2 Aprile 2025 | Tempo lettura: 7 minuti

In Sardegna chi decide sul futuro delle rinnovabili?

Un quadro della situazione sulle rinnovabili in Sardegna tracciato da Maurizio Onnis: tra scelte calate dall’alto e conflitti istituzionali, si gioca il futuro energetico dell’isola.

Autore: Maurizio Onnis
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La partita della Sardegna contro la speculazione sulle rinnovabili, si gioca in primo luogo al tavolo del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE). Già, perché tocca a questo dicastero promuovere o bocciare i progetti delle grandi compagnie dell’elettrico che vorrebbero impiantare nella nostra Isola vasti parchi eolici o fotovoltaici.

Per gli impianti più piccoli – quelli eolici di potenza complessiva superiore a 1 MW e inferiore a 30 MW e quelli fotovoltaici di potenza complessiva superiore a 1MW e inferiore a 10 MW – l’Allegato IV del Testo Unico Ambientale prevede la competenza regionale per le verifica di Valutazione di Impatto Ambientale. Il ministero quindi riceve le istanze delle aziende e al termine di una istruttoria tecnica piuttosto lunga emana un provvedimento positivo o negativo. Se è positivo, l’azienda porta avanti il progetto. Se è negativo, il progetto si ferma.

I provvedimenti ministeriali sulla Sardegna

Ebbene, da inizio dicembre 2024, quando la nostra Regione ha varato la Legge 20 sulle aree idonee, il ministero ha esaminato dodici progetti di impianti di produzione di energia da rinnovabili riguardanti la Sardegna. Per otto ha dato provvedimento negativo, per quattro positivo. Ed è opportuno citarli, per capire di cosa stiamo parlando. I progetti bocciati sono i seguenti: l’impianto fotovoltaico “FV UTA” di potenza pari a 98,55 MWp, da realizzarsi nel Comune di Uta (CA) , l’impianto eolico “Sa Fiurida” – costituito da 5 aerogeneratori, ciascuno di potenza pari a 6,3 MW, per complessivi 31,5 MW, da realizzarsi nei Comuni di Erula e Tula (SS) – e l’impianto fotovoltaico “Gonnos-Mar” di potenza pari a 34,49 MW, da realizzarsi nel Comune di Gonnosfanadiga (SU).

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Guspini, veduta del Nuraghe polilobato Bruncu ‘e S’Orcu, foto di Zanzalo

Bocciato anche l’impianto agrivoltaico costituito da mandorleto superintensivo, foraggere annuali, sistema di accumulo e impianto fotovoltaico, di potenza pari a 56,55 MW, da realizzarsi nei Comuni di Carbonia e Gonnesa (SU), l’impianto fotovoltaico con una potenza di 110 MW, da realizzarsi in area industriale e in area SIN nel Comune di Portoscuso (SU), con annesso impianto per la produzione di idrogeno verde, e anche l’ impianto agrivoltaico da 25,633 MW, da realizzarsi nel Comune di Ittiri (SS). Gli ultimi due sono l’impianto fotovoltaico, denominato “Ardara”, della potenza di 29.51 MW, da realizzarsi nel comune di Ardara (SS) e l’impianto agrivoltaico denominato “Guspini” di 64,40 MW, da realizzarsi nel Comune di Guspini (SU).

I progetti promossi dal ministero sono: l’impianto agrivoltaico denominato “Fattoria Solare Soliu”, della potenza di 59,148 MW, integrato da un sistema di accumulo pari a 12,5 MW, da realizzarsi nei comuni di Solarussa e Zerfaliu (OR); l’impianto agrivoltaico denominato “Fattoria Solare Tramatza”, della potenza di 55,932 MW, più sistema di accumulo pari a 12,5 MWP, da realizzarsi nei comuni di Tramatza, Siamaggiore, Solarussa e Zeddiani (OR); l’impianto agrivoltaico denominato “Fattoria Solare Siamaggiore 1” da 34,315 MW, integrato con sistema di accumulo di 7,5 MW, da realizzarsi nei comuni di Siamaggiore e Solarussa (SU) e l’impianto agrivoltaico “Energia dell’Olio Sardo”, da 52,557 MWp, sito in Pabillonis (SU).

Il significato delle decisioni del ministero dell’Ambiente sulle rinnovabili

Come si vede, tutti e quattro i progetti approvati dal MASE riguardano impianti agrivoltaici. I motivi che hanno portato alla promozione sono reperibili nelle carte. Gli specchi solari proposti ricadono in aree giudicate idonee secondo il decreto Draghi del 2021, non interferendo e non venendo quindi in conflitto, ad esempio, con colture agricole di particolare pregio, con beni archeologici o paesaggistici vincolati, con gli insediamenti urbani.

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Impianto agrivoltaico da fonti rinnovabili – immagine di repertorio

Soprattutto, come si usa dire dell’agrivoltaico – ma con nessuna prova davvero convincente ancora effettuata sul campo –, esso permetterebbe il prosieguo almeno parziale, sotto i pannelli, di coltivazioni e allevamento. Eguali ma speculari sono i motivi che hanno portato alla bocciatura degli impianti stoppati dal ministero: a suo giudizio, i progetti contravvengono ai dettami stabiliti dal decreto Draghi. Non c’è naturalmente da essere allegri.

In primo luogo perché queste decisioni, che toccano in profondità il territorio sardo, le sue attività e le comunità umane che lo animano, vengono prese a Roma e non a Cagliari, dove equità vorrebbe. E poi perché, limitandoci agli impianti approvati, riserverebbero a opere industriali delle grandi compagnie dell’elettrico centinaia di ettari di suolo meglio utilizzabile in altro modo, togliendolo in forza di esproprio ai sardi e “spremendolo” perché produca, attraverso la vendita dell’energia e l’incasso degli incentivi, un fiume di soldi: anche in questo caso, inutile sottolinearlo, diretto molto lontano dalle tasche dei sardi. 

Il ruolo e lo spazio della Regione Sardegna in questi procedimenti

Bisogna però evidenziare che i provvedimenti del MASE non chiudono il procedimento. Ai pareri negativi seguirà molto probabilmente il ricorso al TAR delle aziende coinvolte, che cercheranno di ribaltare la decisione ministeriale per non perdere gli investimenti già realizzati e i guadagni ipotizzati. Soprattutto, ai pareri positivi deve necessariamente seguire l’autorizzazione della Regione Autonoma della Sardegna. È questa autorizzazione a chiudere davvero il procedimento: spetta obbligatoriamente alla RAS e costituisce l’ultima e migliore arma in suo possesso.

Per la Consulta la Regione non poteva bloccare la realizzazione degli impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili

Dobbiamo sperare e credere che la Regione osserverà le proprie leggi e negherà l’autorizzazione se gli impianti a fonti rinnovabili approvati dal ministero ricadono in aree giudicate non idonee dalla Legge 20 dello scorso dicembre. Proprio in tale senso si è espressa, poco dopo la metà di marzo, l’assessora regionale all’Ambiente Rosanna Laconi, a proposito dei due più recenti provvedimenti positivi del ministero, ovvero quelli per le cosiddette “fattorie solari” agrivoltaiche da realizzare nei comuni dell’Oristanese, tra Solarussa, Zerfaliu, Tramatza, Siamaggiore e Zeddiani. L’esponente della giunta Todde ha dichiarato alla stampa che questi impianti, ricadendo in aree considerate non idonee dalla Regione, non verranno autorizzati.

Regione, Governo e Corte costituzionale

Lo scontro tra la Regione Sardegna e lo Stato si gioca però anche a un livello superiore. Poco prima della metà di marzo la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la “moratoria” introdotta dalla RAS all’inizio di luglio 2024 con la Legge 5. Quest’ultima legge regionale era stata impugnata dal governo italiano e si attendeva da tempo la decisione della Consulta la quale, come molti temevano, ha stabilito che la Regione non poteva bloccare per 18 mesi la realizzazione degli impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, perché ciò significava violare i principi introdotti dal decreto Draghi.

Questa pronuncia della Corte costituzionale getta inevitabilmente un’ombra molto cupa anche sulla Legge 20. Pure essa, come sappiamo, è stata impugnata dal governo ed è possibile che, nell’esaminarla, la Consulta vi trovi gli stessi difetti individuati nella “moratoria”. Secondo i maggiori giudici, in definitiva, nessuna legge regionale può porsi in contrasto con la normativa statale, quando essa rechi principi fondamentali che, in quanto tali, si impongono anche alle competenze statutarie. E non solo in materia energetica.

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Rinnovabili, immagine di repertorio

Ricordiamo, in proposito, che nell’impugnare la Legge 20 della Sardegna, Roma ha ribadito l’assoluta impossibilità per la RAS di sottrarsi agli obblighi derivanti dal preminente interesse nazionale, dalle direttive europee e dalle riforme economiche e sociali dello Stato. Un ventaglio di divieti tale da mettere a rischio anche i passi più timidi della Regione in direzione diversa da quella tracciata dal potere centrale.

La Corte costituzionale esaminerà nei prossimi mesi la legge regionale sulle aree idonee alla realizzazione di impianti da fonti rinnovabili. Se la pronuncia dovesse essere negativa, si aprirebbe per Cagliari un grave dilemma, prima di tutto politico. Cedere significherebbe rinunciare a qualsiasi spazio di libertà nello stabilire dove, come, quando e con quale ritorno per le comunità locali, gli impianti di grande taglia potranno essere installati. Ma lottare significherebbe alzare il livello dello scontro con lo Stato a dimensioni probabilmente mai sperimentate in oltre 75 anni di vita autonomistica. Qualcosa per cui la politica sarda però, non sembra affatto tagliata.

Per saperne di più sul tema della speculazione sulle rinnovabili in Sardegna, guarda qui