Nel 2040, spostarsi in Provincia di Cuneo sarà semplice e con un ridotto impatto ambientale, il concetto di rifiuto quasi dimenticato grazie ad una forte spinta verso il riuso, la riparazione e la durabilità dei prodotti, il territorio curato come bene comune dai cittadini e dalle amministrazioni. Gli effetti dei cambiamenti climatici saranno ben visibili a tutti, ma grazie alle azioni di mitigazione intraprese negli ultimi anni, i cuneesi potranno dire fare il possibile per assumersi la responsabilità della terra che li ospita.
Hanno partecipato:
– Pietro Contegiacomo, Associazione Amici della Tanaria
– Vittoria Bresci, Cooperativa Erica
– Isacco Caraccio Anghilante, Teatro Selvatico
– Gianfranco Peano, Legambiente Cuneo
– Andrea Sessa, collettivo Z di Zappa
Ha facilitato: Pietro Cigna
Hanno dato vita al tavolo:
– Alberto Grimaldi, CasaCo
– Claudio Repetto
– Francesco Di Meglio, NEMO – Nuova Economia in Montagna
– Gabriella Rambaldi, Coop. Il Ramo
– Giampaolo Bessone
– Giulia Minero, Mieleapi
– Pauline Cadieux, “Amiamo la collina”
– Samantha Marleddu
– Sara Bezzi, MondoQui/Sgasà
Per rappresentare graficamente la fotografia che abbiamo “scattato” al nostro territorio in tema ambiente e verde, abbiamo scelto un albero. L’albero è vita e ci sembra quindi efficace nell’esprimere la nostra preoccupazione per la situazione attuale e la nostra speranza per il futuro.
1) Spostamenti ecosostenibili poco incentivati
Purtroppo, a differenza di altri paesi europei, i trasporti sostenibili o le combinazioni di più tipologie di trasporto scarseggiano nei nostri territori; ad esempio, la possibilità di trasportare la bicicletta su treno o pullman non è incentivata né culturalmente né economicamente.
Inoltre il trasporto ferroviario è stato pesantemente penalizzato con la chiusura di numerose linee locali o con il loro importante ridimensionamento; ad esempio la Cuneo-Ventimiglia-Nizza per la quale ora sembra esserci rinnovata attenzione.
2) Poca cultura del verde
Sono ancora troppo poche le persone abituate al verde, che sappiano come viverlo e che ne sentano la mancanza quando non ne sono circondate, anche in città. Soprattutto sono ancora troppo poche le persone con una coscienza ambientale che permetta loro di preservarlo e trattarlo nel modo corretto; occorrerebbe far sì che questo tipo di cultura non fosse autoreferenziale ma arrivasse anche ai “non addetti ai lavori”.
La cultura del verde passa anche attraverso la comprensione dell’utilità delle diverse funzioni di un’area verde; lasciarla come solo e puro “polmone” per migliorare la qualità dell’aria è riduttivo e rischia di farle perdere importanza e attrattiva.
3) Cementificazione e degrado del suolo
La cementificazione è piaga del nostro tempo; spesso eccessiva, inappropriata, non davvero necessaria. Il suolo cementificato è perso per sempre, e con esso i suoi fondamentali servizi ecosistemici, compresa la sottrazione di carbonio dall’atmosfera. I progetti architettonici vengono spesso realizzati senza aver interpellato anche figure professionali quali paesaggisti, sociologi, eco-designer, psicologi, i quali potrebbero sicuramente contribuire a rendere le nuove costruzioni più piacevoli da diversi punti di vista.
Inoltre, il suolo è progressivamente degradato da un’agricoltura aggressiva, che lo considera alla stregua di puro supporto per coltivazioni intensive e monocolture. L’agricoltura industriale – la più diffusa nel cuneese – utilizza infatti pesantemente fertilizzanti chimici, antiparassitari e tecniche di lavorazione che danneggiano la salute e la biodiversità del suolo; esso perde quindi fertilità, cioè humus, aumentando il rischio di desertificazione e immettendo in atmosfera ulteriore anidride carbonica.
4) Cibo e alimentazione
Le grandi catene di fast food sono sempre più frequenti in Piemonte e in provincia di Cuneo, ma sono purtroppo ancora pochi i luoghi dove sia possibile acquistare cibo sfuso, eliminando quindi il packaging a favore di un contenitore proprio, e semplicemente ricaricarsi del prodotto nella quantità più consona.
Per quanto esistano realtà che si occupano del recupero di cibo (sullo stile di Food Pride a Porta Palazzo a Torino) non è stata creata una rete sufficientemente ampia e conosciuta. La piattaforma Too Good To Go per eliminare gli sprechi ad esempio, non è ancora così diffusa e utilizzata né tra i commercianti né tra i clienti.
5) Poca attenzione alla sostenibilità ambientale degli eventi
Ci sono pochi eventi sociali, come festival musicali o teatrali, dove si ponga un’attenzione particolare all’ambiente. Per fare un confronto, in Nuova Zelanda è stata approvata una legge sul corretto utilizzo di risorse in caso di eventi e incontri sociali, che richiede l’eliminazione quasi totale dei rifiuti. In Italia invece bisogna affidarsi al buon senso e alla coscienza degli organizzatori.
6) Perdita di biodiversità
La perdita di biodiversità è un problema enorme, che affligge soprattutto le aree di pianura, quelle più degradate. Le sue cause principali sono:
Portiamo ad esempio la realizzazione di canali irrigui cementificati/intubati: tali interventi comportano l’eliminazione della vegetazione spondale e di tutta la biodiversità che questa ospita.
In ambito acquatico va segnalata anche la criticità legata ai notevoli prelievi idrici dai corsi d’acqua naturali, per l’irrigazione o la produzione idroelettrica, con conseguenti e pesanti perdite di biodiversità di tali ambienti, in particolare a carico dell’ittiofauna.
In ambito agricolo si può notare anche la scomparsa della biodiversità colturale a vantaggio di poche specie.
7) Aria
Nelle nostre zone l’inquinamento atmosferico si manifesta in particolare nei mesi invernali (soprattutto sotto forma di polveri sottili – PM 10, PM 2,5 – e ossidi di azoto), ma anche talvolta nei mesi estivi (sotto forma di ozono). A questo proposito, ci sembra utile rimarcare che l’Italia è di nuovo nel mirino della UE per superamento limiti polveri sottili PM 2,5 e che, se la situazione non dovesse risolversi entro breve tempo, ciò comporterà sanzioni. Ancora più recente è la procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese da parte della corte di Giustizia UE per aver violato “in maniera sistematica e continuativa” i valori massimi di concentrazione di PM 10.
Le cause di questo inquinamento sono principalmente:
8) Acqua
I fiumi della provincia sono sotto pressione principalmente a causa di:
Per quanto riguarda l’acqua potabile, a fronte di un deciso miglioramento della sua qualità, legato all’abbandono progressivo dei prelievi da pozzi spesso inquinati, l’aspetto critico risulta legato agli sprechi (perdite in rete, poca propensione al risparmio idrico da parte di molti), che comportano inutile e ulteriore sottrazione della risorsa all’ambiente, con costi maggiori per la depurazione delle acque reflue.
9) Rifiuti
A fronte di indubbi miglioramenti nel tasso di differenziazione, grazie anche alla capillare diffusione del sistema porta a porta, non si vede ancora una riduzione della quantità totale di rifiuti prodotti. Inoltre, sono ancora presenti molte discariche spontanee situate lungo le rive dei fiumi e in zone nascoste dei boschi, così come in alcune aree urbane e periurbane.
10) Consapevolezza
In generale, la nostra percezione è che ci sia:
Un esempio: l’ultima esondazione del Tanaro. Colpevoli, da subito, sono stati indicati “i verdi”, che non permetterebbero di dragare e scavare gli argini del Fiume. Nessuno che faccia cenno ai cambiamenti climatici, vera ed unica causa (paradossalmente annunciata proprio dagli ambientalisti) che ha creato i presupposti per le ultime 4 esondazioni (1994, 2010, 2016, 2020).
È ancora presente molto spazio verde che può essere utilizzato per la creazione di aree naturali aperte alla cittadinanza.
Come aspetti positivi riconosciamo:
Il tema ambiente è molto attuale ultimamente, per cui le istituzioni sono generalmente aperte al dialogo e concedono fondi per questi scopi (che comunque sono reperibili anche dall’Unione Europea).
Alcuni effetti negativi del consumo inappropriato di suolo e della cattiva gestione del territorio sono già in atto – si pensi alle frequenti piene a cui abbiamo assistito negli anni e ai danni che hanno fatto a causa della costruzione di edifici in luoghi non idonei – e andranno intensificandosi con gli eventi climatici estremi sempre più ricorrenti. È quindi possibile prendere coscienza delle sfide da affrontare e sfruttare queste conoscenze per adeguare le strutture esistenti, allo stesso tempo progettando quelle nuove secondo altri criteri rispetto a quelli utilizzati negli ultimi 70 anni (strategie di adattamento, che alcuni Comuni stanno predisponendo nell’ambito dell’iniziativa EU Patto dei Sindaci).
Sempre più giovani si stanno interessando al tema ambiente, e alcuni di loro hanno creato community social per divulgare un giusto utilizzo delle risorse ottenendo un grande seguito. Altri stanno fondando le loro aziende vendendo prodotti nel modo più etico e sostenibile possibile. Infine, nascono festival e associazioni che hanno come obiettivo una corretta salvaguardia del territorio.
Ci sono ancora famiglie che credono fortemente nella giusta ristrutturazione di una casa, e ci sono imprese edili che sono attente per quanto possibile a fornire materie prime a chilometro 0, piantando dove si taglia e pulendo dove si sporca. In questi casi, il costo è maggiore ma l’ambiente ci guadagna.
Le tecniche utilizzate riprendono tradizioni architettoniche locali, come l’utilizzo di lastre di ardesia per i tetti nelle zone di montagna, ma in alcuni casi sono anche innovative nell’utilizzo di terra cruda e paglia.
Sempre più comunità mettono assieme le forze per creare piccoli orti condivisi. E le potenzialità di questi orti sono tantissime, tra le quai:
La montagna rimane uno dei luoghi con meno spazzatura o inquinamento. Una corretta educazione nel tenere pulito il territorio è stata passata da generazione a generazione nei paesi di montagna; esistono ancora e stanno nascendo associazioni che negli obiettivi hanno proprio la pulizia dei sentieri e una corretta educazione al mantenere pulito lo spazio per i visitatori.
Nel monregalese, aver guardato (politicamente) ad una speranza industriale e di sviluppo “moderno” mai realmente sviluppato, ha di fatto aiutato a limitare i danni in termini ambientali, difeso e fatto rinascere il Tanaro – ad es. nella riconversione dello stabilimento di Le Petit con una lotta che ha avuto inizio nella fine degli anni ‘80 – e restituisce oggi un ambiente molto meno contaminato che in altri contesti.
Viene spesso citata soprattutto dai turisti del nord Europa che amano il sud Piemonte. Questa vicinanza tra ambienti diversi (mare, montagna e collina) favorisce un alto tasso di biodiversità (1.492 specie vegetali differenti pari al 58% della flora italiana) ed è di fatto un orto botanico naturale a cielo aperto.
Ci si incaponisce a parlare di piste ciclabili, spesso con i percorsi anacronistici e progetti faraonici, oppure a progettare guardando solo ed esclusivamente al discorso dei sentieri da fare in MTB, quando ci sono centinaia di chilometri su strade semideserte che conducono in luoghi magnifici. La GranTanaRando è un esempio di questo con un percorso che si snoda lungo tutta l’asta del Tanaro, dalla foce fino alla sorgente e ritorno.
Vi sono molte realtà di piccoli produttori che riescono, in qualche caso particolarmente fortunato, a cambiare radicalmente l’aspetto e le dinamiche di un territorio.
Vi sono diversi gruppi di pescatori che praticano la pesca No Kill, e che sono alleati interessati e interessanti nella difesa delle acque.
Il Progetto PITEM BiodivALP vede la collaborazione fra enti Parco, Associazioni Ambientaliste, cittadini ed esperti per segnalare, studiare e richiedere la tutela di ambienti di interesse e corridoi/connessioni ecologiche in aree di pianura, dove la perdita di biodiversità raggiunge ormai livelli preoccupanti.
Allo stesso modo vi sono enti che si occupano della biodiversità colturale, quali il Comizio Agrario di Mondovì, Legambiente Cuneo , l’Associazione Rurale Italiana e il Museo Augusto Doro , che hanno avviato il progetto CaDiBiA (Casa Diffusa Biodiversità Agraria)
Vi sono realtà della provincia che si stanno muovendo per adottare nuove forme di produzione e consumo di energia che la legge mette a disposizione, quale ad esempio la possibilità di costituire una Comunità Energetica. Siamo a conoscenza di realtà di questo tipo a Magliano Alpi, in Valle Maira e in Valle Po.
Il Patto dei Sindaci è uno strumento utile per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti previsti dalla UE (-55% riduzione al 2030), tramite adozione del PAESC (Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima), in altre parole iniziative di mitigazione e adattamento che prevedono il coinvolgimento della cittadinanza. In provincia di Cuneo sono 34 i Comuni, singoli o associati, che hanno aderito.
Nel 2040 ci sono:
Mobilità
Meno spostamenti e viaggi
Meno mezzi privati circolanti, in particolare nei centri urbani
Più spazi a disposizione della cittadinanza
Più mezzi pubblici elettrici alimentati da fonti rinnovabili
Più recupero delle linee ferroviaria già presenti in provincia e oggi dismesse, sia per lo spostamento di merci che per quello di persone
Più piste ciclabili
Più centri pedonali
Più mobilità condivisa
Più edifici ristrutturati ed energeticamente efficienti;
Più parcheggi P&R (park & ride) che associano il pagamento del parcheggio a quello del biglietto per un mezzo pubblico, incentivandone l’utilizzo per spostarsi verso il centro città
Verde pubblico e riqualificazioni edilizie
Più gestione del verde collaborativa tra amministrazioni pubbliche e cittadini (ad es. attraverso patti di collaborazione e di gestione)
Più riconoscimento del valore del verde nelle zone urbane, con l’adozione di pratiche quali censimenti, regolamenti e pianificazione oculata di queste aree, affinché ciascuna possa esprimere al meglio la sua funzione (ad es. di incremento di biodiversità, di protezione dall’erosione, di creazione di corridoi verdi per gli animali ecc.)
Più riconoscimento del valore del verde nel controllo degli inquinanti atmosferici e della regolazione della temperatura
Più multifunzionalità del verde pubblico, ad esempio con orti urbani, fattorie didattiche, percorsi sensoriali, campi estivi e piccoli corsi di ambientalismo
Più valorizzazione della figura del paesaggista come figura professionale specifica
Più nuove costruzioni in armonia con il paesaggio in cui sono situate
Più recupero e riqualificazione di immobili abbandonati a beneficio della cittadinanza
“Curare il suolo per guarire gli uomini.”
Nel 2040 ci sono…
Meno dipendenza dell’agricoltura dai contributi europei
Zero consumo di suolo a fini speculativi o industriali
Zero utilizzo di sostanze inquinanti, quali pesticidi, fitofarmaci o concimi chimici
Più utilizzo e diffusione di tecniche colturali ispirate alla permacultura e alla biodinamica, che contribuiscono ad aumentare la biodiversità di un ecosistema
Più riconoscimento del suolo come massimo accumulatore di CO2; perdere humus significa reimmettere in atmosfera grandi quantità di anidride carbonica
Più rimboschimenti e manutenzione del verde periurbano e di quello presente nelle campagne
Più efficientamento dei consumi d’acqua in ambito agricolo
Più valorizzazione del contadino come custode della biodiversità e della fertilità dei suoli
Più rapporto diretto tra produttori e consumatori
Più diffusione di prodotti locali e di qualità
Nel 2040 ci sono…
Più politiche post-alluvione che affrontano il problema dell’esondazione dei fiumi (es. Tanaro) in modo organico e sostenibile
Più coordinamento e collaborazione tra comuni attraversati dagli stessi fiumi
Più coraggio nello scegliere di ridare ai fiumi il loro corso naturale demolendo fabbricati costruiti in zone storicamente alluvionali
Zero abbandono di rifiuti e sversamento di inquinanti nei fiumi
Più creazione di accessi ai fiumi disponibili a tutti, anche alle persone disabili: frequentare il fiume favorisce il prendersene cura
Più incentivi per la raccolta e il riutilizzo dell’acqua piovana
Più analisi della qualità delle acque dei fiumi per consentire ai cittadini di bagnarsi in sicurezza
Più riconoscimento dell’acqua come bene comune
Nel 2040 ci sono…
Meno rifiuti in termini di quantità
Più comuni aderenti alla rete Rifiuti Zero
Più imballaggi interamente recuperabili o compostabili
Più compostaggio domestico e comunitario
Più produzione di biometano da rifiuti organici
Più supermercati che recuperino l’invenduto senza buttarlo
Più possibilità di noleggiare stoviglie lavabili per eventi
Più supporto nella raccolta differenziata durante gli eventi
Più riuso dei materiali, riparando e rigenerando ciò che si rompe
Nel 2040 ci sono…
Meno consumo di energia in termini assoluti
Più efficientamento energetico
Più contrasto ai cambiamenti climatici attraverso la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e non eccessivamente impattanti sul territorio
Meno produzione di energia da fonti rinnovabili quali il fotovoltaico su terreni agricoli, l’idroelettrico dove i torrenti sono già pesantemente deviati, il biogas derivante da colture intensive dedicate
Più comunità energetiche
Più sportelli energia presenti in tutti i comuni e a disposizione dei cittadini
Nel 2040 ci sono…
Più riconoscimento del valore curativo dell’arte, espressa in tutte le sue forme
Più tempo speso all’aria aperta, beneficiando dei suoi effetti positivi sul corpo e sulla mente
Più tempo di qualità speso per occuparsi di tematiche che riguardano il bene comune
Meno stress e orari di lavoro troppo lunghi
Più cura degli animali ed empatia nei loro confronti
Nel 2040 ci sono…
Più educazione dei bambini e dei ragazzi all’aria aperta, facilitando in loro la creazione di un legame più profondo con gli altri elementi della natura
Più aree verdi che favoriscono l’incontro e il confronto tra persone
Più consapevolezza nelle persone dell’impatto ambientale e sociale di ciò che acquistano
Meno negazionismo sui cambiamenti climatici e sulle problematiche ambientali
Più diffusione di buone pratiche
Più laboratori di sensibilizzazione ambientale nelle scuole
Più vacanze ecologiche, visite accompagnate a contatto con il fiume
Più coinvolgimento di tutta la popolazione nell’affrontare le sfide ambientali
Nel 2040 ci sono…
Più persone che si prendono cura dei beni comuni, in modo collettivo
Più attenzione alle esigenze specifiche di ogni territorio, da parte delle stesse persone che ci vivono
Più riconoscimento del legame tra problematiche ambientali e sociali
Più consapevolezza del ruolo che ciascuno ha nel rendere migliore il territorio in cui vive, per se stesso e per gli altri
Più collaborazione tra le amministrazioni locali
Più programmazione tra comuni di spazi condivisi/aree con la stessa funzione (ad es. aree artigianali, supermercati)
Più disponibilità da parte dei privati nel mettere a disposizione della collettività spazi verdi da loro sottoutilizzati; le amministrazioni in questo caso potranno agire da garanti
Più orti urbani, nati coinvolgendo prima le persone e costruendo poi insieme dei progetti
Più autoproduzione di energia, ad es. In piccole comunità energetiche
Più compostiere di quartiere/comunità
Più turismo intelligente e sostenibile, che facilita la creazione di legami significativi tra persone e luoghi anche attraverso l’arte
Più attenzione alle specificità dei luoghi, per la loro valorizzazione ambientale ed economica
Più Cuneo con il ruolo di vera porta di valle delle Alpi Marittime (dalla Pesio fino alla Grana)
Per il 2040, l’immagine di riferimento è quella delle relazioni che si instaurano nel suolo tra gli apparati radicali delle piante… Tra loro ed il finissimo filamento fungino di cui il suolo è ricco. Si tratta di relazioni da cui ciascuno trae un beneficio.
C’è una collaborazione trasversale tra amministrazioni (impegno politico), cittadini (impegno civile – associazionismo, cooperative, imprese sociali, ecc.) ed imprese (impegno produttivo). I modelli di sviluppo del futuro dovranno coinvolgere sempre questi tre attori.
Nel realizzare eventi, occupati di organizzare bene la raccolta differenziata dei rifiuti, di verificare l’accessibilità per persone disabili degli spazi e dei bagni, di acquistare, se necessario, cibi da piccoli produttori locali.