23 Aprile 2025 | Tempo lettura: 5 minuti

25 Aprile tutti i giorni: antifascismo, politica nel margine e voci resistenti

Nel secondo episodio del talk di Sardegna Che Cambia, Michela Calledda e Gisella Trincas riflettono su salute mentale, territori marginalizzati e sul valore dell’antifascismo come pratica viva, radicata nei bisogni reali delle comunità.

Autore: Redazione Sardegna che Cambia
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Cosa significa oggi fare politica nei territori di provincia? Come si porta avanti la difesa dell’antifascismo e dei diritti in aree marginalizzate, svuotate di servizi essenziali e di rappresentanza? Che cosa significa oggi dichiararsi antifascista? La seconda puntata del talk mensile di Sardegna Che Cambia, realizzato sempre negli studi di Ejatv, prova a rispondere a queste domande attraverso le voci di Gisella Trincas, presidente dell’ASARP – Associazione Sarda per l’Attuazione della Riforma Psichiatrica, e Michela Calledda, operatrice culturale, libraia e fondatrice della libreria La Giraffa di Siliqua.

Un dialogo mediato dalla nostra caporedattrice Lisa Ferreli che si è snocciolato parola dopo parola come una riflessione intensa e radicata in corpi e territori, che mette a tema la lotta alla logica manicomiale ancora presente nella società, la difesa della salute mentale e dei diritti umani inalienabili, la cultura come presidio che anima luoghi e comunità e la necessità di riaffermare l’antifascismo come valore vivo e popolare.

Margini, esclusioni e alternative possibili

Gisella Trincas, attiva da oltre quarant’anni nella tutela dei diritti delle persone che vivono problematiche legate alla salute mentale, denuncia con forza come oggi la marginalizzazione e la segregazione siano ancora pratiche diffuse, seppur in forme diverse rispetto al passato. «Le persone oggi vengono rese fragili e marginalizzate da un sistema di cui facciamo parte, che ha una visione: chi ha una difficoltà, crea problemi alla famiglia, al condominio, alla comunità, alla società tutta e quindi va messa da una parte. C’è tutto un sistema che deve tenere a margine queste persone, lontane dalla normalità della vita: luoghi in cui si vive esclusione sociale e marginalizzazione».

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Al centro, Gisella Trincas, foto di Stefania Meloni

«Quello che ci si dimentica – spiega sempre Trincas – è che le persone, qualunque sia la loro eventuale problematica vissuta, hanno il diritto in uno stato come il nostro, con una Costituzione che lo dice chiaramente come la nostra, di vivere la loro vita e superare eventuali difficoltà sanitarie, economiche, sociali nei loro contesti di vita. Dobbiamo impegnarci collettivamente e impedire facendo politica, come quella che portiamo avanti anche noi da oltre quarant’anni, che ci siano situazioni di segregazione o marginalizzazione, e dobbiamo farlo dimostrando che le alternative esistono e si possono percorrere».

Una presa di posizione che chiama in causa responsabilità istituzionali ma ancora prima comunitarie e che ricorda quanto la questione della salute mentale non sia una questione privata, ma pubblica e politica. «Le logiche manicomiali presenti nella nostra società sono fascismo».

Non dobbiamo dimenticarci che l’antifascismo nasce come un movimento di popolo, quando la politica si faceva tra la gente

Antifascismo e assenza politica nei paesi

Dal suo osservatorio di Siliqua, paese del sud Sardegna dove la libreria La Giraffa ha portato dibattito e parole, Michela Calledda porta un racconto che intreccia quotidianità, memoria storica e militanza culturale. La sua riflessione passa per la crisi della scuola nei paesi e si allarga al progressivo svuotamento del senso di appartenenza e della coscienza antifascista. «Per tanti anni non abbiamo più considerato necessaria la battaglia antifascista, pensavamo fosse un pericolo passato che non c’era più: in pochi sono stati vigili e coscienti e quindi è un valore che è andato ad affievolirsi», racconta.

«E il margine, proprio perché margine, questa cosa l’ha persa di vista quasi completamente e ciò va di pari passo anche con l’assenza di una struttura più propriamente politica. Non dobbiamo dimenticarci che l’antifascismo nasce come un movimento di popolo, la politica si faceva tra la gente, però questa cosa non esiste più di fatto. Io vengo da una zona relativamente marginale, l’assenza della politica qua è totale e quindi anche il senso di abbandono: dall’anno scorso non abbiamo più l’autonomia scolastica, e non è cosa da poco. Il passo successivo dopo la perdita dell’autonomia è la chiusura, e senza le scuole nei paesi che tipo di futuro si può avere?».

Parole che raccontano un disagio diffuso nel tempo e nella comunità che va oltre l’esperienza personale: un’intera parte dell’Isola che rischia di essere cancellata dai radar della rappresentanza e della partecipazione, che raccontata – come spesso si dice in merito alla vita nei paesi – come luogo in cui “non succede niente” si ritrova nella realtà a essere sede di opportunità negate e resistenze da ricostruire.

libreria la giraffa siliqua
Michela Calledda, foto di Dietrich Steinmetz

Politica, resistenza, antifascismo e prossimità

La seconda puntata del talk mette al centro due esperienze e due visioni che, pur partendo da ambiti differenti – salute mentale e cultura – convergono nel rimettere la politica al centro della vita delle persone. Una politica che non è fatta solo di istituzioni, ma di relazioni, responsabilità, lotte e immaginazione. Che non ha paura di parlare di fascismo, di ingiustizie, di modelli alternativi e soprattutto, di antifascismo e resistenza.

In un momento storico in cui il 25 aprile rischia di essere svuotato del suo significato, ascoltare voci come quelle di Trincas e Calledda è un esercizio necessario di memoria, di sguardo critico e di costruzione di senso. È un invito a non abituarsi all’assenza, a non lasciare soli i margini e a credere ancora in un cambiamento che nasce dal basso e parla il linguaggio della dignità.