15 Aprile 2025 | Tempo lettura: 8 minuti
Ispirazioni / Io faccio così

Il futuro delle api? Ecco i rischi e le opportunità fra crisi climatica ed economia circolare

Il clima che cambia sta modificando il comportamento delle api. Proviamo a capire quali possono essere problemi e soluzioni insieme all’apicoltrice campana Sandra Castaldo e a Mycolab, azienda che produce arnie secondo i principi dell’economia circolare.

Autore: Fulvio Mesolella
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In breve

Sono diverse le minacce che incombono sulle api, ma ci sono anche alcune soluzioni ecologiche e innovative volte a garantire il loro benessere

  • La crisi climatica sta alterando i cicli naturali dei fiori e di conseguenza l’attività di impollinazione delle api.
  • Per chi si occupa di apicoltura è fondamentale trovare soluzioni sostenibili, per preservare la filiera del miele ma soprattutto per tutelare le api, mellifere e non.
  • L’apicoltrice campana Sandra Castaldo sta provando ad attuarne alcune, oltre a portare avanti un’attività di commercio equo e solidale e di divulgazione grazie alla sua bottega.
  • Sempre in Campania è attiva Mycolab, un’azienda che produce arnie ecologiche dotate di un materiale isolante ricavato dalle radici di un fungo.
  • La coibentazione delle arnie, soprattutto se fatta con elementi naturali come miceli o sughero, migliora il benessere delle api.

Le stagioni di fatto si sono alterate per via dei cambiamenti climatici e tutto questo sta portando soprattutto le piante a produrre nettare in maniera discontinua e insoddisfacente per chi si occupa di apicoltura, creando sconvolgimenti negli alveari e diminuendo drasticamente le produzioni di miele. A tutto questo si aggiunge che la crisi climatica indebolisce le api, esponendole a minacce, malattie e parassitosi come gli acari e la varroa, che proliferano nel caldo, o come la vespa orientalis, una forma di calabrone che si alimenta delle proteine di cui è ricco il corpo delle api, distruggendo interi alveari nel giro di decine di minuti, facendo stragi ed impossessandosi di larve e pupe per nutrire le proprie larve.

Insomma una vita dura non solo per le api, ma anche per le produzioni agricole, per gli agricoltori, per l’equilibrio della natura. Ne parliamo con Sandra Castaldo, un’insegnante di scuola superiore che da 35 anni ha optato per l’apicoltura e che ha fondato con alcuni colleghi la sezione napoletana dell’APAS, diventata poi Apicoltori Campani Associati. Sandra ha aperto anche la bottega Dolci Qualità di commercio equo e solidale e di prodotti locali dei Campi Flegrei, oggi un pilastro dell’alimentazione sana e della “filiera corta” a Pozzuoli. «Il prodotto delle api delle nostre arnie – spiega – raggiungevano anche i 35 quintali, si è ridotto negli ultimi dieci anni a circa 10-13 quando va molto bene, altrimenti anche 7-8».

Pare che siano le piante «ad alternare produzioni sempre più ridotte di nettare a causa delle variazioni climatiche non più stabili e le api ovviamente ne soffrono di conseguenza, subendo anche escursioni termiche che moltiplicano parassiti e predatori che si approfittano del fatto che le loro resistenze sono fiaccate dai problemi stagionali. Un nostro amico e socio dell’Apas, Filippo Nocerino, ha fatto studi più approfonditi e sostiene che queste repentine alternanze di caldo-freddo spingono i fiori a uno stress che riduce il nettare e li fa chiudere “a bottone”, un fenomeno diffuso soprattutto con l’acacia, un miele che non riesce a produrre più nessuno».

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Interno della bottega Dolci Qualità

Il nomadismo in apicoltura

Le chiedo cosa pensi dello spostamento degli alveari sul territorio in funzione dei cicli delle piante, di cui ci siamo occupati nelle scorse settimane: ricorda la fatica enorme che a lei stessa costava praticare i trasferimenti più volte nelle stagioni, nei primi anni della sua attività, con risultati apprezzabili sulla qualità e quantità. Oggi anche lei concorda sul fatto che «è importante proteggere le specie autoctone e selvatiche», anche se non sono specificamente api mellifere, esse sono comunque preziose per l’ecosistema e anche nella preservazione di patrimoni genetici utili e resistenti.

«Gli apicoltori che mi hanno insegnato “il mestiere” e che probabilmente oggi avrebbero più di cento anni, raccomandavano di mantenere le specie abbastanza pure, allevando le regine proprio nelle isole o in prossimità del mare, ma la contaminazione fra razze è così spinta che ormai è troppo tardi, la specie ligustica è stata influenzata dalla presenza della carnica e da tante altre specie, io stessa ho fatto errori, regalando delle regine a dei rumeni».

Nel caso delle api infatti pare che il rimescolamento genetico non migliori le produzioni e non rafforzi le specie, perché “è stato fatto un po’ a tentoni”: «Proprio nei paesi dell’est hanno praticato la fecondazione artificiale con fuchi selezionati, rivolta ad ampliare la produzione di miele oppure a ottenere regine che producessero tante api da dedicare alla pulizia dell’alveare, ma poi rivolte più alla riproduzione che alla produzione del miele e quindi errori su errori».

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Il laboratorio di Mycolab

Ancora Sandra racconta di aver preferito l’installazione definitiva dei propri alveari in agrumeti o in boschi di castagno producendo monoflorali di qualità o presso prati naturali con varie specie di fioriture, ultimamente timidamente promossi anche con contributi degli enti locali. Tutto questo ha dato risultati buoni nei primi anni, ma ora questi insetti non danno ormai più i prodotti di un tempo, le api sono ormai disorientate e incostanti.

Vitigni autoctoni e “filiera corta”

Sandra porta avanti la sua bottega non solo per vendere la produzione di miele, con prodotti orticoli e frutta a km0, ma anche per promuovere alcuni dei migliori vini flegrei prodotti da Giuseppe Fortunato, suo compagno di vita che, proprio mentre lei avviava l’apicoltura, ha abbandonato gli studi d’ingegneria scegliendo di diventare viticoltore, recuperando e preservando vitigni locali come il piedirosso e la falanghina dei Campi Flegrei.

L’ingresso della grande distribuzione nel mercato del biologico ha avuto come effetto la diminuzione del fatturato della bottega di Sandra di circa il 40%. Purtroppo dopo una resistenza ultratrentennale, resa possibile da tanto contributo volontario, le botteghe equo-solidali di Napoli hanno chiuso tutte, mentre Castaldo umilmente sostiene di resistere soprattutto perché è proprietaria dei locali dove svolge la sua attività e affronta così anche il bradisismo – ovvero la variazione di quota del suolo collegata a fenomeni sismici –, che mentre parliamo torna a manifestarsi con uno sciame di scosse non fortissime che prosegue per qualche ora.

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Alveari ben confortevoli grazie a un isolante naturale

In direzione di un aiuto alle api va segnalata la geniale e coraggiosa iniziativa avviata a Cava de’ Tirreni (SA) da parte di Gianluca Giordano e Francesco Galano di Mycolab, giovanissimi agronomi apicoltori che costruiscono arnie realizzando un isolamento termico che Francesco ritiene possa essere «superiore al polistirolo, prodotto grazie alle radici di un micelio, un fungo che nel giro di pochi giorni amalgama un substrato naturale che può essere di paglia, scarti agricoli, cippati di canapa, fondi di caffè, segatura».

Ovviamente i due fondatori di Mycolab stanno anche facendo uno studio «sulle resistenze meccaniche dei vari conglomerati, dei possibili rinforzi con supporti in juta, inserendo poi questi manufatti in tamburati di legno. Una volta essiccato il prodotto viene rivestito con dei silicati naturali e viene così reso resistente all’umidità», aggiunge Gianluca.

Le api sono ormai disorientate e incostanti

Ci raccontano con molto entusiasmo che Daniele Besomi, professore emerito di economia a Losanna, è sempre stato appassionato di apicoltura e per conto dell’APAS «sta studiando gli alveari di Mycolab servendosi di telecamere termiche, sensori e bilance di precisione che valutano le variazioni di produzione in continuo e quindi testando i miglioramenti nelle arnie dove si usano isolamenti come il polistirolo, ma anche e soprattutto quelli naturali, dal sughero al micelio. Presto stilerà una valutazione statistica sui rendimenti e su altri aspetti che migliorano la vita delle api».

Dice Gianluca: «Coibentare serve a ottenere un microclima che evita che le api consumino più miele e siano più stressate. Il vantaggio di questo materiale è che è molto più leggero del legno e allo stesso tempo anche assai più isolante, non si sgretola in microplastiche come il polistirolo ed è ovviamente totalmente biodegradabile». E Francesco, che sul micelio ha fatto recentemente la sua tesi di laurea, aggiunge: «Il prodotto del micelio è molto delicato e viene conservato al fresco e fatto proliferare in stampi in ambiente sterile e climatizzato».

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Struttura di un’arnia realizzata con i miceli

L’obiettivo è realizzare un’arnia fatta bene ma anche confortevole per le api, facilmente variabile in inverno aggiungendo divisori che migliorino il clima e non spingano le api ad aggregarsi in glomere, cioè un affollamento di operaie che comporta una gran dispersione di energia e quindi anche un forte consumo di miele.

Le loro arnie hanno anche un basso impatto ecologico, poiché si riduce la ferramenta in favore di materiali naturali, comprese le vernici. Attualmente sono offerte a un prezzo di mercato di circa 80 euro, analogo a quello delle arnie in legno o con coibente in polistirolo e rivestite di vernici sintetiche. Inoltre si stanno sperimentando aperture ridotte e variabili in grado di non consentire fisicamente ai calabroni di entrare, limitando quindi i danni che possono arrecare all’intero alveare. Esse rappresentano perciò una scelta completamente alla portata degli apicoltori.

Non resta che sperare che le api gradiscano e lo dimostrino migliorando la produzione e riducendo i consumi di miele dovuti alla necessità di climatizzare il proprio ambiente. Questo potrebbe spingere gli agricoltori a preferire presto alveari ecocompatibili come quelli dei nostri giovani amici. E sugli sviluppi di questi studi e dell’avventura di Mycolab, nonché sulla salute della api, vi terremo informati.