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18 Febbraio 2025
Podcast / Io non mi rassegno

Ucraina, cambia tutto – #1043

Trump sta cercando di chiudere in fretta la questione ucraina con un cessate il fuoco, parlando direttamente con Putin e lasciando l’Europa fuori dalle trattative, mentre Macron convoca un vertice europeo d’emergenza a Parigi e a Riad USA e Russia si incontrano per negoziare. Nel frattempo la guerra in Ucraina ha fatto aumentare le emissioni globali dell’aviazione. Parliamo anche di otto castori che in Repubblica Ceca hanno costruito una diga meglio degli umani e dell’Olanda che ha vietato l’abbattimento dei pulcini maschi. Tra geopolitica, natura e clima, oggi vediamo come tutto sia connesso, spesso in modi inaspettati.

Autore: Andrea Degl'Innocenti
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Questo episodio é disponibile anche su Youtube

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A quasi tre anni dall’inizio della guerra in Ucraina, l’elezione di Trump a nuovo presidente americano sembra aver dato una svolta al conflitto, con gli Usa che da principale sostenitore militare di Kyiv sono diventati il principale mediatore di pace

Mercoledì scorso, il 12 febbraio, Donald Trump ha avuto una telefonata di 90 minuti con il presidente russo Vladimir Putin. Un evento senza precedenti, considerando che Joe Biden ha evitato ogni contatto diretto con il leader russo dall’inizio del conflitto.

Secondo le indiscrezioni, i due avrebbero concordato di avviare immediatamente dei negoziati di pace. Solo dopo Trump ha chiamato il presidente ucraino Zelensky per un’ora di colloqui. Ma la sensazione è che Trump voglia sistemare in fretta e furia la questione ucraina, facendone una questione a due fra lui e Putin, e sostanzialmente lavandosene le mani, e poi dedicarsi ad altro.

Secondo quanti riportano i principali media Usa, il piano di Trump si baserebbe su due punti chiave:

  1. Porre fine alla guerra con la diplomazia, portando Russia e Ucraina al tavolo delle trattative.
  2. Il passaggio della responsabilità della sicurezza dell’Ucraina dagli Usa all’Europa, con l’Ue che dovrebbe avere, a detta di Trump, il compito di armare Kyiv e garantire la sua sicurezza.

Non sappiamo ancora dettagli a livello dei confini ucraini, ma il nuovo Segretario alla Difesa USA, Pete Hegseth ha dichiarato apertamente che riportare l’Ucraina ai confini del 2014 – che era l’obiettivo dichiarato dell’Amministrazione Biden e del governo Zelensky – è un obiettivo irrealistico e che insistere su questa linea non farebbe altro che prolungare il conflitto. Inoltre, ha chiarito che l’adesione dell’Ucraina alla NATO – quel percorso che solo lo scorso luglio era stato definito irreversibile dai paesi NATO – non è più sul tavolo

Per garantire la pace, secondo Trump e Hegseth, serviranno truppe europee (e non NATO) in Ucraina con una missione di peacekeeping. Inoltre, l’America non manderà suoi soldati e l’Articolo 5 della NATO (quello sulla difesa collettiva) non si applicherà all’Ucraina. Insomma, una sorta di neutralità forzata per Kyiv, che potrebbe essere la chiave secondo la nuova amministrazione Usa per una pace duratura.

Comunque, questo protagonismo nella mediazione per la pace ha creato un certo scompiglio tra i leader europei, che si sentono tagliati fuori dalle trattative. Anzi, ancora peggio, si sentono tirati in ballo nelle conseguenze della decisione, senza avere voce in capitolo sulla decisione stessa.

Ieri c’è stato una sorta di vertice d’emergenza, convocato dal Presidente francese a Macron a Parigi nel tentativo di trovare una strategia comune e non farsi tagliare fuori dalle trattative per la pace. Un vertice diciamo esclusivo, che coinvolgeva solo alcuni capi di stato dei paesi considerati più influenti. Una strategia vera e propria comunque non è che sia proprio emersa, anche per via delle spaccature interne all’Unione con alcuni governi, in primis quello italiano, che sono un po’ a metà fra la partecipazione europea e diciamo le sirene trumpiane. 

Anche il governo ucraino sembra turbato da questa iniziativa a due fra Trump e Putin. Zelensky ha dichiarato che “senza gli USA, le garanzie di sicurezza non sono reali”, e che non riconoscerà nessun piano di pace che non contempli l’ucraina nella sua negoziazione.

Persino a livello interno americano la proposta ha diviso anche la politica americana. I falchi repubblicani e i democratici pro-guerra non vedono di buon occhio un ritiro degli USA, e probabilmente faranno di tutto per sabotare i negoziati. Dall’altro lato, alcuni democratici potrebbero cogliere l’occasione per riscoprire il loro lato pacifista e spingere per una soluzione diplomatica.

Trump però tira dritto. Oggi, martedì 18, a Riad, due delegazioni di Stati Uniti e Russia si incontreranno per discutere un possibile cessate il fuoco, senza coinvolgere né l’Europa né l’Ucraina. La delegazione russa sarà guidata dal ministro degli Esteri, Sergéi Lavrov, e dal consigliere del Cremlino, Yuri Ushakov mentre per gli Stati Uniti, è prevista la partecipazione del segretario di Stato, Marco Rubio, del consigliere per la Sicurezza Nazionale, Mike Waltz, e dell’inviato presidenziale per il Medio Oriente, Steve Witkoff. Quindi comunque pezzi grossi, che dovrebbero spianare la strada per un incontro Trump-Putin. 

Ora che dire. Trump, sta facendo il Trump, ma in fin dei conti sta rispettando quello che ha promesso. Una pace forzando la mano e la tutela degli interessi americani. Da un lato si tratta perlomeno di una strategia piuttosto onesta. Non si può rimproverare a Trump di tramare cose nell’ombra o di edulcorare la realtà, o di spacciare interessi geopolitici dietro la difesa di certi valori. 

E come dicevamo qualche tempo fa, probabilmente un cessate il fuoco è meglio di continuare ad alzare l’asticella del conflitto, come invece ha fatto per buona parte l’amministrazione Biden. Certo è che questo scenario apre a diversi interrogativi.

Innanzitutto mette l’Europa di fronte alla propria pochezza geopolitica. L’Europa sarà in grado di colmare questo gap e di garantire un equilibrio, e magari una progressiva pacificazione reale con la Russia? Oppure affidare la difesa di Kiev all’Ue vorrà dire affidare l’Europa alla Russia, solleticando ulteriori appetiti di Putin?

Poi ci sono anche altri temi. Come notano ad esempio  Medea Benjamin and Nicholas JS Davies su Sheer Post, Se da un lato l’iniziativa trumpiana per la pace in Ucraina ha un peso enorme, c’è anche il rischio che il vero obiettivo sia solo spostare l’attenzione su altre battaglie. Sempre il segretario alla difesa Hegseth ha spiegato che il Pentagono ora si concentrerà su due priorità:

  1. La lotta all’immigrazione negli USA.
  2. Il confronto con la Cina.

In pratica, secondo i due analisti, gli Stati Uniti vogliono lasciare l’Europa a gestire l’Ucraina mentre si preparano a uno scontro geopolitico ben più grande. Come verrà gestito il confronto scontro con la Cina? Sarà un confronto commerciale o ci sarà un’escalation? 

Insomma, ci sono tanti punti interrogativi. Al netto di tutti questi però, devo fare i conti io per primo con i miei bias personali e cercare di fare in modo che la mia personale poca simpatia per Trump, mettiamola così, non mi faccia riconoscere che comunque il fatto che perlomeno ci sia dialogo e si parli per la prima volta da 3 anni di cessate il fuoco in Ucraina è un passo in avanti importante. perché, parere mio, una pace fatta male è comunque meglio di una guerra fatta bene.

E perché la guerra causa migliaia di conseguenze negative, dalle più drammatiche, come la morte di migliaia di persone, a cose apparentemente più piccole ma non trascurabili. Vi porto un esempio fra i tanti prendendo spunto da un articolo a firma di Riccardo Liguori su GreenMe che spiega che la guerra in Ucraina sta avendo conseguenze pesanti anche a livello climatico, non solo per il suo impatti diretto, ovvero le emissioni di tutto il comparto bellico e la distruzione ambientale che ne consegue, ma per un effetto difficile da prevedere.

In pratica, molte compagnie occidentali hanno dovuto evitare lo spazio aereo russo, allungando di parecchio i percorsi e aumentando le emissioni di CO₂. Il risultato è stato un +1% di emissioni globali dal settore aereo, che in termini assoluti significa 8,2 milioni di tonnellate di CO₂ in più in un solo anno.

Un incremento significativo, insomma. All’interno di un settore già molto impattante e che lo sta diventando ancora di più, pensate un po’, proprio per via della crisi climatica. Perché come mostra un altro studio con l’aumento delle turbolenze atmosferiche per via del clima che cambia i voli diventano meno efficienti e consumano di più. 

Ovviamente il problema dei voli aerei è un problema che va molto al di là della guerra in Ucraina, ma in un sistema in cui tutto è connesso, gli effetti negativi della guerra vanno ben al di là di quelli che riusciamo a prevedere e immaginare. E quindi una pace, se arriverà, è comunque qualcosa da celebrare.

A volte gli ecosistemi naturali sanno essere più efficienti di noi nel risolvere i problemi. E c’è un caso di questi ultimi giorni, bellissimo, che ha in sé qualcosa di emblematico, paradossale, profondo e divertentissimo, che racchiude bene questo concetto. 

Siamo in Repubblica Ceca dove – racconta il Post – un gruppo di castori ha risolto un problema che gli umani stavano cercando di sistemare da anni: costruire una diga per proteggere un fiume. E l’hanno fatta gratis, senza chiedere permessi, fondi pubblici o attendere lungaggini burocratiche.

Tutta la vicenda si svolge nella zona protetta di Brdy, a sud di Praga. Qui, già nel 2018, l’agenzia ambientale ceca voleva costruire una diga per evitare che l’acqua di due laghi, che è molto molto acida, finisse nel fiume Klabava danneggiando i gamberi di torrente, una specie protetta. Ma, tra enti che non si mettevano d’accordo e documenti che si perdevano nei meandri della burocrazia, sono passati sette anni… e questa benedetta diga non si è mai fatta.

Poi sono arrivati loro, otto castori (8 castori!) che senza fare troppi discorsi, senza chiedere bolli e permessi e senza lauree in ingegneria si sono messi al lavoro e hanno costruito ben quattro dighe naturali nel giro di poco tempo. E lo hanno fatto molto meglio di come avrebbero fatto un numero equivalente di ingegneri, senza nulla togliere agli ingegneri. Tant’è che non solo hanno risolto il problema del fiume, bloccandone lo sbocco, ma hanno anche allagato una zona del parco creando una zona umida molto più grande di quella prevista dagli umani, migliorando la biodiversità dell’area.

Considerate che le zone umide come le paludi, le lagune, i delta dei fiumi, le torbiere sono ambienti fondamentali da tanti punti di vista: filtrano l’acqua, offrono rifugio a tantissimi animali e aiutano anche a prevenire le inondazioni. E i castori, con le loro dighe, hanno costruito una gigantesca zona umida in maniera del tutto spontanea e gratuita. 

Sono gli stessi castori che spesso sono finiti al centro della polemica politica per presunti danni causati. In Polonia il primo ministro Donald Tusk li ha accusati di aver indebolito gli argini dei fiumi contribuendo alle alluvioni dello scorso settembre.

Stavolta però sembrano essere tutti d’accordo. La Repubblica Ceca si è risparmiata oltre 1 milione di euro di lavori pubblici, il fiume è salvo e la biodiversità è migliorata. Niente male, insomma. 

A parte gli aspetti ironici di tutta la vicenda, e l’immagine indubbiamente comica dei castori che battono sonoramente la burocrazia, devo dire che questa vicenda ci mostra come a volte, più che “proteggere” la natura, la cosa migliore da fare sarebbe mettere la natura nelle condizioni di rigenerarsi. Con buona pace della burocrazia. 

Torniamo su GreenMe per un’altra bella notizia che arriva dai Paesi bassi, di cui parla Germana Carillo. 

In pratica anche in Olanda , come è già avvenuto in altri paesi, sta avvenendo una vera e propria rivoluzione nell’industria delle uova: il governo ha annunciato che entro il 2026 verrà vietata l’uccisione dei pulcini maschi appena nati. Un passo importante per il benessere animale, considerando che, fino a oggi, milioni di pulcini ogni anno venivano eliminati – come succede praticamente ovunque – subito dopo la schiusa perché considerati “inutili” per la produzione di uova. 

La ministra dell’Agricoltura olandese però ha ufficializzato la decisione e, insieme alle associazioni per la protezione degli animali e ai rappresentanti del settore, ha tracciato un percorso per arrivare al divieto totale. Con questa mossa, l’Olanda si aggiunge a un piccolo ma crescente gruppo di paesi – tra cui l’Italia, Francia e Germania – che hanno deciso di porre fine a questa pratica considerata brutale.

La soluzione alternativa utilizzata è il cosiddetto ovo sessaggio, una tecnologia che permette di determinare il sesso del pulcino mentre è ancora nell’uovo, evitando così di far nascere quelli destinati a essere abbattuti. Le incubatrici olandesi, a quanto pare, sono già pronte per questa transizione, segno che il paese sta affrontando il cambiamento con pragmatismo e determinazione. La ministra Wiersma ha dichiarato con orgoglio che questo passo permetterà di salvare circa 7 milioni di pulcini ogni anno.

In Italia una legge simile è stata approvata nel 2022, ne parlammo all’epoca. Ma la situazione è un po’ più confusa. La legge italiana del 2022 prevede il divieto di abbattimento dei pulcini maschi, ma il problema è che manca ancora l’atto pratico per renderla effettiva. Il governo avrebbe dovuto approvare i decreti attuativi entro il 7 aprile 2024, ma finora nulla si è mosso. Il rischio, quindi, è che la legge resti solo sulla carta e che milioni di pulcini continuino a essere uccisi ogni anno con metodi dolorosi.

La chiave, anche in Italia, sarebbe l’implementazione dell’ovo sessaggio su larga scala. Ma, mentre in Olanda si sono già attrezzati, qui non risultano ancora fondi stanziati per aiutare le aziende a fare il passaggio. Un ritardo davvero colpevole, perché la legge c’è, basterebbe metterla in pratica.

Le rinnovabili, in particolare eolico e fotovoltaico, sono il pilastro della transizione energetica, le nostre migliori alleate nella lotta al cambiamento climatico, ma la loro diffusione incontra spesso resistenze sui territori. La realizzazione dei grandi impianti necessari alla transizione infatti ha spesso un impatto notevole a livello locale, deturpa paesaggi, sottrae suolo e non lascia grandi ricchezze a chi quei territori li abita.

Ne abbiamo parlato nell’ultima puntata di INMR+, in cui abbiamo appunto esplorato le tensioni tra sviluppo delle rinnovabili e tutela dei territori dando voce a posizioni diverse, per capire se un dialogo è ancora possibile. Lo abbiamo fatto in compagnia di Maurizio Onnis, sindaco di Villanovaforru, patria della prima comunità energetica di Sardegna, e con Lorenzo Tecleme e Giovanni Mori, entrambi ex attivisti di Fridays for Future, il primo giornalista e il secondo ingegnere ambientale, attivista climatico e divulgatore scientifico.

Se il tema vi interessa, puntata raccomandatissima! E anche molto complicata devo dire, perché è forse la puntata più difficile che mi sia capitato di fare da quando faccio INMR+.

Ve la lascio sotto FONTI E ARTICOLI.

Voglio chiudere con un areticolo del Fatto quotidiano che parla di un libro. Il lobro è quello del filosofo Byung-Chul Han, si chiama Contro la società dell’angoscia e secondo la tesi che sostiene l’angoscia per la crisi climatica, così come per pandemie e guerre, non aiuta ad affrontare i problemi, ma paralizza e rende impotenti

Nel libro sostiene che questo stato di paura continua non solo soffoca l’azione collettiva, ma alimenta il risentimento, rafforza il populismo e indebolisce la democrazia. L’unico antidoto, secondo Han, è la speranza, che non è né ottimismo ingenuo né pensiero positivo consumistico, ma una forza che orienta, dà senso e spinge all’azione.

La climate fiction e la narrazione catastrofista, dice il filosofo, rischiano di contribuire alla diffusione dell’angoscia, togliendo il futuro ai movimenti ambientalisti. Invece, per affrontare davvero la crisi climatica, serve una politica della speranza, che crei un senso di comunità e mobiliti le persone verso un cambiamento concreto, anziché isolarle nella paura. Per Han, il futuro si costruisce con la fiducia nel cambiamento, non con la rassegnazione all’apocalisse.

Ecco, devo dire che il fatto che un grande filosofo come Han supporti questa tesi è una grande iniezione di fiducia per il lavoro che facciamo quotidianamente su ICC, in cui cerchiamo di mostrare il cambiamento in atto, per permettergli di fiorire ulteriormente. 

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