Che fine fa il sociale quando i paesi si svuotano? Il caso della Calabria
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La Calabria è la regione più povera d’Italia. Nella sola provincia di Crotone 11 residenti su 1.000 decidono di abbandonare la loro terra, registrando così il tasso di emigrazione più alto nel Paese. Tre delle quattro province italiane a saldo migratorio netto più basso sono calabresi. Dal 2002 al 2022 sono 157.934 i giovani dai 18 ai 34 anni che sono andati via. La Calabria somiglia sempre di più a una barca in balìa della tempesta mentre tutti l’abbandonano.
È in questo contesto che Vita si è posta un interrogativo: che fine fa il sociale quando le persone se ne vanno e la popolazione continua a diminuire? Siamo ancora lontani dalle risposte, ma il quinto focus book della collana Geografie Meridiane – curato da Josephine Condemi a cui ha collaborato anche la sottoscritta – cerca di proporre una chiave di lettura nuova.
Il titolo è “Il sociale senza società”. L’obiettivo è porre sin da subito in evidenza ciò che ad oggi rappresenta uno dei maggiori problemi del sociale calabrese: «In Calabria – spiega il direttore Stefano Arduini nell’editoriale di apertura – come sempre succede nei casi in cui l’equilibrio welfare-cittadinanza è traballante, si verifica un paradosso: fioriscono le “comunità”, ovvero esperienze virtuose più o meno piccole di partecipazione civica e fornitura di beni e servizi al di fuori dei meccanismi tradizionali dello Stato sociale, ma manca del tutto, o appare fragilissima, la “società”, ovvero una visione civica e istituzionale capace di fare sistema, indicando alle comunità una direzione che non le faccia sembrare e sentire isole scollegate e indifferenti le une alle altre».
Il tema del “sistema” diventa centrale se ci si prende il tempo necessario per analizzare il contesto. Ecco perché, per la realizzazione del focus book, è stato deciso di dedicare ampio spazio alla raccolta e all’analisi dei dati. I numeri in questo caso aiutano ad avere una descrizione completa e analitica del territorio, costituito per circa l’80% da aree interne – distanti quindi dai 40 ai 70 minuti da un pronto soccorso o da un’offerta completa di scuole superiori.
Oltre il 50% dei cittadini calabresi non va oltre la licenza media. Sono oltre 18 mila i bambini di età inferiore ai 15 anni che hanno bisogno di sostegno per procurarsi il latte e il cibo, circa 100mila le persone indigenti costrette a far ricorso alle mense dei poveri o ai pacchi alimentari, il tasso di occupazione è al 33,6%. Sono numeri da capogiro che testimoniano la profonda necessità di un cambio di rotta oltre che il fallimento politico, amministrativo e dirigenziale in tutti gli ambiti della vita di questo territorio che resiste e che si organizza nonostante tutto.
Sono 3.841 gli enti non profit registrati in Calabria e iscritti al RUNTS, divisi tra APS, ODV, imprese sociali ed enti filantropici e impegnati in ambiti diversi. Ciascuno di questi sperimenta proposte nuove, tenta di far emergere il potenziale dei luoghi e i talenti delle persone che li abitano, creano prossimità. Sono 7 le esperienze raccolte all’interno del focus book: Goel – Gruppo Cooperativo, Consorzio Marcamé, cooperativa Kiwi, associazione Sabir, Fondazione Trame, Mulinum e l’associazione Le Seppie.
Messe insieme, sono realtà che raccontano una Calabria pulita e produttiva, attiva e attivista, innovativa e solidale. È l’altro volto della regione, fuori dalle statistiche, ma reale tanto quanto i numeri presenti all’interno di queste pagine che raccontano una spaccatura profonda rispetto al resto del Paese e, in alcuni casi, anche rispetto alle altre regioni del Sud Italia.
Ecco allora la sfida del sociale calabrese, che è culturale e politica prima ancora che di settore: imparare a fare rete per rendere più efficace la risposta ai bisogni del territorio. E chissà che “il sociale senza società” non riesca così a farsi protagonista di un rinnovamento generazionale necessario per cambiare rotta e superare la tempesta. In altre parole, costruire una nuova società.
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