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11 Aprile 2025
Podcast / Io non mi rassegno

Ordine pubblico, disordine democratico: cosa c’è nella versione definitiva del decreto sicurezza – 11/4/2025

Il decreto sicurezza introduce norme più repressive su dissenso e immigrazione. Roger Hallam avverte sul rischio estinzione e invoca soluzioni tecnologiche estreme.

Autore: Andrea Degl'Innocenti
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decreto sicurezza

Questo episodio é disponibile anche su Youtube

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Trascrizione della puntata:

Con le follie dei dazi è passata un po’ in sordina questa roba — e ammetto che me la sono persa pure io. Ma dobbiamo parlarne. Il 4 aprile, il Consiglio dei Ministri ha approvato il cosiddetto decreto sicurezza

Un attimo, direte voi, ma non si chiamava DDL sicurezza? Com’è che adesso si chiama decreto? Perché l’iter che stava seguendo questo disegno di legge, che era l’iter classico, si è interrotto bruscamente quando pochi giorni prima la Commissione Bilancio del Senato lo aveva bloccato per mancanza di copertura finanziaria e l’aveva rinviato alla Camera.

A quel punto il governo ha deciso di fare in un altro modo. Ha ignorato la richiesta del Senato e ha approvato comunque la legge attraverso lo strumento del decreto legge, uno strumento che consente al governo di intervenire rapidamente su temi ritenuti urgenti – poi ci sono 60 giorni per convertirlo in legge ordinaria – ma che spesso viene utilizzato anche in assenza di reali motivi di urgenza, bypassando di fatto il dibattito parlamentare. In questo caso, molti osservatori hanno sottolineato che l’urgenza sembrerebbe più politica che sostanziale.

Nel senso, non c’è un’emergenza in corso e quindi non c’era motivo di fare questa procedura accelerata. Solo un brutto vizio, devo dire abbastanza trasversale alla politica da un po’ di anni a questa parte, di bypassare il dibattito parlamentare, che dovrebbe essere il cuore della nostra democrazia.

Comunque, vediamo cosa prevede nel dettaglio questo decreto. Il decreto è composto da 34 articoli e tocca diversi ambiti: ordine pubblico, manifestazioni, forze di polizia, giustizia penale, immigrazione. In realtà ricalca quasi in maniera identica il DDL sicurezza, di cui abbiamo già parlato in passato qui su INMR. Comunque vediamo i punti principali. Ve li leggo per come li spiega Annalisa Camilli su Internazionale:

◆ Più tutele per la polizia e i militari in servizio. Gli agenti di polizia in servizio saranno dotati di bodycam (un dispositivo di registrazione audio, video e fotografico). Gli agenti e militari indagati o imputati per abusi avvenuti durante il servizio non saranno sospesi, e lo stato sosterrà le loro spese legali, fino a diecimila euro per ogni fase del procedimento.

◆ Sanzioni più dure per le proteste e i blocchi stradali. Nel decreto c’è un’aggravante (che fa aumentare la pena fino a un terzo) per il reato di danneggiamento di beni, se viene commesso con violenza o minaccia nei confronti di una persona. La punizione in questo caso può arrivare fino a cinque anni di carcere e 15mila euro di multa. In più, per il nuovo il reato di lesioni personali gravi o gravissime a un pubblico ufficiale in servizio potrà scattare l’arresto in flagranza, se avviene durante manifestazioni pubbliche. L’articolo 26 del ddl sicurezza, che prevedeva da uno a cinque anni per chi partecipa a una rivolta con atti di violenza o minaccia o resistenza all’esecuzione degli ordini impartiti anche se la resistenza è passiva, è stato lievemente ritoccato nel decreto legge. Ma è stato mantenuto il principio della punibilità della resistenza passiva che le opposizioni hanno ribattezzato “norma anti-Gandhi”. Il blocco stradale, che ora è un illecito amministrativo, diventa un reato. Potrà essere punito con un mese di carcere e una multa fino a 300 euro. Ma se avviene nel corso di una manifestazione, e sono più persone a bloccare la strada, allora la pena può arrivare fino a sei anni.


◆ Reato di resistenza in carcere, nei Cpr e negli hotspot. È introdotto il reato di rivolta all’interno di un carcere, che colpirà tutti coloro che promuovono, organizzano, dirigono o partecipano a una rivolta che coinvolge tre o più persone. Sarà punito chi commette atti violenti o minacce, ma anche chi resiste passivamente e si limita a non seguire gli ordini impartiti “per il mantenimento dell’ordine e della sicurezza”. Le stesse regole si applicheranno anche nei Cpr, ma non nei centri di accoglienza per migranti.

◆ Sim per i migranti. Per acquistare una sim telefonica, un migrante dovrà presentare un documento d’identità, non più il permesso di soggiorno come previsto dal ddl in precedenza.

◆ Sanzioni più dure per chi protesta contro le grandi opere. Il decreto modifica alcuni articoli del codice penale in materia di violenza, minaccia o resistenza a un pubblico ufficiale e interviene nel caso in cui la violenza o la minaccia sia commessa per impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica. Il decreto fa saltare la “neutralizzazione” delle attenuanti rispetto alle aggravanti, ma allo stesso tempo, mentre il ddl aumentava la pena di un terzo, il decreto è più severo perché l’aumenta della metà. La dicitura “opera pubblica” e “infrastruttura strategica” è sostituita da “infrastrutture destinate all’erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici”.

◆ Maggiori tutele per i servizi segreti. Dal decreto è saltato l’obbligo della pubblica amministrazione a collaborare con i servizi segreti, norma che era stata denunciata sia dalle università sia dall’ordine dei giornalisti, ma sono previste maggiori tutele per gli agenti dell’intelligence.

◆ Revoca della cittadinanza. È già possibile revocare la cittadinanza italiana a una persona che l’ha acquisita, se è condannata in via definitiva per specifici reati. La revoca prima poteva essere disposta entro tre anni dalla condanna definitiva, ora il periodo è esteso a dieci anni.

◆Criminalizzazione della cannabis light. È vietato importare, cedere, lavorare, distribuire, commerciare, trasportare, inviare, spedire e consegnare le infiorescenze della canapa coltivata, la cosiddetta cannabis light. Ma rispetto alla prima versione della norma il divieto non si applica alla produzione agricola di semi per gli usi consentiti dalla legge.

◆ Aggravante se un reato è commesso in una stazione. Per i reati non colposi contro la vita e l’incolumità, contro il patrimonio o contro la libertà personale, sarà un’aggravante il fatto che il reato sia stato commesso dentro (o nelle vicinanze di) una stazione ferroviaria, una metropolitana o dentro un vagone.

◆ Reato di occupazione abusiva di immobili. Nasce un reato per chi occupa abusivamente un immobile abitato da altri o se ne appropria con un raggiro. Si rischiano fino a sette anni di carcere, se il reato è commesso contro persone anziane o inferme, oppure su edifici pubblici, si può procedere d’ufficio.

◆ Reato di truffa per gli anziani. Un nuovo reato è dedicato alla truffa aggravata nei confronti di anziani. Sarà punito con pene da due a sei anni di carcere, e una multa fino a tremila euro.

Insomma, come vedete a parte forse l’ultimo punto sugli anziani, gli altri sono tutti elementi che vanno verso una maggiore repressione del dissenso, una maggiore repressione nelle carceri e nei confronti delle persone migranti e maggiori poteri a forse dell’ordine e servizi segreti. Quindi emerge l’immagine di uno stato più oppressiovo, e che cerca di risolvere tutto con l’uso della forza e delle punizioni. 

E infatti diverse associazioni, giuristi e realtà della società civile segnalano i rischi di una compressione dei diritti fondamentali e di un uso eccessivo dello strumento penale per rispondere a fenomeni sociali e politici complessi.

Ad esempio Secondo il Forum disuguaglianze e diversità, il provvedimento rischia di colpire soprattutto chi manifesta dissenso, chi è in condizioni di fragilità economica o sociale, e chi si mobilita per diritti e ambiente.

L’associazione Antigone lo ha definito “un decreto repressivo e illiberale”, mentre il magistrato Nello Rossi ha messo in discussione anche la legittimità dell’uso del decreto legge per introdurre nuove fattispecie penali, sottolineando la mancanza di un dibattito parlamentare adeguato.

Non benissimo.

Forse conoscerete Roger Hallam. È un attivista ambientale del Regno Unito ed è il co-fondatore di Extinction Rebellion, uno dei gruppi di attivismo climatico più conosciuti e attivi degli ultimi anni. È stato recentemente condannato a 4 anni di carcere per le sue proteste ambientali – cosa di cui si è discusso molto nel Regno Unito – ed è famoso per le sue analisi molto taglienti, a volte provocatorie, ma mai banali.

L’ultima della lista è un lungo articolo, credo che originariamente fosse una newsletter, dal titolo “Perché la razza umana si estinguerà in questo secolo”. Una robina leggera leggera insomma. Al suo interno Hallam affronta la possibilità di un’estinzione umana entro la fine del XXI secolo a causa dei cambiamenti climatici.​

Al di là del titolo forse un po’ catastrofista, Hallam solleva almeno due questioni interessanti. La prima è che, dice Hallam, la scienza climatica è troppo ottimista perché analizzano i vari fattori singolarmente, ma non considerano le interazioni fra fattori, che tendono ad amplificare l’effetto. 

Cioè: si analizzano i vari elementi, e i vari punti critici, i vari cicli di retroazione separatamente, ma si studiano ancora troppo poco le interazioni fra di essi. Per spiegare questo concetto Hallam usa la metafora del Monopoli, il gioco da tavola in cui, una volta che inizi a perdere, diventa sempre più difficile recuperare. Non vi sto qui a rifare tutto l’esempio perché è un po’ lungo, ma il punto è: ogni decimo di grado in più di temperatura rende molto più difficile fermare il fenomeno, in maniera non lineare, perché i vari elementi si influenzano fra di loro e sono intrinsecamente connessi.

Ora, su questo primo punto non sono del tutto d’accordo, senza mancare di rispetto a un mostro sacro come Hallam, però in realtà i modelli climatici più avanzati, tipo l’ultimo standard CMIP6 fanno proprio questo, si chiamano coupled models perché tengono assieme il più possibile tutti i fattori e cercano di studiarne le interazioni e prevederne l’andamento.

Poi, non è detto che comunque non possano essere sottostimate, ma non è che proprio non lo stiamo facendo ecco. Quello che però mi sembra interessante del discorso di Hallam , che Hallam non dice in realtà, ma che mi ha fatto scaturire come riflessione, è che i modelli non considerano (perché è molto molto difficile farlo) le reazioni delle società umane al cambiare delle variabili e del contesto. Cioé: come reagiranno le nostre società agli inevitabili sconvolgimenti climatici? Perché spesso le società nei momenti di stress tendono a mettere in atto comportamenti irrazionali, conflittuali, e quello sì potrebbe essere un ciclo di retroazione positivo che va a rafforzare il cambiamento climatico stesso.

Cioé, è possibile che all’aggravarsi della situazine, ad esempio con l’innalzamento dei livelli del mare e con i fenomeni estremi sempre più frequenti, inondazioni, incendi, uragani, le varie società e le persone invece di cooperare per risolvere il problema, tendano a proteggere quello che hanno e scannarsi a vicenda, evitando di cercare soluzioni efficaci. E questa è una roba che un po’ dobbiamo considerare. Più ritardiamo l’azione climatica più diventa socialmente difficile attuarla. 

E questo è un punto interessante. L’altro punto che ho trovato interessante, forse ancora più controverso ma che proprio per questo è interessante analizzare, soprattutto venendo da qualcuno che è al di sopra di ogni sospetto per quanto riguarda la buona fede e la dedizione alla causa, è che Hallam sostiene che ormai i punti critici siano superati e che sia inutile puntare su politiche di semplice riduzione graduale delle emissioni, ma che invece si debba puntare su soluzioni tecnologiche. Insomma che l’unica speranza che abbiamo per sopravvivere alla crisi climatica sia sì smettere di bruciare combustibili fossili, ma anche costruire una società talmente avanzata tecnologicamente da saperla arginare. 

Che sono due strade diametralmente opposte. Perché la riduzione delle emissioni, per farla davvero, va a braccetto con politiche economiche di decrescita, post crescita, comunque con la fine di un modello di crescita economica infinita. Mentre Hallam sostiene che ormai siamo fuori tempo massimo per questo genere di politiche e che dovremmo puntare su un ulteriore sviluppo tecnologico. 

Vi leggo proprio il passaggi operché è molto interessante: “è possibile che, grazie alla geoingegneria e ad altri sviluppi tecnologici, si possa invertire il processo di riscaldamento globale. Tuttavia, è discutibile che questa tecnologia esista e, se esiste, che possa essere impiegata su scala nel tempo disponibile, dati i suoi enormi costi e in un contesto di collasso sociale diffuso.

Senza questo intervento, tuttavia, l’estinzione umana è di fatto inevitabile. Al momento ci sono solo due possibilità. Il primo: mantenere un’economia e una società “altamente sviluppate”, in grado di sviluppare queste tecnologie. Oppure la fine dell’esistenza dell’umanità. Non esiste un terzo scenario, né una regressione o una progressione verso una società premoderna compatibile con la continuazione della vita umana. Ci sono solo due equilibri. La geoingegneria o l’estinzione”.

Anche qui, mi sembra che la metta giù un po’ tanto netta, nel senso che se i punti critici li abbiamo oltrepassati o no, in realtà, non lo sappiamo. E poi c’è il tema che non esiste solo il cambiamento climatico come problema, ma esistono parecchi altri limiti planetari che una società ipertecnologizzata dovrebbe in qualche modo controllare e tenere a bada, e al momento mi sembra che una maggiore tecnologia abbia spesso coinciso con più danni agli ecosistemi e non più capacità di riparazione.

Detto ciò, penso che il tema sia angosciante ma anche molto stimolante e che la domanda dobbiamo farcela, prima di andare col pilota automatico verso soluzioni che magari ci piacciono, ci fanno star bene, ma magari non sono più risposte adeguate alla situazione attuale. Non dico che sia per forza così. Ma che dobbiamo provare a ragionare fuori dalle nostre convinzioni.

Anche oggi vi segnalo una novità legata al nostro nuovo sito. Ieri vi ho parlato delle news, e oggi invece vi segnalo la sezione podcast. Perché è bella via. Abbiamo sempre fatto un sacco di cose ma in passato erano finite un po’ affastellate e si erano sedimentate negli anni in strati davvero difficili da esplorare.

E invece adesso se andate nella sezione podcast trovate tutti i podcast che abbiamo realizzato in questi anni e potete andarveli a spulciare. Ad esempio potete andarvi ad ascoltare, se non l’avete fatto, Padre Mio, il podcast in cui il nostro direttore Daniel tarozzi dialoga con suo padre – che è uno studioso di culture tradizionali e sciamaniche, sulla spiritualità, la vita la morte l’universo e tutto quanto.

Oppure Non funzionerà mai, il podcast in cui abbiamo ricontattato 10 anni dopo alcune delle esperienze più forti e iconiche che abbiamo intervistato per vedere se hanno retto alla prova del tempo. Se vi va, fatevi un giro.

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