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4 Maggio 2023
Podcast / Io non mi rassegno

48 ore di tempesta sul Nord Italia – #721

Ha piovuto per 48 ore ininterrotte su buona parte dell’Italia e le conseguenze di questo evento climatico sono state numerose e gravi. La domanda è: è stata una lezione utile? E cosa ha che fare la pioggia con lo sgombero di un edificio occupato a Bologna? Ma parliamo anche della situazione in medio-oriente, di alcuni provvedimenti interessanti che riguardano gli animali in Corea del Sud e in Nuova Zelanda e degli ultimi sviluppi sulla vicenda dell’orsa JJ4.

Autore: Francesco Bevilacqua
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In Emilia Romagna è piovuto più nelle ultime 48 ore che nei precedenti quattro mesi. La situazione più critica si è registrata nel ravennate, dove un uomo è morto travolto da una piena, centinaia di persone sono state evacuate dalle loro abitazioni e diversi fiumi hanno rotto gli argini. La diga di Ridracoli ha tracimato, decine di scuole sono rimaste chiuse, molte linee ferroviarie sono state interrotte e il presidente della Regione Bonaccini ha chiesto lo stato d’emergenza.

Vi invito a seguire i principali media nazionali che si stanno concentrando sugli avvenimenti dando molte informazioni dettagliate. Ciò che può essere utile in questa fase, oltre ad affrontare l’emergenza, è capire cosa sta succedendo, perché e se è possibile evitare che capiti di nuovo. La lettura fornita dall’IPCC (il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico dell’ONU) non lascia spazio a interpretazioni: “La frequenza e l’intensità degli eventi estremi con precipitazioni sono aumentate, rispetto agli anni ’50, nella maggior parte delle terre emerse, e il cambiamento climatico indotto dall’uomo ne è probabilmente il principale responsabile”.

Il mondo dell’attivismo climatico non è rimasto immobile di fronte a questi avvenimenti. Fridays For Future Italia ha organizzato una manifestazione per sabato 6 maggio proprio a Ravenna, uno degli epicentri degli eventi climatici degli ultimi giorni e soprattutto sede di molte attività di ENI, che sta pianificando nuove trivellazioni nel mare Adriatico, andando in direzione diametralmente opposta rispetto a una decarbonizzazione che è una delle tappe irrinunciabili per contrastare il cambiamento climatico.

Ci spostiamo ma di pochissimo, sia dal punto di vista geografico che dal punto tematico. Torniamo infatti a Bologna, dove all’alba di ieri le forze dell’ordine hanno iniziato lo sgombero dello stabile occupato in via Agucchi 126. Cosa c’entra lo sgombero di un’occupazione con una serie di eventi climatici estremi, vi chiederete voi? C’entra perché via Agucchi 126 è stata occupata il 14 aprile scorso da attivisti e attiviste che si battono contro la realizzazione del passante di mezzo, una delle grandi opere di cui si parla di più negli ultimi tempi che prevede il potenziamento dell’infrastruttura a supporto del traffico autostradale nel nodo di Bologna.

Si è così creato un vasto fronte di cittadini e cittadine contrari alla realizzazione dell’opera che causerebbe un aumento delle emissioni di CO2 nell’area interessata di circa 1.850 tonnellate all’anno che raggiungerebbero così una quota del 50% delle emissioni dell’intera città di Bologna, in un’area – la pianura padana – che già oggi è una delle più inquinate d’Europa. Le alternative proposte sono tutte orientate sul potenziamento del trasporto pubblico e delle infrastrutture ciclabili.

Il commento di XR è stato: “Il Comune Più Progressista D’Italia mostra la propria magnanimità prima asfaltando i terreni, da cui scaturiscono le alluvioni devastanti annunciate ieri e piante oggi, poi asfaltando le persone, specie quelle poco gradite presenze che sottolineano con la loro permanenza attorno al Cantiere Più Progressista D’Italia, quello del Passante di Mezzo, come l’opera sia inutile, dannosa e tanto più malvoluta dall3 cittadin3”.

Esattamente 29 anni fa, il 4 maggio del 1994, il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin e il leader dell’OLP Yasser Arafat firmarono un accordo di pace che assicurava l’autogoverno alla Cisgiordania. E oggi, come siamo messi? Purtroppo abbastanza male a dire la verità. In Israele la situazione è già molto calda per via delle proteste contro la riforma giudiziaria proposta dal Governo Netanyahu, mentre nella Striscia di Gaza si è arrivati a un fragile cessate il fuoco che ha seguito un’escalation di intensità e tensione dovuto alla morte di Khader Adnan, militante palestinese detenuto nelle carceri israeliane e ritenuto uno dei leader della Jihad islamica. Khader Adnan si è lasciato morire dopo 86 giorni di sciopero della fame.

Due buone notizie arrivano dalla parte opposta del globo, per la precisione da Corea del Sud e Nuova Zelanda. Nel paese asiatico è allo studio un disegno di legge per vietare il consumo della carne di cane e di gatto. In Corea infatti esistono moltissimi allevamenti a scopo alimentare di questi animali e la loro carne è tradizionalmente molto consumata, anche se sono tantissime le persone e le associazioni che contestano questa tradizione, fra cui la first lady Kim Keon-hee.

In Nuova Zelanda invece è stata introdotta la prima legge al mondo che, al fine di tutelare il benessere animale, vieta l’esportazione di animali vivi. Si tratta certamente di una piccola goccia nel mare di un modello alimentare che è insostenibile dal punto di vista etico e ambientale, che peraltro arriva dal un paese che è al sesto posto per il consumo pro capite di carne, però intanto registriamo questa notizia e speriamo che sia solo la prima di una lunghissima serie, perché ce n’è davvero bisogno.

Chiudiamo con un’occhiata agli ultimi sviluppi della vicenda dell’orsa JJ4, che il 6 aprile ha aggredito e ucciso il giovane Andrea Papi nei boschi di Caldes, in Trentino. L’altro ieri il TAR ha accolto per la seconda volta l’appello delle associazioni animaliste che si sono opposte alla decisione del presidente regionale Fugatti che vuole a tutti i costi far abbattere l’orsa.

A questo proposito vi invito a leggere l’ottimo articolo della nostra Valentina D’Amora che ha ricostruito la vicenda dal punto di vista etologico interpellando il biologo e naturalista Francesco De Giorgio, che si è detto che “irritato con le istituzioni che, pur essendo responsabili della popolazione, non fanno adeguatamente informazione, non aiutano le persone a ragionare e non le guidano. Qui si dovrebbe ribaltare tutto il paradigma: ci vorrebbero architetti e ingegneri, che ri-pianifichino da zero le città, che inseriscano soluzioni semplici, economiche e sostenibili per facilitare la coesistenza con i selvatici”.

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