Anche il 2024 ha fatto cose buone! Le notizie più incredibili dell’anno trascorso – #1035
Ve lo confesso, ho ricevuto pressioni per non fare questa puntata. Prima mi ha chiamato il direttore di Rai1, qualche giorno fa, pregandomi di rinunciare, perché da quando il 31 esce lo speciale di INMR lo share del mega show di capodanno di Rai1 è andato a picco. Poi ho ricevuto un pizzino da parte del Comandante dei Corazzieri, che mi diceva se per favore facevo un passo indietro, per non mettere in imbarazzo il Presidente, che si sa è un tipo mite ma anche bello competitivo e non vuole sfigurare nel suo discorso di fine anno.
Ma qua signori miei non si cede alle intimidazioni. E quindi ecco a voi l’appuntamento più atteso dell’anno, quello con le migliori notizie del 2024. Che sì, va bene, diciamocelo, non sarà stato l’anno migliore di sempre, però ha fatto anche cose buone. E qui vi ripercorro quelle che a mio modesto avviso sono state le migliori. Ah, e se arrivate alla fine, c’è un contenuto bonus che sono sicuro apprezzerete molto!
In queste ore in cui si parla molto dell’incarcerazione della giornalista Cecilia Sala in Iran, voglio iniziare questa puntata parlando di liberazioni, sperando che sia di buon auspicio. Il 25 giugno 2024 è stata una giornata difficile da dimenticare per chi ha a cuore la libertà d’informazione. Perché in quel giorno, l’uomo simbolo dell’informazione libera a livello mondiale, colui che aveva avuto il coraggio di smascherare i crimini di guerra dell’esercito Usa in Iraq, Afghanistan, colui che aveva creato un sistema criptato per desecretare documenti segreti, insomma Julian Assange, è stato liberato dopo anni di detenzione ingiusta e arbitraria.
Il fatto che la sua detenzione fosse ingiusta non lo dico io eh! Assange era rinchiuso dal 2019 nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh a Londra non perché fosse accusato di qualcosa nel Regno Unito, ma semplicemente perché era in attesa che la corte si esprimesse sulla sua estradizione negli Usa, dove sarebbe stato accusato di aver violato segreti militari e dove rischiava fino a 175 anni di carcere.
Le sue condizioni psicofisiche erano drammatiche e continuavano a peggiorare mentre dalla società civile, e poi pian piano anche da alcuni governi, giornali ecc, si moltiplicavano appelli alla sua liberazione. Che alla fine, così, di punto in bianco e senza che nessuno se l’aspettasse, è avvenuta una notte di giugno. Quando i giornalisti hanno appreso la notizia Assange era già in volo verso le Isole Marianne Settentrionali, dove si è presentato davanti ad una corte statunitense, si è dichiarato colpevole del reato di uso improprio di documenti ufficiali, ha ricevuto una sentenza a cinque anni, ovvero quelli già trascorsi a Belmarsh, ed è uscito dal tribunale come uomo libero. A quel punto ha preso un volo per l’Australia dove ha riabbracciato la moglie e i figli.
In realtà questo epilogo arriva dopo mesi e mesi di preparazione segreta, che hanno portato a un patteggiamento fra i legali di Assange e la giustizia statunitense. La liberazione di Assange è stata forse, a livello emotivo e puramente personale, la notizia più bella e incredibile di questo 2024. Sebbene Assange stesso, che a ottobre ha partecipato al Consiglio d’Europa dove ha tenuto un discorso molto bello e molto duro sull’informazione.
Ha detto: “Voglio essere assolutamente chiaro: non sono libero perché il sistema ha funzionato. Sono libero perché mi sono dichiarato colpevole di aver fatto giornalismo“. E ha aggiunto: “La criminalizzazione delle attività di raccolta di notizie è una minaccia per il giornalismo investigativo ovunque“. Insomma, la liberazione di Assange è una notizia fantastica, ma la sua storia resta comunque una macchia per la libertà d’informazione nelle democrazie occidentali, e rischia di essere un monito per altre persone in futuro. Perché il prezzo per raccontare la verità non possono essere anni di detenzione arbitraria e una vita distrutta. Altrimenti c’è il rischio che nessuno sia disposto a pagarlo quel prezzo.
Sempre nel 2024, c’è stata una vicenda simile a quella di Assange, più nel piccolo, e che soprattutto è iniziata e si è conclusa per fortuna nel giro di pochi mesi. È la vicenda del fondatore di Sea Shepherd Paul Watson, vera e propria icona della lotta per la difesa degli oceani e delle balene.
Nel luglio 2024, Paul Watson, fondatore di Sea Shepherd e noto attivista contro la caccia alle balene, è stato arrestato a Nuuk, in Groenlandia, su mandato internazionale emesso dal Giappone. Le autorità giapponesi lo accusavano di aver ostacolato le operazioni di una baleniera nel 2010, rischiando una pena fino a 15 anni di carcere.
Durante la detenzione, Watson ha richiesto asilo politico alla Francia, dove risiede con la famiglia, ricevendo sostegno da figure come il presidente Emmanuel Macron. Dopo cinque mesi di custodia, il 17 dicembre 2024, forse anche grazie alle molte pressioni e al sostegno ricevuto da Watson, la Danimarca decide di non procedere con l’estradizione, ordinando il suo rilascio.
Anche Watson, come Assange, lascia il carcere groenlandese, riaffermando il suo impegno nella difesa degli oceani e nella lotta contro la caccia alle balene.
Anche se il 2024 ha continuato ad essere costellato di conflitti, 56, il numero più alto di guerre dalla fine della seconda guerra mondiale a questa parte, sono successe un po’ di cose interessanti e incoraggianti anche sul fronte politico, geopolitico, dei conflitti, delle rivoluzioni pacifiche e delle lotte per i diritti.
In Bangladesh, ad esempio, c’è stata una sorta di rivoluzione pacifica spesso definita come la “rivoluzione della Generazione Z”. In pratica un movimento guidato principalmente da studenti universitari, ha portato alla caduta del governo della prima ministra Sheikh Hasina, in carica dal 2009.
In seguito alla caduta del governo, gli studenti hanno invitato Muhammad Yunus, considerato l’inventore del microcredito, premio Nobel per la pace e figura chiave della finanza etica a livello mondiale, a guidare il governo ad interim. Yunus ha accettato il ruolo di consigliere capo, impegnandosi a realizzare riforme politiche ed economiche per promuovere la democrazia e la giustizia sociale nel paese.
Nel vicino Myanmar, sprofondato in una crisi politica e umanitaria devastante dopo il colpo di stato del 2021, è importante segnalare le azioni dell’opposizione alla giunta militare, in particolare quella guidata da movimenti civili clandestini che resistono e lottano per costruire un Myanmar più giusto e inclusivo, nonostante le violenze e i rischi enormi.
Così come è difficile non considerare una bella notizia – al netto di tutte le incertezze e i dubbi del caso – la caduta del regime baathista di Assad in Siria, e la liberazione di centinaia di prigionieri politici. Il regime baathista in Siria, noto per decenni di oppressione, torture sistematiche e violazioni dei diritti umani. Abbiamo visto nelle ultime rassegne come il futuro rimanga incerto e vi sia il rischio che altre forze autoritarie riempiano il vuoto di potere, così come certamente abbiano influito interessi esteri e giochi geopolitici più grandi sulla caduta del regime ma per chiunque tenga ai diritti umani, la fine di un regime che ha devastato il proprio popolo non può passare inosservata.
Spostandoci in Africa, nel 2024 ci sono state le elezioni in Ghana e Botswana che sono state caratterizzate dall’emergere di un modello di democrazia pacifica. In Ghana, le istituzioni democratiche hanno retto alla prova del voto, cosa che non era per niente scontata visto il clima di profonda sfiducia e crisi economica, politica e sociale che hanno caratterizzato la fase pre-elettorale.
In Botswana c’è stata una storica e pacifica transizione di potere con Il Botswana Democratic Party che ha perso la maggioranza parlamentare dopo 58 anni di potere ininterrotto – praticamente aveva guidato il paese sin dall’indipendenza dal Regno Unito – e ha vinto per la prima volta il partito di opposizione, l’UDC, che non c’entra niente con Clemente Mastella ma è l’Umbrella for Democratic Change, che ha ottenuto una vittoria storica e appunto il tutto è avvenuto in maniera molto pacifica, molto più pacifica ad esempio delle elezioni Usa.
Infine, voglio segnalare un atto più simbolico che pratico, ma molto molto potente, ovvero l’emissione di mandati di arresto da parte della Corte Penale Internazionale contro i due principali registi del massacro di civili a Gaza, ovvero il premier israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della difesa Yoav Gallant. Una decisione, quella della corte, che ha segnato un momento storico e un precedente fondamentale. È la prima volta che una corte internazionale incrimina figure politiche di alto profilo provenienti dall’Occidente, rompendo una percezione diffusa di impunità per le potenze globali.
Un gesto che ha anche smascherato l’ipocrisia di molti governi occidentali, come quello USa, lo stesso governo italiano e diversi altri, che subito hanno attaccato e criticato la Corte, mostrando un pericoloso doppio standard. Ma l’importanza del gesto della Corte rimane, anzi forse assume ancor più valore perché per la prima volta mostra una reale indipendenza di giudizio.
Nel 2024 l’Europa ha continuato ad essere una avanguardia mondiale in campo di legislazione ambientale. Veramente.
Pronti via e il Parlamento europeo approvato la direttiva contro il greenwashing rendendo l’etichettatura dei prodotti più trasparente e vietando dichiarazioni ambientali ingannevoli come “eco” o “naturale” se non supportate da prove. Vengono consentiti solo marchi di sostenibilità certificati.
Ad aprile ha approvato la direttiva sulle case green, per rendere più efficienti dal punto di vista energetico gli edifici in tutta Europa. È una norma che obbliga i Paesi membri a ristrutturare gli edifici più vecchi e meno efficienti, portandoli a standard minimi di prestazione energetica entro il 2030 e il 2033. L’idea è di ridurre le emissioni prodotte dal riscaldamento e dal raffreddamento degli edifici, contribuendo così alla transizione energetica e alla lotta contro il cambiamento climatico.
E la cosa interessante è che per per la prima volta si mette un limite massimo ai consumi energetici complessivi degli appartamenti, che è un fatto che potrebbe aiutare a limitare gli effetti deleteri del cosiddetto effetto rimbalzo, o rebound, un meccanismo economico per cui se si punta solo sull’efficienza energetica, va a finire che i consumi complessivi aumentano.
Sempre ad aprile, il Parlamento Europeo vara la riforma del regolamento sul cosiddetto “diritto alla riparazione” che introduce regole più stringenti sulla riparabilità dei prodotti e impedisce alle aziende di mettere in atto la cosiddetta obsolescenza programmata, ovvero un modo di progettazione per cui i prodotti sono progettati per guastarsi in fretta, in modo che le aziende possono continuare a venderne di nuovi. Con questa normativa invece l’Europa obbliga i produttori a fornire informazioni chiare sulla riparabilità dei prodotti, che siano smartphone, pc, elettrodomestici e tanto altro ancora, a garantire la disponibilità di pezzi di ricambio e offrire riparazioni a prezzi ragionevoli.
L’obiettivo è promuovere un consumo più sostenibile e ridurre i rifiuti elettronici. Fra l’altro essendo un regolamento in questo caso non c’è bisogno di recepimenti da parte delle nazioni europee, entra direttamente in vigore così com’è. Se la cosa vi interessa trovate sotto fonti e articoli la nuova puntata di Soluscions proprio su questo tema.
Poi a giugno arriva la direttiva sul ripristino della natura, che si concentra sul recupero degli ecosistemi degradati in Europa, come foreste, zone umide e praterie. È una delle misure più ambiziose della strategia europea per la biodiversità, che punta a riportare almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell’UE a uno stato di buona salute entro il 2030. Sappiamo che la perdita di biodiversità è uno dei rischi maggiori per la sopravvivenza della nostre specie e di tante altre su questo pianeta. L’obiettivo di questa legge è proprio contrastare la perdita di biodiversità e rendere gli ecosistemi più resilienti ai cambiamenti climatici, garantendo al contempo benefici per l’agricoltura, la pesca e le comunità locali.
Infine a ottobre giunge la direttiva sulla qualità dell’aria, che invece punta a ridurre fino ad azzerare (azzerare!) l’inquinamento atmosferico nei Paesi europei (dove fra l’altro l’inquinamento sta già diminuendo costantemente da anni) stabilendo limiti più severi per sostanze nocive come le polveri sottili (PM2.5 e PM10) e il biossido di azoto (NO2).
L’obiettivo è migliorare la salute pubblica e riducendo il numero di malattie e morti premature legate all’inquinamento, e in generale garantire che i cittadini abbiano accesso ad un’aria pulita e a informazioni chiare sulla qualità dell’aria che respirano. Non male eh! Che sì, l’Ue avrà un sacco di difetti e li sappiamo tutti, però, ecco, insomma.
Restando in Europa, alcuni Paesi poi hanno fatto delle leggi davvero innovative. A marzo la Francia ha approvato una legge innovativa contro il cosiddetto fast fashion, ovvero quelle catene di abbigliamento che sparano decine di collezioni all’anno inducendo le persone ad acquistare e gettare compulsivamente.
La legge vuole ridurre l’impatto ambientale dell’industria tessile. E quindi vieta la pubblicità per abiti a basso costo, introduce una tassa ambientale progressiva su ogni capo e obbliga i produttori a informare i consumatori sull’impatto ecologico della loro produzione.
I proventi della tassa saranno utilizzati per sostenere i produttori di moda sostenibile, cercando di riequilibrare un mercato oggi dominato da giganti come Shein e Temu, simboli dell’ultrafast fashion. Ed essendo Parigi il centro della moda globale, la legge punta a dare un segnale forte al mercato internazionale, spingendo verso modelli di consumo più sostenibili.
Ad aprile invece la Grecia ha deciso di vietare la pesca a strascico nelle sue aree marine protette, anticipando le politiche UE. Il divieto entrerà in vigore nel 2026 per i parchi nazionali marini e nel 2030 per tutte le aree protette, con l’istituzione di due nuovi grandi parchi nel mar Ionio e nel mar Egeo.
Con questa mossa, le aree protette greche supereranno il 30% delle acque nazionali, ben sopra la media UE. Il governo investirà 780 milioni di euro e userà droni per garantire il rispetto delle regole.
Ma forse la legge più incredibile di quest’anno arriva dalla Danimarca, che domenica 17 novembre ha approvato la prima tassa al mondo sulle emissioni agricole, che include nel compiuto persino il metano prodotto dalle flatulenze del bestiame. L’imposta entrerà in vigore nel 2030, perché prevede giustamente alcuni anni di transizione essendo la Danimarca uno dei paesi con più allevamenti intensivi al mondo, e prevede che gli agricoltori paghino 16 euro per tonnellata di CO₂ equivalente, cifra che salirà a 40 euro entro il 2035.
L’obiettivo complessivo dell’operazione è ridurre di 1,8 milioni di tonnellate le emissioni di gas serra entro il 2030 e creare 100.000 ettari di nuove foreste. E, sorprendentemente, niente proteste di trattori: anzi, la legge è stata accolta con applausi dal mondo agricolo e dalle associazioni.
Il segreto di questo successo sta in nn processo lungo e ben orchestrato. Dal 2021, il governo ha avviato un’enorme operazione culturale per abituare il paese al cambiamento: investimenti in formazione per chef, educazione scolastica su diete vegetali, ricerca su nuovi alimenti sostenibili e un riposizionamento economico del paese. Parallelamente, è stato messo in piedi un processo decisionale inclusivo, con agricoltori, sindacati e ambientalisti che hanno collaborato alla stesura del testo, per arrivare a una legge condivisa.
Un modello che è stato accolto con applausi anche alla Cop29, con il negoziatore danese Aagaard che ha lanciato un invito: che questo esempio ispiri altri paesi europei, troppo spesso bloccati da proteste o conflitti interni. Quindi, ecco, non solo una tassa, ma una vera masterclass di cambiamento che ci mostra una volta di più che il “come” facciamo le cose è il vero punto di svolta, molto di più del cosa facciamo.
Notizia di questi giorni, ne abbiamo parlato giusto In Islanda, le elezioni del 30 novembre hanno segnato una svolta storica. Il nuovo governo, guidato dalla Prima Ministra socialdemocratica Kristrún Frostadóttir, è composto esclusivamente da partiti con leadership femminile, in un contesto politico dove anche la Presidente della Repubblica, Halla Tomasdottir, è una donna. Questo risultato, ottenuto senza imposizioni di quote, rappresenta un simbolo di avanguardia.
Intendiamoci, non penso che un governo di sole donne sia automaticamente migliore di un governo di soli uomini eh. Ma il fatto che esista mi sembra che dimostri in maniera lampante che in alcuni luoghi del mondo la parità di genere è stata ampiamente raggiunta. E questa è un’ottima notizia.
Nel 2024 è arrivata un’altra bella spallata al paradigma della crescita economica. Il che è una bella notizia, perché plausibilmente nel medio termine l’unico modo per continuare ad abitare questo pianeta è liberarci dal paradigma della crescita infinita del pil.
Questa volta la spallata è arrivata direttamente dalle Nazioni Unite. Un rapporto delle Nazioni Unite curato da Olivier De Schutter, relatore speciale sulla povertà estrema, ha affermato che la convinzione che il PIL possa risolvere la povertà globale è definita un “mito pericoloso”.
E poi ha smontato punto punto varie false credenze. A partire dal cosiddetto “trickle-down”. In pratica la teoria secondo cui la ricchezza creata dai più abbienti gocciolerebbe verso i meno privilegiati non trova riscontro nella realtà; la ricchezza resta concentrata nelle mani di pochi.
Inoltre la crescita economica è legata all’estrazione eccessiva di risorse, alla crisi climatica e alla distruzione degli ecosistemi. Il modello attuale supera i limiti planetari (planetary boundaries) in vari ambiti, inclusi clima, biodiversità e uso del suolo.
Anche nei paesi poveri spesso la crescita avviene sfruttando risorse e manodopera per alimentare il benessere del Nord globale, senza migliorare le condizioni locali.
Quindi ecco, dopo che negli anni passati abbiamo visto come l’Ue e altri organismi internazionali abbiano iniziato a mettere in discussione il fatto che la crescita possa essere disaccoppiata dalle sue conseguenze ambientali negative, quest’anno arriva una grossa botta dalle nazioni unite legata alla convinzione che la crescita aiuti a sconfiggere la povertà. Ma quindi a che serve sta crescita, se non a concentrare sempre più ricchezza nelle mani di pochi, con costi ambientali e sociali altissimi? Probabilmente a nient’altro. Ed è per questo che è così difficile sbarazzarcene. Ma ci stiamo arrivando.
Dopo secoli di caccia industriale che le aveva quasi estinte, le balenottere azzurre antartiche, gli animali più grandi mai esistiti sulla Terra, potrebbero finalmente essere in ripresa. I sistemi di monitoraggio acustico hanno registrato un aumento costante dei loro canti nell’Oceano Meridionale tra il 2006 e il 2021, segnale che la popolazione potrebbe crescere, o che stiamo migliorando nel rilevarle, in entrambi i casi una buona notizia.
Questa specie è fondamentale non solo per la sua maestosità, ma anche per il ruolo cruciale nella lotta al cambiamento climatico. Le balene, con i loro movimenti, trasportano nutrienti dai fondali in superficie, favorendo il fitoplancton, che sequestra il 40% della CO₂ globale.
Se davvero stanno tornando, è un segnale di speranza per la biodiversità e il clima. E oltre alle balenottere azzurre diverse specie hanno dato importanti segnali di ripresa, dalle tigri, al rinoceronte nero, ad alcune specie di lince, e anche negli ambienti più antropizzato sono ricomparsi animali un tempo scomparsi, come i castori in diverse regioni italiane, i lupi, gli orsi.
Anche in Italia sono successe cose interessanti. In particolare sta prendendo piede il modello delle cosiddette città 30. Una delle prime notizie del 2024, è che Dal 16 gennaio, Bologna è diventata ufficialmente la prima città metropolitana, insomma la proima città grande grande a diventare “Città 30” ovvero una città con il limite di velocità ridotto a 30 km/h nella maggior parte delle strade urbane.
Un cambiamento che ha suscitato molte polemiche inizialmente (soprattutto polemiche politiche), ma che sta già dando risultati importanti. Sono calati del 10% gli incidenti totali, sono calati del 33% /di un terzo) i morti sulla strada, si è ridotto l’inquinamento, e in parallelo sono aumentate le persone che usano la bici o i mezzi pubblici!
È un cambiamento che non riguarda solo la velocità, ma un nuovo modello di città, più vivibile e sostenibile, con marciapiedi più larghi, piste ciclabili e spazi pedonali. Una misura simile a quelle già adottate in città europee come Parigi e Berlino.
Anche qui, c’è una puntata di Soluscions dedicata a questo tema, se vi interessa.
Prima di salutarci e augurarci buon anno, eccola bonus track che stavate aspettando. Ho chiesto al nostro direttore Daniel Tarozzi di ripercorrere le storie più belle che abbiamo raccontato in questo 2024 in modo da fare non solo un meglio del 2024 nel mondo ma anche un meglio del 2024 di ICC. A te Daniel!
Audio disponibile nel video / podcast
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