11 Dic 2024

Troppi reati ambientali in Liguria, ma noi possiamo fare molto – INMR Liguria #13

Scritto da: Emanuela Sabidussi
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I reati ambientali in Liguria sono alle stelle, quali e quanti sono? Parliamo anche di rifiuti, delle città sul podio e di quelle che hanno ancora molta strada da fare. Ma torniamo a parlare anche della nave rigassificatrice di Vado Ligure e di un evento che unisce divertimento, sana follia e ambiente.

“Se vai ad un matrimonio con 100 invitati in Liguria è probabile che 2 di loro siano stati denunciati per reati ambientali” questo vi ho appena letto è una dichiarazione rilasciata del presidente di Legambiente Liguria Stefano Bigliazzi, a commento dei numeri emersi dall’ultimo Rapporto Ecomafia curato da Legambiente e pubblicato da poco.

Solo in Liguria infatti negli ultimi 27 anni sono stati accertati oltre 36 mila reati in materia ambientale, parliamo di una media di 1.350 all’anno, ovvero quasi 4 reati al giorno solo nella nostra regione, e parliamo solo dei reati accertati. 

Il totale delle persone denunciate nello stesso arco di tempo è 29.335, una persona ogni 51 abitanti. I numeri sono allarmanti e per farvi comprendere quanto la situazione sia critica in proporzione alla grandezza della regione, pensate che in Liguria si commettono lo stesso numero di reati ambientali della Lombardia nonostante abbia quasi sette volte più abitanti.

I reati liguri sono maggiori rispetto ad altre regioni ben più grandi come Veneto, Emilia Romagna e Piemonte. 

E se paragoniamo la Liguria a regioni che hanno dimensioni e numero di abitanti paragonabile, beh, arriviamo a raggiungere il doppio dei reati ambientali di Marche e Abruzzo e addirittura  il triplo di Friuli e Trentino Alto Adige”.

E molti dei reati denunciati sono quelli contro gli animali. Il presidente di Legambiente, Bigliazzi, ha sottolineato in una nota stampa come “nel solo 2023 la provincia di Genova è addirittura al primo posto. Il fatto che molti di questi reati siano in materia di pesca illegale non è certo una scusante, anzi, significa che non sappiamo neanche rispettare la nostra più importante risorsa naturale, ovvero il mare”. 

Le risorse naturali sono tante e spesso rammentiamo di come potrebbero essere valorizzate meglio nella nostra regione, ma forse necessitiamo di fare un passo indietro e aumentare la consapevolezza verso il mondo naturale che ci circonda. Tante azioni in questi anni sono state organizzate per rieducare e rieducarci ad un nuovo modo di fare politica, di fare imprenditoria. Non solo all’interno delle scuole, o dentro alle mura di casa. 

Serve ancora molto e credo che ognuno e ognuna di noi possa fare di più per accelerare questo nuovo modo di vivere e rapportarci al resto del mondo, più in arominia e meno prevalicane e distruttivo. In molte conversazioni sento parlare del tema economico come il perno intorno al quale far girare le cose, e spesso questo diviene il limite e la scusante dietro al quale nascondersi per non mettere in discussione noi stessi e il modo in cui agiamo.

Il profitto è alla base del tipo di pesca che si utilizza, del modo in cui gestiamo gli allevamenti, o introduciamo o togliamo animali dal loro ambiente naturale. Da come gestiamo i rifiuti nelle nostre città o paesi. Dal tipo di abbigliamento che scegliamo per noi e i nostri figli. 

Credo che sia giunto il momento di fare un passo avanti e prenderci la nostra fetta di responsabilità: se possiamo divulgare e confrontarci con persone che hanno pensieri e visioni poco educate al tema ambientale, facciamolo. Se conosciamo o intuiamo possibili reati ambientali, denunciamoli. Il mondo è anche nostro e il profitto non può più essere una scusante valida per accettare le brutture.

E se vi venissero dubbi in tema di consapevolezza su ciò che possiamo o non possiamo fare per il benessere dell’ambiente e nello specifico degli animali vi invito a esplorare, leggere e interrogare la guida “Animali come noi”, che abbiamo realizzato con  Lav, ovvero l’associazione Lega Anti Vivisezione.

A fine novembre si è tenuta la settima edizione dell‘Ecoforum di Legambiente Liguria: un momento dedicato per fare il punto sull’economia circolare nella nostra regione coinvolgendo cittadini, ma anche studenti, amministrazioni locali, aziende del territorio.

In Liguria, la percentuale di raccolta differenziata è al 59,4%, quando vige l’obbligo di legge di raggiungere il 65% già dal 2012.  Sono 94 (su 234) i comuni che non raggiungono il 65% di r.d. Alcuni con dati particolarmente bassi, e alcuni sotto il 30%, tra cui Ventimiglia , Bargagli (GE) e Apricale.

22 i Comuni rifiuti Free ovvero i comuni che superano la soglia del 65% di raccolta differenziata e dall’altra parte però producono meno di 75 kg di rifiuto indifferenziato per abitante all’anno. Questi i due parametri utilizzati: in breve quindi produrre meno scarti e differenziare bene. 22: parrebbe una bella notizia che ce ne siano tanti (il tanto è relativo e lo sappiamo bene), ma in realtà non lo è. La regione Liguria è stata infatti negli anni scorsi in cima alle classifiche per la malagestione da una parte e per comuni che riuscivano ad essere baluardi per una gestione all’avanguardia e fuori dalla media regionale.

E purtroppo la tendenza è in calo: solo nel 2022 erano i comuni rifiuti free erano stati 25, e andando ancora più a ritroso nel 2020 erano 30. Ma quali sono questi comuni? Nella top five della classifica Ricco del Golfo (SP) con l’89,9% di raccolta differenziata e indifferenziato  pro capite residuo 40 kg/ab/anno; Vendone (SV) 84,6% e 44 kg/ab/anno, Balestrino (SV) 78,1% e 49 kg/ab/anno) Pieve Ligure (GE) 86,0% e 54 kg/ab/anno; Tovo san Giacomo (SV).

Come provincie, quella di La Spezia continua a mantenere risultati eccellenti con (il 76,2%, trainata dal Comune della Spezia che tocca l’81,4%, senza alcun comune al di sotto del 65% di raccolta differenziata, Situazione esattamente speculare ad Imperia, dove il capoluogo raggiunge un buon 68,8% mentre gli altri comuni della provincia abbassano notevolmente il dato.

La provincia di Savona sfiora il 65% di legge (63,3%) Negativo il dato della città di Genova (47,0%).

Ma non solo: si è parlato e analizzato anche il mondo  del tessile per sensibilizzare sulle problematiche del fast fashion, la moda usa e getta caratterizzata da cicli di produzione rapidi, costi bassi e non più sostenibili sia da un punto di vista sociale che ambientale. A tal proposito si è parlato anche dell’obbligo vigente dal 2022 in Italia sulla raccolta differenziata dei rifiuti tessili, obbligo al quale purtroppo non ancora tutti i comuni hanno fatto seguito.

Ma anche di costruzione di nuovi impianti ad hoc per chiudere il ciclo all’interno dei processi dell’economia circolare, a partire dalla frazione organica che incide per il 40% sul totale dei materiali a fine vita e per chiudere il tutto una tavola rotonda sulla legalità nel campo dei rifiuti. Tante informazioni, nuovi traguardi e un quadro necessario come punto di partenza. 

Dietro ai numeri e alle percentuali ci siamo noi, che ogni giorno scegliamo il cosa acquistare e come acquistarlo. Che scegliamo in che modo riciclare i nostri rifiuti, o come produrne il meno possibile evitando acquisti o facendo scelte più ecologiche che ad esempio non prevedano imballaggi. Siamo vicini alle festività natalizie e di fine anno, e sappiamo tutti e tutte che è uno dei periodi dell’anno in cui le nostre case purtroppo si riempiono di carte da regalo, imballi di plastica, scarti da pranzi e cene in cui si cucina in sovrabbondanza. Proviamo a fare la differenza quest’anno anche noi.

A volte ritornano e devo dire che in questo caso ne sono contenta. Torniamo a parlare del rigassificatore di Vado Ligure. Mnetre l’iter amministrativo prosegue, per ora non è giuta nessuna notizia sulla nomina di un nuovo Commissario. Dopo la vicenda giudiziaria che ha coinvolto Giovanni Toti, ex presidente di regione, e commissario straordinario di Governo per la realizzazione dell’opera, la questione è per ora rimasta in sospeso. 

Il neo eletto presidente di regione, Bucci, si è detto dichiarato contrario in fase elettorale, inserendo la questione anche all’interno del suo programma politico, ma non sono seguite ulteriori dichiarazioni e azioni.

A far riemergere e parlare del progetto, sottolineando ancora una volta il parere contrario di molti abitanti liguri, due nuove voci. La prima una lunga e dettagliata intervista pubblicata da IVG a Davide Virzì, direttore dell’Area Marina Protetta di Bergeggi, dove l’intervistato fa un’attenta analisi sulle possibili conseguenze ambientali dell’opera ai danni dell’Area Marina Protetta di Bergeggi,

Dice Virzì: “La rimozione della biomassa è l’aspetto più preoccupante. Si dice infatti che il rigassificatore assorba 18 milioni di litri d’acqua all’ora, che contengono uova di molluschi e piccoli pesci, plancton e così via, che dopo il processo vengono scaricati in mare senza vita dopo il trattamento con il cloro. Parliamo, in un anno, di milioni di miliardi di litri. La nave è a soli cinque chilometri dall’area protetta, una situazione così delicata dal punto di vista ambientale e così diversa, ad esempio, da quella di Livorno”.

Virzì affronta poi il problema del Santuario dei cetacei e dell’impatto dei rumori: “Tutti aspetti su cui mancano dati precisi e che sono invece da approfondire con cautela. Non è una cosa di poco conto preservare un ambiente così pregiato. D’altronde anche l’Ispra ha chiesto informazioni precise e dunque è giusto pretenderle”.

La seconda voce è quella di un gruppo del Comitato Civico #quellidellaCATENA, che nel pomeriggio di sabato 30 novembre ha animato Piazza Sisto IV a Savona con un flash mob anti rigassificatore. All’interno della nota stampa divulgata a seguito dell’evento, il comitato ha dichiarato che “ribadisce il proprio no e sollecita il Governatore Bucci a ritornare il prima possibile sulla questione affinché la sua contrarietà non sia stata solamente un richiamo elettorale ma si trasformi velocemente in azioni concrete”.

Insomma fidarsi è bene, ma è il caso di tenere alta la guardia. E anche noi lo faremo.

Rimaniamo a parlare di ambiente, ma questa volta parlando di una manifestazione sui generis che unisce divertimento ed ecologia: parla del terzo anno consecutivo del cimento invernale con pulizia della baia di Priaruggia nel levante genovese. Si tratta infatti di un evento (leggo dall’articolo di Genova Today) che unisce lo sport e il piacere di nuotare tutto l’anno con il cimento e la pulizia della baia e del suo fondale, senza dimenticare l’attività di divulgazione sui danni delle microplastiche e sull’importanza del rispetto dell’ambiente e dell’ecosistema, ma anche il primo soccorso.

Davide Rossi, presidente dell’Unione Sportiva Quarto, spiega a Genova Today: “Lo scorso anno hanno partecipato circa 230 persone, cento delle quali hanno fatto anche il cimento invernale in mare, numeri importanti che contiamo di replicare e superare, una bella giornata per dare un forte segnale sul rispetto dell’ambiente, per stare insieme e fare anche attività di sensibilizzazione su varie tematiche, dai danni dell’inquinamento da microplastiche e sulla prevenzione e la sicurezza in mare. 

Abbiamo preparato un percorso in dieci step in cui viene spiegato in maniera molto semplice, anche ai bambini, cosa si intende per ambiente marino ed ecosostenibilità e quali sono i danni e l’impatto sul mare e l’ambiente dei rifiuti abbandonati che finiscono nel nostro mare”

L’ho trovato un evento davvero interessante che dimostra come prenderci cura dei nostri mari, e ripristinare parte dell’inquinamento che abbiamo causato come specie umana, possa anche essere divertente e unire più persone in imprese non ordinarie, come immergersi in mare a dicembre. 

La procura di Genova ha indagato due agenti della polizia penitenziaria per la morte di Amir Dhouiou, il detenuto di 21 anni di origini tunisine, che si è ucciso il 4 dicembre nel carcere di Marassi, quartiere di Genova.

La pm Gabriella Dotto aveva aperto subito un fascicolo e aveva incaricato gli investigatori di acquisire le immagini di videosorveglianza per capire cosa fosse successo con esattezza.

Il giovane, accusato di furto e resistenza era stato messo al centro clinico, cioè la sezione speciale nella quale sono ospitati reclusi con particolari problemi di salute, e monitorati tutto il giorno. Il ragazzo aveva già tentato di uccidersi. Per questo gli investigatori vogliono capire se la sorveglianza a cui doveva essere sottoposto sia stata svolta correttamente o se non ci fosse modo per evitare il gesto nonostante tutti i controlli.

In Italia il problema delle carceri è un tema presente da tempo e la regione Liguria non è da meno. A ottobre scorso Primocanale ha pubblicato un’inchiesta sui problemi delle carceri liguri attraverso testimonianze, documenti e numeri.

Tra i numeri in evidenza ha parlato proprio del carcere di Marassi, l’istituto più grande della Liguria che ha aperto le sue porte nel lontano 1902. Da anni l’istituto lotta contro il problema del sovraffollamento, con numeri da capogiro: a ottobre 2024 Marassi ospitava 679 detenuti rispetto a una capienza massima di 550

“Le celle straripano di detenuti con più di 310 persone in attesa di giudizio definitivo e il numero di stranieri che è sopra al 50% del totale delle persone detenute. Secondo i sindacati molte sono tossicodipendenti o affette da patologie psichiatriche, rendendo il clima ancora più esplosivo”. Le denunce riguardano spesso il sovraffollamento, la carenza di organico e il provveditorato di Torino, competente per Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta e colpevole secondo i sindacalisti di non trasferire i detenuti violenti liguri ma anzi, “di farne arrivare di nuovi dai carceri delle altre regioni”.

Contemporaneamente alla complessa vita dell’istituto genovese, sono tanti i detenuti che seguono percorsi formativi o prendono parte a realtà come quella del Teatro dell’Arca, direttamente all’interno della casa circondariale, uno spazio dove chi deve scontare una pena può staccare e immedesimarsi nella vita di altri, costruito da detenuti per i detenuti e inaugurato nel 2016

Nell’imperiese come a Genova pesa il sovraffollamento, caratterizzato da numeri minori ma sempre importanti: nel mese di ottobre 265 detenuti su un numero massimo di 223. A settembre sono stati almeno cinque gli episodi di violenza denunciati dai sindacati. Tra gli ultimi quello che ha visto una ventina di detenuti rifiutarsi di far rientro in cella e finire per devastare la terza sezione, già oggetto di vandalismi a fine agos

C’è poi il carcere di Chiavari: il 90% dei detenuti è tossicodipendente (molte delle persone detenute sono in carcere per reati legati allo spaccio o all’uso di sostanze) ma anche i traffici illeciti, ma si parla anche del carcere di Imperia con al centro la carenza di organico e quello di La Spezia, dove l’edificio è fatiscente a causa di gravi infiltrazioni d’acqua e un alto numero di suicidi, il più alto in tutta la Liguria. 

Il tema è quanto mai complesso da approcciare e gestire: le difficoltà sono tante e il disagio aumenta. Si parla spesso di educazione e supporto al disagio come strumento di prevenzione, ma si dibatte nei salotti politici e dei media sul ruolo con cui le carceri sono nate e si sono trasformate, passando dal solo compito punitivo fine a se stesso, a quello rieducativo. E come si fa a rieducare, sensibilizzare qualcuno nel degrado? Come spesso accade il problema di pochi, è il risultato di qualcosa di molto più ampio. 

Da qualche giorno è stata pubblicata la storia di Banda Biscotti che arriva dal carcere di Verbania,si tratta di un progetto che amalgama sapientemente diversi ingredienti: lavoro nelle carceri, inclusione, prodotti biologici, mercati solidali e reinserimento sociale.

Leggo dall’articolo “In un contesto di generale peggioramento delle condizioni nelle carceri, i progetti lavorativi mostrano risultati strabilianti: secondo i dati del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL) i detenuti che hanno un contratto di lavoro hanno un tasso di recidiva del 2%, contro quasi il 70% della media nazionale. In altre parole chi ha la possibilità di lavorare durante la reclusione, quando finisce la sua detenzione non torna più a delinquere.

Purtroppo la percentuale di persone che lavora nelle carceri oggi è minoritaria a causa della mancanza di fondi e strutture adeguate. Parliamo di oltre 18.000 persone su una popolazione carceraria che si attesta attorno alle 56.000, circa il 35%.

Dati alla mano, il lavoro carcerario rappresenta il miglior modo per riabilitare chi ha commesso dei crimini. E i vantaggi non sono solo per i carcerati. Il fatto che chi esce dal carcere non torni quasi mai a delinquere diventa una garanzia di sicurezza e serenità anche per il resto della società. Insomma, conviene a tutti.” 

L’esempio di Banda Biscotti è uno, ma ce ne sarebbero molti altri e sono lì, visitabili e contattabili da tutti e tutte per far comprendere come il ruolo delle carceri e dei reclusi, potrebbe cambiare oggi stesso lo volessimo, trasformandosi da un problema, come viene spesso identificato, ad una risorsa utile per tutti quanti.

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