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28 Marzo 2025
Podcast / Io non mi rassegno

Il summit dei “volenterosi” spiegato, e tutto il resto – 28/3/2025

Tra summit bellici, spyware governativi e tensioni africane, l’aria è densa: l’Europa si prepara, i servizi spiavano attivisti, e il Sud Sudan rischia un nuovo collasso.

Autore: Andrea Degl'Innocenti
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summit volenterosi

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Ieri a Parigi si è tenuto il cosiddetto “summit dei volenterosi”, un incontro a cui hanno partecipato i leader politici di una trentina di Paesi – tra cui l’Italia – con l’obiettivo specifico di rafforzare il sostegno all’Ucraina ribadire le sanzioni alla Russia.

Innanzitutto, volenterosi, parliamone. Che vuol dire? Perché sono di quei termini che a un certo punto i giornali iniziano a usare dandoli per scontato. L’espressione è stata coniata dal primo ministro britannico Keir Starmer e dal presidente francese Emmanuel Macron, che hanno promosso l’iniziativa e che facevano riferimento al fatto che è un gruppo su adesione volontaria, quindi non è un gruppo preesistente, come che so, il G20, o cose del genere.

Il termine “coalizione dei volenterosi” però non è nuovo. E richiama un fatto storico un filino controverso. Era stato già usato nel 2003 da Bush per definire l’alleanza per l’invasione dell’Iraq. Oggi viene rispolverato in un contesto diverso ma con logiche simili: una rete di Paesi che, su base volontaria, si coordinano per agire fuori dai vincoli più rigidi della diplomazia multilaterale.

Quindi, questo è il contesto. Provo a farvi un mega riassunto di quello che è emerso.

Innanzitutto, Macron ha lanciato l’idea di una forza europea di “rassicurazione” che guiderebbero Francia e Regno Unito. Che è una roba un po’ ambigua. Anche nella scelta del termine – qui ci sarebbe da fare una parentesi anche sui termini scelti, che suonano molto – appunto – rassicuranti: volenterosi, forza di rassicurazione. 

Se ci pensate, anche il piano RearmEu di Von der Leyen è stato subito modificato nel readiness 2030, essere pronti per il 2030, quindi mi pare che in generale ci sia un tentativo di normalizzare nel lessico dei piani che sono sostanzialmente dei piani bellici.

Ma non divaghiamo: che sarebbe questa forza di rassicurazione? L’idea, non del tutto dettagliata, sarebbe quella di schierare delle forze militari in zone strategiche – ma non in prima linea – a supporto dell’esercito ucraino. Quindi truppe europee in suolo ucraino. Una mossa pensata – questo almeno per come viene raccontata – più per dissuadere la Russia da attaccare che per combattere realmente. 

Quello che è già stato stabilito è che i capi di Stato maggiore di Francia, Regno Unito e Germania – ovvero i massimi responsabili militari delle forze armate di un Paese – andranno a Kiev per pianificare il supporto militare futuro.

Un altro punto fondamentale è stata la volontà emersa dal summit di continuare con le sanzioni contro la Russia. Il premier britannico Keir Starmer ha accusato il governo russo di tattiche dilatorie, ovvero di fingere di essere disposto a un cessate il fuoco ma solo per prendere tempo e intanto continuare l’offensiva. E su questo c’era un certo allineamento.

All’incontro era presente anche il presidente ucraino Zelensky, dal che ha ringraziato per il supporto, ma anche chiesto chiarezza su chi partecipa, con quali mezzi, entro quando.

E poi c’era Giorgia Meloni, che ha ribadito il sostegno all’Ucraina, ma ha escluso ogni coinvolgimento diretto di truppe italiane. Ha invece rilanciato l’idea di una cornice euroatlantica per le garanzie di sicurezza, richiamandosi all’articolo 5 della NATO, quello sulla difesa collettiva e spingendo per un coinvolgimento degli Stati Uniti. Che non fanno parte al momento di questa coalizione.

Ecco, questo è all’incirca il sunto. Ora, tocca chiedersi, dove ci sta portando tutto questo? Non ho la risposta, ovviamente. Provo a fare qualche osservazione più macroscopica, poi facciamo qualche ipotesi.

Lato europeo, si continua a osservare quella che potremmo definire una ossessione del riarmo. Volontà di inviare truppe in Ucraina, piano di riarmo, ma anche – ne abbiamo dato notizia con una News – il piano Eu Preparedness Union Strategy, presentato dalla Commissione proprio ieri 26 marzo, in cui si incoraggiano i cittadini/e europei ad avere scorte essenziali di medicine, cibo e altro utile alla sopravvivenza per almeno 72 ore, torcia elettrica e fiammiferi, power bank, una radio per sapere cosa succede, documenti personali, contanti e un coltellino svizzero.

Che poi boh, forse se sono MacGyver ci faccio anche qualcosa con queste cose ma sennò.

Comunque al di là delle battute in Europa si respira questo clima qua, e c’è anche il rischio, non so dire se in qualche modo volontario, di creare la famosa profezia che si autoavvera, ovvero di instaurare una psicosi della guerra per cui ci si riarma, si preparano le persone e alla fine si creano le precondizioni per cui la guerra alla fine scoppia davvero.

Comunque, dall’altro lato continuiamo a vedere un riavvicinamento Usa-Russia. Non solo i colloqui di pace di Riad ma anche altre piccole cose. Ad esempio, sempre notizia di ieri, la Russia si è detta pronta a fornire una centrale nucleare per una futura missione su Marte guidata da Elon Musk. Con l’inviato di Putin che propone una videoconferenza con Musk per discutere l’idea. Che consisterebbe alla fine nel costruire una alleanza Usa Russia nella colonizzazione di Marte, perché Musk – almeno a parole – punta a lanciare Starship verso Marte entro fine 2026, con un possibile sbarco umano tra il 2029 e il 2031 e, nel lungo periodo, la costruzione di una città autosufficiente. 

Il riavvicinamento Usa-Russia, in ottica Usa, è anche molto in funzione anticinese. Trump non ha mai fatto mistero che il suo obiettivo finale sia attaccare la Cina – quando dico attaccare intendo innanzitutto commercialmente, non per forza, o per ora, militarmente. 

E su questo devo dire che invece ci sono dei contatti dire particolari fra Europa e Cina. Sempre ieri il ministro degli Esteri francese ha sostenuto che la Cina potrebbe svolgere un ruolo nel portare la Russia al tavolo dei negoziati per porre fine alla guerra in Ucraina. Giorni addietro si parlava di una partecipazione cinese nella missione di peacekeeping europea in Ucraina. 

Insomma, ci sono tante cose che si muovono. Non so dire cosa vogliano dire. Diciamo che ci sono due macro scenari. Uno è che tutto questo sia sostanzialmente più un gioco dell parti che un cambiamento reale. Se ricordate Trump era stato il primo a dire che era l’Europa a doversi occupare dell’Ucraina, e quindi il tutto sia un po’ il gioco del poliziotto buono-poliziotto cattivo, ma che in fin dei conti l’Ue / i volenterosi stiano facendo esattamente il gioco degli Usa. 

Una seconda ipotesi è che invece ci sia realmente un allontanamento fra Ue e Usa e che l’Europa si stia cercando di proteggere non solo da Putin ma anche da Trump, se vogliamo, o perlomeno dalla loro alleanza, cercando persino una sponda cinese.

Non ne abbiamo mai parlato, ma forse è giunto il momento di farlo. Non so se Caso Paragon vi dice qualcosa, ma è una roba abbastanza grossa. Ne parla Domani con due articoli piuttostodettagliati in cui ricostruisce la vicenda. In pratica è venuto fuori l’Aise, l’Agenzia per la sicurezza esterna, una delle principali agenzie di Intelligence italiane, ha spiato gli attivisti della ong Mediterranea Saving Humans usando Graphite, un potentissimo spyware – quindi un software spia – israeliano in grado di infiltrarsi nei telefoni senza alcuna azione da parte dell’utente. 

Ad ammettere questa cosa, candidamente, è stato lo stesso sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, che lo ha confermato al Copasir, che è il comitato parlamentare che vigila sull’operato dei servizi segreti. Tutto regolare, tutto secondo le norme, secondo il governo.

Il caso è esploso diverse settimane fa quando alcuni attivisti e giornalisti italiani hanno ricevuto una notifica da Meta (Facebook/Instagram/WhatsApp) e, successivamente, una conferma dal Citizen Lab dell’Università di Toronto sul fatto che i loro telefoni erano stati infettati da Graphite, uno spyware sviluppato dall’azienda israeliana Paragon.

Tra i colpiti c’erano attivisti della ong Mediterranea Saving Humans, tra cui Luca Casarini, suo storico volto, e Francesco Cancellato, direttore di Fanpage.

All’inizio, il governo aveva negato ogni coinvolgimento ma grazie al lavoro delle procure, del Copasir e di alcune testate giornalistiche (come Domani), è emerso che lo spyware era stato effettivamente usato dai servizi segreti italiani, in particolare dall’Aise, contro soggetti ritenuti legati all’immigrazione “illegale”.

Il caso è diventato ancora più controverso perché:
– Le intercettazioni preventive non sono utilizzabili nei processi,
– Alcuni dei bersagli erano impegnati a collaborare con la Corte penale internazionale,
– Non c’è ancora chiarezza su chi abbia autorizzato il monitoraggio e con quali motivazioni.

Comunque Graphite è un software classificato come “zero click”, in grado di trasformare uno smartphone in un microfono portatile senza che il proprietario se ne accorga. Il punto è però: perché si è scelto di spiare proprio questi soggetti?

Secondo Domani, il sospetto è che il governo abbia voluto monitorare le attività della ong in relazione al caso Almasri, il generale libico accusato di torture e crimini contro i migranti, recentemente rimpatriato dall’Italia su un volo di Stato, nonostante un mandato di arresto della Corte penale internazionale. Mediterranea, infatti, sta raccogliendo nomi e testimonianze proprio per la Cpi.

Secondo Luca Casarini, tra i volti più noti dell’organizzazione, la vicenda non finisce qui. «Non basta sapere che a spiarci sono stati i servizi. Ora vogliamo sapere il perché», ha dichiarato in un’intervista a Domani, annunciando una nuova denuncia per abuso di potere. La ong, dice, non è certo una minaccia alla sicurezza nazionale e non agisce per fini terroristici – le due condizioni che, per legge, giustificherebbero un’intercettazione preventiva.

Ma il caso non si limita agli attivisti. Anche il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, è stato colpito da Graphite. In questo caso la questione è ancora più oscura. Il giornalista – che fra l’altro essendo pubblicista e non professionista è escluso dalle tutele dell’art.17 della legge sui servizi segreti – ha anche lui ricevuto una notifica da Meta e una conferma dal Citizen Lab di Toronto. Ma in questo caso nessuno si è assunto la responsabilità dello spionaggio: non l’Aise, non l’Aisi, né le forze dell’ordine. Quindi chi lo ha spiato? E perché?

Su questo non si sa praticamente niente, e devo dire che è un aspetto molto inquietante. Intanto le procure vanno avanti: al momento sono cinque quelle che indagano, coordinate dalla Direzione nazionale antimafia, e si ipotizza di affidare l’analisi dei dispositivi a un unico consulente tecnico. Ci aggiorniamo.

Chiudo con una notizia che arriva dal Sud Sudan, perché mercoledì, il 26 marzo, è stato arrestato Riek Machar, vicepresidente del governo di coalizione, e questa cosa rischia di far sprofondare il paese nel caos. 

Innanzitutto, per non dare niente per scontato, il Sud Sudan è un paese abbastanza recente, nato nel 2011 dopo anni di guerra civile dopo un referendum sulla scissione dal Sudan. Ma nella sua breve vita è stato molto travagliato. Tant’è che è scoppiata quasi subito una guerra civile, terminata con un accordo di pace nel 2018.

Accordo che aveva stabilito una condivisione del potere assegnando la presidenza a Salva Kiir, leader di una delle due fazioni in lotta, e la vicepresidenza al suo storico rivale, Rieck Machar. 

Con l’arresto di Machar però si apre un nuovo capitolo perché, come ha dichiarato l’opposizione, l’Accordo di Pace viene annullato. A dare notizia dell’arresto è lo stesso partito del vicepresidente, secondo cui il ministro della Difesa e il capo del Servizio di sicurezza nazionale (NSS) sarebbero entrati nella residenza di Machar a Juba, la capitale, con un convoglio di venti veicoli pesantemente armati. 

Questo fatto si registra in un clima di tensione che va avanti da diverse settimane a seguito di una serie di scontri tra l’esercito governativo e le milizie fedeli a Machar e alcuni arresti di alleati politici e militari vicini al vicepresidente. 

Al momento il presidente Kiir sembra voler consolidare la propria posizione e probabilmente escludere Machar. Considerate che Kiir al potere dal 2011, anno di fondazione del paese, ma non è mai stato realmente eletto. Nel 2018 era stata fatta la concessione a Machar di essere suo vice per mettere fine alla guerra. Nel dicembre 2024 avrebbero dovuto tenersi delle elezioni ma sono state rinviate di due anni. Adesso la situazione rischia di tornare di nuovo incandescente.

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