Agricoltura organica rigenerativa: ecco perché è importante parlarne
Si sono incontrate a Milano le persone che aderiscono all’Associazione Nazionale Produttori per l’Agricoltura Organica e Rigenerativa, agricoltori e agricoltrici che insieme alla produttività mettono al centro anche sostenibilità e rigenerazione del suolo. Noi c’eravamo, ecco com’è andata.

Aumentare gradualmente la fertilità dei suoli e incrementare la biodiversità degli agroecosistemi – ovvero gli ecosistemi agricoli. È questo l’obiettivo dell’agricoltura organica rigenerativa – una tecnica colturale che consente di rigenerare i terreni impoveriti da cementificazione, agricoltura intensiva, desertificazione e altri agenti esterni – e segnatamente dell’Associazione Nazionale Produttori per l’Agricoltura Organica e Rigenerativa, una rete nata un paio d’anni fa che riunisce aziende, associazioni e singole persone che si rifanno a questo approccio.
AGRICOLTURA ORGANICA RIGENERATIVA (AOR)
«Ci impegniamo a rigenerare i suoli per tutelare la biodiversità e garantire cibo sano e sostenibile nel pieno rispetto della dignità di chi lo produce e di tutti gli esseri viventi». Questo è il claim delle più di cento persone si sono ritrovate lo scorso 6 febbraio a Milano, presso lo store di Patagonia, per discutere di agricoltura organica rigenerativa e presentare le attività della rete Produttori AOR.

All’evento – che ha offerto al pubblico un’immersione nelle potenzialità di un modello agricolo alternativo – era presente anche Daniel Tarozzi, direttore di Italia Che Cambia. Da tempo infatti seguiamo con interesse il tema dell’agricoltura organica rigenerativa, grazie anche alle collaborazioni con la ONG Deafal, fra le prime a occuparsi di questo tema in Italia. Deafal non solo ha facilitato la serata, ma ha avuto un ruolo fondamentale anche nel percorso di creazione dell’associazione, di cui è socia fondatrice. L’evento aveva l’obiettivo di creare un dialogo tra rappresentanti di diversi gruppi di azione collettiva – consumatori, produttori, esperti tecnici, giornalisti, istituzioni e aziende – e rappresentare un momento unico di confronto per esplorare come l’agricoltura rigenerativa possa offrire soluzioni concrete alle grandi sfide ambientali, sociali ed economiche del nostro tempo.
LE VOCI DELLE PERSONE PRESENTI
«La notizia più importante è stata trovare questa sala stracolma di persone – molte delle quali giovani – interessate ad argomenti che possono sembrare molto tecnici, da addetti ai lavori», ha commentato Daniel. «Quello che è emerso è la grande voglia di far emergere un tipo di agricoltura che non solo rigenera il suolo, ma funziona anche a livello economico. Ho apprezzato lo sforzo di mettere “a sistema” chi utilizza questa tecnica ancora poco conosciuta, anche se già attacco di gravi tentativi di greenwashing come quello di Bayer».

Uno degli elementi di successo della serata è stato il mix di anime, competenze ed estrazioni differenti, ciascuna delle quali ha portato il proprio contributo, a partire dal “padrone di casa” Stefano Bassi, store manager di Patagonia: «La responsabilità aziendale – ha sottolineato – è conoscere il proprio impatto e lavorare per essere parte della soluzione invece che del problema. L’agricoltura è un mondo che tiene insieme tessile, cibo ma anche cosmesi ed è uno dei rami più inquinanti e che crea problemi sociali profondi».
Gli ha fatto eco Mara De Lucia, presidentessa Associazione Nazionale Produttori per l’Agricoltura Organica e Rigenerativa e direttrice della Fattoria Triboli: «Aspiriamo a un mondo in cui gli uomini e le donne siano consapevoli e protagonisti della rigenerazione del suolo, degli ecosistemi, delle relazioni tra gli esseri viventi, dei saperi e della conoscenza».
Durante la serata è intervenuta anche Arianna Marengo, dell’azienda agricola Pascoli di Amaltea, che ha portato la sua testimonianza diretta di vita e lavoro come agricoltrice rigenerativa, mentre la giornalista Silvia Lazzaris ha offerto una visione globale attraverso il suo documentario Farming, redefined, che racconta le migliori pratiche rigenerative nel mondo. Dario Fornara, responsabile della ricerca per Davines ha parlato del ruolo che la cosmesi ha sui processi produttivi e di come la scelta di un modello agricolo-rigenerativo possa trasformare l’impatto da negativo a positivo.
L’associazione lavora per aumentare la fertilità dei suoli e incrementare la biodiversità degli agroecosistemi, mettendo al centro la redditività aziendale
Infine Andrea Magarini, direttore Area Food Policy – Direzione educazione del Comune di Milano, ha parlato delle connessioni tra agricoltura e contesti urbani, evidenziando il ruolo che le amministrazioni pubbliche possono assumere, tramite il sistema degli appalti pubblici, nella promozione di un futuro più sostenibile. A moderare e stimolare il dibattito Fabio Ciconte, giornalista e direttore dell’associazione Terra!.
UN PROTOCOLLO PER RIGENERARE
Un punto nodale è che con l’agricoltura industriale il suolo è stato considerato un substrato usato come qualcosa da cui risucchiare elementi per produrre, ma esso in realtà è un organismo vivo che va nutrito, coperto, curato, rigenerato. In quest’ottica chi lavora la terra gioca un ruolo cruciale e la missione di Produttori AOR è valorizzare e tutelare in maniera partecipata il lavoro delle aziende aderenti, affiancandole nel processo di eventuale transizione e trasformazione. In un settore come quello agricolo, dove le certificazioni sono diventate un vacuo ma potente strumento di marketing, l’associazione lavora per aumentare la fertilità dei suoli e incrementare la biodiversità degli agroecosistemi, mettendo al centro la redditività aziendale.

Per farlo è stato sviluppato un protocollo per aiutare agricoltori e agricoltrici, allevatori e allevatrici a monitorare e migliorare progressivamente il proprio percorso verso la rigenerazione. Come ha spiegato Matteo Mancini, coordinatore tecnico di Deafal, «il protocollo si compone di un questionario, analisi fisico-chimiche del suolo e prove empiriche sul campo. Il questionario viene compilato con il supporto di un agronomo dell’associazione e analizza cinque aspetti fondamentali: il suolo, gli animali, la biodiversità, l’acqua e gli aspetti sociali ed economici dell’azienda agricola».
«L’esito di queste tre valutazioni – ha concluso Mancini – consente all’azienda di identificare il proprio livello di applicazione delle pratiche rigenerative secondo tre fasce: la fascia verde, che identifica un livello molto elevato di rigenerazione delle pratiche agronomiche e consente di considerare l’azienda come membro dell’associazione; la fascia gialla, che indica un livello medio; e la fascia rossa, che corrisponde a un livello basso. A seconda della fascia di appartenenza, le aziende ricevono un supporto tecnico di intensità diversa da parte dell’associazione».
«Chissà quante persone potrebbero applicare l’approccio dell’agricoltura organica rigenerativa, se solo questo metodo fosse più diffuso», chiosa Daniel Tarozzi. «È un modello che può addirittura cambiare l’immaginario: è ecologico e funziona anche a livello economico», a testimonianza del fatto che modelli produttivi che rispettino il Pianeta e chi lo abita e al tempo stesso garantiscano buone rese sono possibili.
Per approfondire guarda la video-storia di Deafal.
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