4 Marzo 2025 | Tempo lettura: 5 minuti

PFAS, “la peggiore crisi di inquinamento chimico della storia umana”

Francesco Romizi dell’Associazione Medici per l’Ambiente fa il punto sulle ultime novità nell’ambito della lotta ai PFAS, i composti chimici dannosi per la salute che stanno contaminando acque e suolo in molte zone d’Italia e d’Europa.

Autore: Francesco Romizi
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pfas greenpeace

Negli ultimi anni, il tema della contaminazione da PFAS – che sta per perfluorinated alkylated substances, ovvero sostanze perfluoroalchiliche – ha attirato sempre più l’attenzione della comunità scientifica e dell’opinione pubblica. Si tratta di composti chimici altamente persistenti utilizzati in numerose applicazioni industriali e di consumo, dai rivestimenti antiaderenti per pentole ai tessuti impermeabili, dai prodotti per la pulizia alle schiume antincendio. La loro diffusione è tale che oggi si trovano tracce di queste sostanze nel suolo, nelle acque superficiali e sotterranee, nella fauna e persino nel corpo umano.

PFAS: PERCHÈ PREOCCUPANO E DOVE SI TROVANO

Il problema principale dei PFAS è la loro resistenza alla degradazione naturale, una caratteristica che ha valso loro il soprannome di “forever chemicals“, ovvero sostanze chimiche eterne. Questa loro stabilità le rende così utili per l’industria, ma anche estremamente pericolose per l’ambiente e la salute pubblica. Numerosi studi hanno dimostrato che l’esposizione ai PFAS può essere collegata a gravi problemi sanitari, tra cui disturbi al sistema endocrino, danni al fegato, alterazioni del sistema immunitario e, in alcuni casi, un aumento del rischio di sviluppare tumori.

In Italia la contaminazione da PFAS è particolarmente preoccupante in alcune aree, in particolare nel Veneto, dove lo sversamento di queste sostanze nelle falde acquifere ha reso l’acqua potabile inutilizzabile in diversi Comuni. La questione ha portato all’avvio di numerose indagini e studi per mappare la diffusione dell’inquinamento e comprendere meglio le sue implicazioni. Secondo recenti rilevazioni, il Veneto è tra le regioni più colpite dalla contaminazione da PFAS, con concentrazioni nelle falde acquifere che superano i limiti di sicurezza in diverse province.

PFAS
Attiviste di Greenpeace in azione contro i PFAS in Veneto

In particolare le province di Vicenza, Verona e Padova presentano livelli di contaminazione allarmanti, dovuti principalmente agli scarichi industriali. Anche la Toscana e il Piemonte mostrano dati preoccupanti: in alcune aree della provincia di Alessandria e della zona di Prato sono stati rilevati livelli significativi di PFAS nelle acque potabili. Questi dati evidenziano l’urgenza di interventi mirati per la bonifica e la protezione delle fonti idriche.

IL LAVORO DEI MEDICI PER L’AMBIENTE

Uno dei lavori più importanti in questo senso è stato condotto da ISDE – Associazione Medici per l’Ambiente –, attraverso un’indagine coordinata dal dottor Vincenzo Cordiano. La ricerca ha permesso di raccogliere dati precisi sulla presenza di PFAS nelle acque del Veneto, mettendo in luce come la contaminazione abbia raggiunto livelli allarmanti, con concentrazioni di queste sostanze che in alcuni casi superano abbondantemente i limiti suggeriti dalle autorità sanitarie.

Il rapporto di ISDE non si è limitato a fornire una fotografia della situazione, ma ha anche avanzato precise raccomandazioni per la gestione dell’emergenza e la protezione della salute pubblica. Per chi desidera approfondire la questione, ISDE ha promosso la pubblicazione del libro PFAS: una contaminazione persistente, pervasiva e pericolosa, che rappresenta una risorsa fondamentale per comprendere la portata della contaminazione e le azioni necessarie per contrastarla. Il volume raccoglie studi scientifici, testimonianze e strategie per affrontare questa emergenza ambientale e sanitaria. 

Un documento inviato alla presidente dell’Unione Europea chiede il divieto della produzione e dell’uso dei PFAS nei settori non essenziali

Parallelamente anche Greenpeace ha lanciato un’iniziativa simile, ampliando il focus a livello nazionale. L’organizzazione ambientalista ha infatti realizzato la prima mappa dettagliata della contaminazione da PFAS nelle acque potabili italiane. Il lavoro di Greenpeace ha confermato che il problema non è circoscritto al Veneto, ma interessa molte altre regioni italiane, comprese Lombardia, Piemonte, Toscana ed Emilia-Romagna. Il rapporto ha evidenziato come le fonti di approvvigionamento idrico siano spesso esposte a livelli di PFAS che dovrebbero destare preoccupazione, rendendo necessaria un’azione urgente per tutelare i cittadini.

LA SITUAZIONE FUORI DALL’ITALIA

Di fronte a questa situazione, numerose associazioni hanno deciso di intervenire direttamente a livello istituzionale. ISDE, insieme ad altre realtà impegnate nella tutela dell’ambiente e della salute, ha firmato una lettera indirizzata alla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. Il documento sottolinea l’urgenza di affrontare il problema con misure stringenti, chiedendo il divieto della produzione e dell’uso dei PFAS nei settori non essenziali. Inoltre, il testo invita l’Unione Europea a stabilire limiti rigorosi alla loro concentrazione nelle acque potabili, garantendo al contempo fondi adeguati per la bonifica delle aree già contaminate. La lettera denuncia come la lentezza della politica abbia contribuito a quella che viene definita “la peggiore crisi di inquinamento chimico della storia umana”.

Nonostante la crescente attenzione mediatica e scientifica, le azioni concrete per affrontare il problema dei PFAS sono ancora insufficienti. Le istituzioni nazionali ed europee devono adottare regolamenti più severi, aumentando i controlli sulle aziende che producono e utilizzano queste sostanze. Nel frattempo i cittadini possono fare la loro parte informandosi, sostenendo le campagne di sensibilizzazione e chiedendo ai propri rappresentanti politici di prendere posizione su questa emergenza ambientale e sanitaria.

Un esempio virtuoso di impegno legislativo arriva dalla Francia, che ha recentemente varato una legge per vietare l’uso dei PFAS negli utensili da cucina. Questo provvedimento rappresenta un passo significativo verso la riduzione dell’esposizione quotidiana a queste sostanze tossiche e potrebbe costituire un modello per altri paesi europei, tra cui l’Italia, affinché adottino normative simili per tutelare la salute pubblica. L’inquinamento da PFAS è un problema complesso, ma non impossibile da risolvere. Serve un impegno congiunto tra scienza, politica e società civile per fermare la diffusione di queste sostanze tossiche e garantire un futuro più sicuro per le prossime generazioni.