2 Aprile 2025 | Tempo lettura: 7 minuti

Lotta biologica, insetti utili e serre: viaggio fra i campi della Terra dei Fuochi

Insieme a Carmine Lanaro, agrotecnico del territorio, facciamo il punto sulla situazione del comparto agricolo nella Terra dei Fuochi, in Campania, fra incoraggianti novità e aspetti su cui bisogna ancora lavorare.

Autore: Fulvio Mesolella
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Carmine non ha dubbi: «Incredibilmente la Terra di lavoro, compresa fra i Campi Flegrei e buona parte della provincia di Caserta, è ancora tra le più fertili conosciute in Europa. Abbiamo un ottimo suolo e abbiamo anche l’acqua in più, rispetto per esempio alla Puglia, che ne è poverissima». Carmine Emilio Lanaro è un professionista della lotta biologica, in particolare di quella che fa ricorso a insetti utili al posto dei fitofarmaci, aprendosi due possibilità: la creazione di prodotto a residuo zero e, ancora meglio, la produzione biologica.

La differenza è che nel primo tipo di prodotto, a residuo zero, si possono usare anche sostanze chimiche, ma in tempi e modi che non lascino tracce negli alimenti. Nell’agricoltura certificata biologica invece si produce solo con sistemi naturali e la chimica è totalmente bandita. È la grande distribuzione il vero “cliente” che, comprando all’ingrosso il prodotto della Terra di lavoro, ha contribuito, con la sua esigente filiera di esportazione – soprattutto verso il centro-nord Europa, ma anche in America – alla realizzazione di un prodotto che, a suo tempo nella fase dell’emergenza, ha dovuto superare controlli severissimi anche sulla radioattività, proprio perché proviene da zone che hanno una cattiva fama, secondo Carmine «più mediatica che realmente legata alla realtà».

La lotta biologica oggi nella Terra dei Fuochi

Storicamente questo territorio è sempre stato contraddistinto da un’alta produttività dei suoli. Il motivo è che essi sono ricchi di composti chimici naturali di origine vulcanica e di materia organica di origine paludosa, quindi sedimentata nei millenni; inoltre le acque profonde sono giacimenti enormi non contaminati. Questa fecondità gli è valso nei millenni l’appellativo di Campania Felix.

Oggi il lavoro di Carmine è di andare nelle aziende per individuare le patologie e i fitofagi delle piante, proponendo e procurando gli insetti che sono specializzati nel combatterle, poi “continuare a lottare” anche lui con gli agricoltori per mantenere il microclima – temperature e umidità – ideali per la riproduzione delle specie utili. Nei suoi racconti Carmine unisce una simpatia travolgente a una competenza profonda, realizzando l’“utopia” di quei professori che negli anni ‘70-’90 erano tra i pochi “profeti” della lotta biologica in Italia, tra cui Gennaro Viggiani della facoltà di Portici e Giorgio Celli, dell’Università di Bologna, fondatore di un’iniziale impresa – Biolab, diventata oggi Bioplanet – che individua, alleva e diffonde gli insetti adatti alla lotta biologica

lotta biologica

Una parte dei semi che utilizza Carmine proviene da una multinazionale di origine olandese, nella sua propaggine italiana: Enza Zaden Italia. Si tratta di società che hanno il merito di diffondere questo tipo di attenzione a specie del nostro ecosistema con cui non abbiamo un rapporto facile e che spesso, erroneamente, consideriamo infestanti o fastidiosi come gli insetti.

Alla mia domanda sullo sfruttamento e sull’eventuale sofferenza degli insetti, Carmine risponde che «essi sono tra le parti più resistenti del nostro ecosistema, impossibile farli soffrire: si sottraggono facilmente alle condizioni non adatte, si sviluppano solo in condizioni ottimali. E soprattutto l’obiettivo della distribuzione degli insetti è sempre la loro riproduzione in situ, possibile solo in un habitat ideale, rispondente alle loro scelte di adattamento».

«Gli insetti sono sempre liberi di andarsene – prosegue Carmine –, restano sulle piante perché trovano vantaggioso rimanere. Quindi non soffrono né nell’allevamento né nella cattura finalizzata all’invio né nel trasporto, che per forza di cose deve essere velocissimo, né ancora meno nella loro liberazione sui campi o nelle serre, dove si deve assolutamente continuare a mantenere condizioni adatte alla loro sopravvivenza e riproduzione». 

Gli insetti sono sempre liberi di andarsene, restano sulle piante perché trovano vantaggioso rimanere

Una contraddizione ancora presente in queste attività: la plastica

Ma c’è un altro punto di criticità: i campi non sono più spazi liberi, ma sono coperti da migliaia di ettari di serre che devono garantire condizioni di umidità e temperatura costanti, non potendo permettersi alterazioni dovute a piogge eccessive o carenze idriche. E quindi è il dominio della plastica, per di più plastica usa e getta, destinata a durare una stagione o poco più, per un prodotto che è parzialmente venduto sul mercato locale, ma in buona parte è anche destinato a esportazioni su lunghe distanze, dove arriva selezionatissimo e costosissimo, quindi altamente redditizio. Questo è il compromesso che la legge italiana consente per la definizione del prodotto come “ biologico”. 

Il riscatto della Terra dei fuochi

Chi in Terra di Lavoro ha il merito di restituire sempre più l’“onorabilità” del prodotto di qualità per esempio è la cooperativa Sole, che raccoglie oltre un centinaio di piccoli e medi produttori per un raccolto ortofrutticolo di circa 180.000 quintali in terreni altamente produttivi, di cui 25 ettari già a coltivazione biologica e 50 in conversione. Se dunque la Terra di lavoro è ben altro che “Terra dei fuochi”, essa deve per di più combattere contro uno stigma che nasconde le incredibili potenzialità che ha mantenuto nella qualità dei suoli e delle acque. 

Altre grandi imprese puntano anche a rivalutare altri luoghi della Campania, per esempio nell’avellinese, rilevando fabbriche un tempo dedicate alla concia del cuoio – causa del grave danneggiamento del fiume Sarno, uno dei più inquinati d’Europa – e riconvertendole per la trasformazione e la conserva di frutta di altissima qualità, anch’essa a residuo zero, per grandi società d’origine italiana. Alcune – pur essendo ormai multinazionali, come la Zuegg – mantengono la loro produzione qui e puntano proprio sulle eccellenze campane, annunciando nelle loro campagne di voler “fare dell’Irpinia il frutteto del mondo”. Naturalmente è importante vigilare affinché l’intervento di queste grosse aziende porti reale benessere al territorio e non lo veda come un semplice serbatoio di risorse da sfruttare.

lotta biologica

Un esempio divertente che racconta Carmine è su come si stia accelerando la cultura della lotta biologica, non solo per la richiesta di sempre maggiore livello da parte del mercato, ma anche su spinta di chi si occupa dell’impollinazione delle solanacee – in particolare dei pomodori –, che non è realizzabile dalle api per la loro difficoltà tecnica di raccogliere il nettare, di “bottinare”. «Un tempo quindi c’era un lavoro – svolto principalmente da donne – che consisteva nell’andare manualmente ad aprire i boccioli e spruzzarli con ormoni», spiega Carmine.

Il fine era quello di ottenere un prodotto programmato e seriale, privo di particolare sapore ma con caratteristiche estetiche apprezzate sul mercato. «Dall’introduzione del bombo – un insetto che ha un’attività molto simile a quella delle api, ma una struttura fisica corposa e più adatta – l’impollinazione è tornata naturale, generando un frutto più saporito e abbondante di quello ottenuto con la chimica e con la cura delle agricoltrici, che si sono stancate di esporsi a prodotti pericolosi».

Carmine è anche uno dei fondatori dell’associazione Mi girano le ruote, che nella Valle del Sele si batte per i diritti di tutti e dei più deboli, promuovendo un laboratorio di scrittura e la realizzazione del giornale Diversamente liberi presso il carcere Icatt di Eboli ed è portatore di un handicap che, nonostante sia molto invalidante, non gli impedisce di dedicarsi con passione al suo faticoso lavoro, in buona parte sui campi della provincia di Caserta. La sua vita quotidiana è raccontata nel breve video che raccomando di vedere, dal titolo emblematico: La quotidianità non è mai banale.

Informazioni chiave

Un territorio da risanare

La Terra dei Fuochi è un’area dove decenni di smaltimenti e interramento illegali di rifiuti tossici hanno condizionato pesantemente la salute del suolo, dell’aria e dell’acqua.

Ripartire da biologico

Diverse aziende della zona stanno effettuando la conversione al biologico, sia per ridurre l’impatto ambientale sia per venire incontro alle richieste del mercato.

Una mano dagli insetti

Gli insetti utili sono uno dei metodi alternativi all’utilizzo dei prodotti chimici.

Troppa plastica

Il rovescio della medaglia è che per garantire le condizioni ambientali ideali c’è bisogno di fare un massiccio ricorso alle serre, per realizzare le quali si utilizzano tonnellate di plastica.

Il ritorno delle grandi aziende

Alcune multinazionali originarie del territorio, come la Zuegg, hanno dichiarato di voler investire in Campania.