l’Aja con Utrecht, Amsterdam e Rotterdam. Alcuni dimostranti, tra cui Greta Thunberg, hanno trovato un altro percorso e sono riusciti a bloccare una strada vicino alla A12. Lì l’attivista 21enne è stata arrestata una prima volta.
Poco dopo, lei e altri attivisti sono stati rilasciati e tornati sul luogo della manifestazione e sono stati arrestati di nuovo dopo aver bloccato il traffico a un incrocio. E poi di nuovo rilasciati.
Poco prima di essere arrestata, Thunberg ha dichiarato: “Siamo in un’emergenza planetaria e non staremo a guardare e lasceremo che le persone perdano la vita e i mezzi di sussistenza e siano costrette a diventare rifugiati climatici quando possiamo fare qualcosa”. Nota a margine, interessante osservare come la fondatrice dei FFF manifesti assieme a XR, aspetto che mostra un approccio all’attivismo, forse, meno identitario e più basato sul senso delle nuove generazioni.
Spostiamoci in Norvegia, dove una notizia ha causato una certa apprensione in Europa nel weekend. La Dsa infatti, ovvero l’Autorità per la sicurezza nucleare norvegese ,ha recentemente misurato livelli sopra la norma (per quanto comunque molto bassi) di iodio radioattivo presso la stazione di filtraggio dell’aria a Tromsø, durante rilevazioni fatte nella settimana dal 21 al 26 marzo.
Come spiega Luca Fraioli su Repubblica, l’isotopo di Iodio rilevato, noto come Iodio 131, è un isotopo instabile dello Iodio potenzialmente dannoso per la salute umana, la cui esposizione è collegata in particolare al cancro alla tiroide. Nel catastrofico incidente di Chernobyl dell’aprile 1986, per esempio, l’isotopo radioattivo fu rilasciato in grandi quantità, soprattutto in Ucraina, Bielorussia e Russia occidentale.
Ovviamente in questo caso le quantità sono minime e non costituiscono al momento un rischio per la popolazione. La domanda piuttosto è: da dove provengono? Perché lo Iodio 131 è un sottoprodotto dei processi di fissione sia nei reattori nucleari che nei test sulle armi atomiche. E visto il periodo qualche domanda sorge. Da dove arrivano queste radiazioni?
Chiudiamo con due notizie che arrivano dall’Europa dell’Est, una parte di continente sempre più cruciale nel determinare gli equilibri mondiali. Sono due notizie che mostrano come alcuni paesi siano piuttosto in bilico nello scacchiere geopolitico, e anche al loro interno siano spaccati da forze che tirano in direzioni opposte: alcune verso l’Europa e la Nato, altre verso la Russia.
In Slovacchia, ad esempio, sabato si è votato al ballottaggio delle elezioni presidenziali. Ora, in Slovacchia il presidente ha un ruolo soprattutto cerimoniale, non ha un ruolo politico, ma queste elezioni avevano un significato importante simbolicamente in questo momento delicato per l’Europa, perché i due candidati erano uno più europeista e diciamo di opposizione rispetto al governo, che è un governo filorusso guidato da Robert Fico, e l’altro invece filorusso, e vicino al governo.
Ecco, alla fine ha vinto Peter Pellegrini, il candidato sostenuto dal governo filorusso guidato dal primo ministro Robert Fico. Pellegrini ha ottenuto il 53 per cento dei voti, mentre l’altro candidato, l’europeista e filo-Nato Ivan Korcok, ex diplomatico negli Stati Uniti ed ex ministro degli Esteri, ha ottenuto il 46 per cento.
La vittoria di Pellegrini significa, di fatto, un ulteriore spostamento del paese su posizioni sempre più ostili nei confronti dell’Unione Europea e vicine alla Russia. Pellegrini è un economista, ha 48 anni ed era stato primo ministro della Slovacchia dal 2018 al 2020.
Come racconta il Post, “Durante la campagna elettorale ha molto parlato, tra le altre cose, della guerra in Ucraina, con argomenti molto vicini alla propaganda russa: ha accusato il suo avversario Korcok di essere un «guerrafondaio» e di voler inviare soldati slovacchi a combattere in Ucraina (un potere che il presidente della Slovacchia non avrebbe).”
Insomma, un tassello dell’Europa si sposta di qualche altro centimetro verso la Russia. In Ungheria invece c’è un fenomeno per alcuni versi opposti. Leggo sul Fatto Quotidiano che “Decine di migliaia di persone sono scese in piazza a Budapest per protestare contro il governo di Viktor Orban”, che è un governo anch’esso piuttosto vicino alla Russia di Putin.
Ora, non si capisce dai giornali italiani molto bene lo scopo della protesta. Anche perché a organizzarla è stato Peter Magyar, ex marito dell’ex ministra della Giustizia Judit Varga. Sia Varga che Magyar erano parte del governo ma erano stati di fatto fatti fuori dopo uno scandalo piuttosto complesso da spiegare, che aveva coinvolto anche la Presidente Katalin Novak. Novak e Varga si erano dimesse, in pratica, dopo essere state coinvolte nel perdono concesso a un uomo che aveva coperto un caso di pedofilia”.
Una storia abbastanza intricata, ma secondo gli interessati dietro ci sarebbe la macchina della propaganda del governo che aveva voluto farli fuori. Così adesso i due hanno organizzato delle manifestazioni di protesta, ma la cosa sorprendente è che – sempre stando ai giornali come il Fatto Quotidiano – queste manifestazioni hanno coinvolto diverse decine di migliaia di manifestanti che hanno sfilato gridando slogan come “Non abbiamo paura” e “Orban dimettiti”, gli slogan scanditi dai partecipanti alla protesta. Anche qui, osserveremo gli effetti nel prossimo futuro.
#Puglia
il manifesto – Bari, nuova bufera giudiziaria. E Conte fa saltare le primarie
il Post – La manifestazione a Bari contro il possibile scioglimento del comune
La Stampa – Lusso, champagne e vacanze da vip: chi è Maria Carmen Lorusso, la consigliera barese arrestata
Corriere della Sera – Perché tra Conte e Schlein è finita agli stracci: la lite Pd-M5S e l’inchiesta di Bari, punto per punto
#capitano Ultimo
la Repubblica – Il capitano Ultimo scopre il volto dopo 31 anni
#Greta Thunberg
RSI – Greta Thunberg fermata due volte vicino all’Aia
Greenme – Greta Thunberg arrestata a una manifestazione sul clima all’Aja
#radiazioni #Norvegia
la Repubblica – Norvegia, rilevate radiazioni nucleari: di che cosa si tratta
#Ungheria
Il Fatto Quotidiano – Ungheria, migliaia di manifestanti in piazza a Budapest per protestare contro il governo Orban: “Dimettiti, non abbiamo paura”
#Slovacchia
il Post – Peter Pellegrini è il nuovo Presidentre della Slovacchia