Piano europeo per le emergenze: prudenza o psicosi?
È stato presentata dalla Commissione europea la strategia di preparazione in caso di guerre e calamità naturali. Trenta azioni chiave che coinvolgono anche i cittadini ai limiti del terrorismo psicologico.

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Dagli Slapp al ddl Sicurezza: gli attacchi alle libertà di informare e protestare – 27/3/2025
Dal caso di Essere Animali al giornalista Carchidi, passando per il DDL sicurezza, oggi parliamo di SLAPP, repressione del dissenso e nuove norme che minacciano informazione, protesta e diritti civili.
La psicosi di un attacco imminente. È questo lo stato d’animo che il piano europeo per le emergenze contenuto nella Eu Preparedness Union Strategy, presentata dalla Commissione europea ieri 26 marzo, rischia di generare insieme a paura e violenza. Enfatizzando scenari di guerra e calamità naturali il rischio è alimentare la paura che messaggi del genere possono suscitare nella popolazione.
Il documento infatti si rivolge ai cittadini, incoraggiandoli ad avere scorte essenziali di medicine, cibo e altro utile alla sopravvivenza per almeno 72 ore, torcia elettrica e fiammiferi, power bank, una radio per sapere cosa succede, documenti personali, contanti e un coltellino svizzero.
Il piano europeo per le emergenze prevede 30 azioni chiave che vanno dal coordinamento a livello comunitario delle risposte da mettere in campo per fronteggiare le emergenze, a una cooperazione civile-militare che coinvolga le forze armate e di polizia, protezione civile, operatori sanitari e vigili del fuoco. Viene incoraggiata una più stretta collaborazione con organismi come la Nato riguardo a mobilità militare, cybersicurezza, settore Spazio, industria della difesa, sicurezza climatica e nuove tecnologie.
La Commissione auspica pure “una giornata nazionale di preparazione” per le catastrofi e una strategia specifica per le scuole. Si legge che bisogna prepararsi a “un’aggressione armata che possa colpire uno o più Stati membri” e di come “la resilienza dell’Europa di fronte alla violenza armata potrebbe essere messa alla prova in futuro”.
Al di là delle diverse posizioni sul riarmo e sull’aumento delle spese per l’acquisto di armi da parte dei singoli Paesi di cui si parla da settimane, serve davvero alimentare una psicosi del genere? Esistono informazioni ed elementi concreti su cui basare questo deterioramento delle prospettive di sicurezza per l’Europa? O è solo un modo per far “digerire” un piano di riarmo da 800 miliardi di euro? Non sarebbe stato meglio investire nel dialogo e nella pace? Domande senza risposta che possono far riflettere.
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