20 Marzo 2025 | Tempo lettura: 9 minuti
Ispirazioni / Io faccio così

Maestri di Strada: una vera “comunità educante” per fare educazione nelle periferie difficili

Attraverso questa chiacchierata con il presidente Cesare Moreno, scopriamo i principi che hanno ispirato l’approccio dei Maestri di Strada, che da anni operano in contesti socialmente difficili per contrastare l’abbandono scolastico e la povertà educativa.

Autore: Fulvio Mesolella
Salva
maestri di strada ant2

Il Centro Ciro Colonna è oggi un cantiere, circondato d’impalcature e in parte attraversato da infiltrazioni d’acqua, muri scrostati e librerie protette a stento da teloni. Sembrerebbe decadente se non fosse per il fermento di operai che si muovono in tutti gli ambienti e che si confondono quasi con gli operatori della neonata – per l’esattezza, il 23 luglio 2024 – Fondazione di partecipazione Napoli Est Ciro Colonna.

È un edificio scolastico molto grande che si sta trasformando in un centro di quartiere finora inedito a Napoli, attraverso lavori di manutenzione straordinaria ed efficientamento energetico. Oltre a essere già sede delle attività dei Maestri di strada, lo sarà presto anche per molte altre associazioni e strutture di servizio sociale e culturale dedicate al quartiere di Ponticelli/Barra, nella periferia est di Napoli, diventando una specie di museo-laboratorio, un “dimostratore tecnologico per la formazione di maestranze e lo sviluppo della comunità energetica”.

Cesare e Carla

Cesare Moreno ha 78 anni, insieme a sua moglie Carla Melazzini e a un altro maestro, Marco Rossi Doria è stato ideatore dei primi Maestri di strada e con questi del progetto Chance, che negli anni ‘90 ha realizzato uno degli interventi più significativi e trasformativi dell’educazione, cercando di riportare nel circuito formativo e culturale qualche centinaio di ragazzi delle periferie degradate – su quasi 1200 – che, in special modo in questa città già molto problematica, abbandonavano gli studi ancora in età scolastica. «Una goccia nel mare», come riconosce Cesare, ma pur sempre qualcosa, un esempio da allargare a macchia d’olio.

maestri di strada
I mezzi di Maestri di Strada parcheggiati presso il Centro Polifunzionale Ciro Colonna

Quel progetto, proprio mentre dava il meglio di sé e stava per essere integrato anche strutturalmente nelle proposte scolastiche del ministero, è stato inspiegabilmente sospeso e mai più rifinanziato. Cesare già da tempo denunciava che si stesse facendo “un vestito a cui mancavano le basi” e per protestare in forma permanente girava in sandali, sottolineando che mancavano le scarpe per far camminare le proposte innovative e renderle strutturali: ora mi aspettavo di ritrovarlo scalzo. Ma per fortuna ha ancora i suoi sandali francescani, sebbene la sua proposta sia molto laica in ogni aspetto.

Abbiamo cominciato a parlare di tante cose con Cesare, per esempio della violenza che sta travolgendo i giovani di Napoli e provincia – basti pensare allo stesso Ciro Colonna, cui è dedicato il centro, un diciannovenne vittima innocente della camorra. Abbiamo accennato anche alle tuttora inspiegate cause dell’interruzione istituzionale del progetto Chance, che coincise con la perdita di Carla, la moglie di Cesare, momento in cui vidi per la prima volta ferito quello che per me era il “leone” della pedagogia di strada.

In quel periodo, circa 13 anni fa, passava spesso da Napoli per conferenze e formazioni Edoardo Martinelli, allievo di don Milani e della Scuola di Barbiana e con lui ci si confrontava sul come ripartire, da dove. Ma in questo incontro di oggi, nella nuova sede/cantiere, abbiamo la fortuna di avere Nadia, educatrice dei Centri per le famiglie del Comune di Ferrara e le sue domande ci spingono a spostare di più l’attenzione sul metodo partecipato che ispira il lavoro degli attuali oltre 50 collaboratori e collaboratrici, inclusi maestri di strada, e sulla loro integrazione con i servizi di salute e di assistenza.

maestri di strada
Cesare Moreno insieme a due collaboratrici di Maestri di Strada

Il metodo dei maestri di strada

Con la fine di Chance i maestri di strada sono tornati a proporre il loro metodo coinvolgente nelle scuole, “affiancando” gli insegnanti: Cesare precisa ironicamente di essere generoso verso la maggior parte dei docenti nell’utilizzare la parola “affiancare”, viste le difficoltà di coinvolgimento. Il metodo partecipativo prevede collaborazione fra i ragazzi, “ma per gli insegnanti questo è copiare”: è evidente che c’è un grave problema culturale e formativo, io aggiungo quasi “addestrativo”, perché non è solo questione di comprendere che bisogna promuovere la cooperazione contro la competizione, è che bisogna sviluppare attitudine sincera al lavoro di gruppo, propensione ed esercizio alla collaborazione, anche fra educatori.

«Con il teatro, la musica e le arti visive incantiamo il bambino, a questo punto dopo seducere è possibile educere, tirare fuori le sue capacità. Questo è il metodo maieutico. Non è che la scuola sia in crisi nelle periferie, lì la crisi si è vista prima, ma è ovunque. Va provato un cambiamento sistemico, altrimenti ci si accontenta di collaborare fra operatori sociali e alcuni insegnanti motivati, poi spesso cambia l’insegnante o peggio cambia un dirigente e si ferma ogni possibilità di miglioramento. Ora ci parlano di “comunità educante” ma non sanno di cosa parlano», spiega il presidente di Maestri di Strada.

Come funziona un gruppo “generativo”

Alla richiesta di Nadia, Cesare risponde: «I genitori devono essere parte dell’erogazione del servizio, poiché il servizio partecipato vede un’attività formativa ispirata alla Community Based Rehabilitation – Riabilitazione su base comunitaria –, includendo dei professionisti complementari, i “genitori sociali”, che abbiamo inventato nel 1991. Tu, in quanto genitore, rappresenti l’intera genitorialità e partecipi a tutte le attività formative. “Professione riflessiva” vuol dire non esercitare una proposta di cambiamento sugli altri, ma cambiare insieme ai destinatari. Se non cambia l’operatore non cambia il servizio».

Vuoi approfondire?

L’associazione Maestri di Strada ONLUS nasce ufficialmente nel 2003, ma già dal 1998 inizia l’attività sul territorio con il progetto Chance. Per saperne di più consulta la scheda della nostra mappa.

«A questo non sono preparati lo Stato, né gli ordini professionali, né l’università», prosegue Cesare. «Il percorso formativo è permanente, include gli utenti. Con la tecnica dei gruppi Balint [metodologia collaudata di formazione di gruppo, ndr] il gruppo è trattato come un unico individuo che deve concorrere al proprio benessere psicologico, lavorando sulle attività, sulle sconfitte, sulle paure, sulle delusioni, il gruppo diventa maieutico e generativo e, chi vi partecipa, si giova della capacità del gruppo di contenere le difficoltà».

«L’operatore sociale va incontro a delusioni rispetto al proprio impegno, dis-conferme dai capi che “mandano allo sbaraglio”, delusione sociale per un lavoro non riconosciuto, non stimato e gestito in modo gerarchico. Il campo educativo deve essere condotto in modo emotivamente partecipato. L’educatore deve essere parte del beneficio. Balint diceva che i medici sanno tutto sulle medicine, ma non sanno come somministrare il farmaco principale, che è il medico stesso. Conoscere le tecniche non basta, bisogna capire come la propria persona entra nella relazione».

Insomma, il benessere psicologico dell’educatore fa parte del “prodotto”. «Un educatore infelice trasmette infelicità, frustrazione. L‘educatore infelice è un cattivo educatore. Finisce per pensare: “Non solo sto male, ma mi devo avvilire perché non sono in grado di aiutare”. L’educatore mette in ballo la sua persona. La cura del benessere dell’operatore deve essere una priorità».

Un’educazione ecologica

E qui Cesare precisa che «L’organizzazione dei servizi è patogena, medicalizza e colpevolizza l’individuo, è antiecologica, crede di risolvere tutto con lo psicologo scolastico: ecologica è invece quando adottiamo un pensiero complesso e organico, quando pensiamo alla salute fisica e psichica di chi fruisce e di chi opera». Un’osservazione perfettamente coerente con la filosofia dei maestri di strada.

maestri di strada
Da sinistra, Nadia (educatrice dei Centri per le famiglie del Comune di Ferrara), Cesare Moreno e Fulvio Mesolella, inviato di Italia Che Cambia

Nadia incalza chiedendo chiarimenti sull’organizzazione dei servizi, spesso ristretti in orari preordinati, e Cesare risponde che «finché i servizi saranno organizzati “a ore” non funzioneranno: gli educatori sono distrutti perché affrontano tante situazioni diverse, senza il tempo per interrogarsi se fanno bene o male. Il monitoraggio che li accompagna è un sistema di sorveglianza, mentre dovrebbe essere un’attività professionale al servizio degli operatori. L’orario dovrebbe essere conseguenza del servizio, e non il servizio conseguenza dell’orario».

Non è un gruppo “democratico”

E qui viene ancora un’altra caratteristica dell’approccio di Maestri di Strada: «Il gruppo di lavoro deve avere un’attività riflessiva, in cui il sapere non è concentrato: tutti sanno tutto, un gruppo generativo genera qualcosa di nuovo che nessuno poteva immaginare prima, quindi non è “democratico” come lo intendiamo normalmente, fatto di maggioranze e minoranze. Occorrono nuovi dispositivi didattici e pedagogici. Per esempio noi facciamo l’appello dei presenti all’ingresso, ma in quello in uscita chiediamo ai ragazzi di certificare con un “sì” o con un “no” se hanno partecipato, se si sono sentiti coinvolti, se sentono che sia stata loro utile la giornata».

Sottolineo che la maggior parte dei gruppi che operano nel sociale non sono generativi, spesso sono guidati da figure carismatiche, ma non si respira un clima maieutico, purtroppo. «Nel Gruppo Balint si affrontano discussioni basate su ciò che sentiamo, non su ciò che pensiamo, ogni tanto lo psicologo restituisce al gruppo il pensiero che si sta sviluppando, il pensiero che fluttua nell’aria affinché qualcuno lo faccia suo».

Un educatore infelice trasmette infelicità, frustrazione. L‘educatore infelice è un cattivo educatore

«Alla fine tutti hanno delle nuove idee e queste non appartengono a un singolo che ha convinto gli altri. Inoltre abbiamo degli osservatori che trascrivono le discussioni: in genere sono i più giovani, che nelle loro sintesi non fanno una supervisione ma una “multivisione” e riescono così anche a esprimere ulteriormente il loro pensiero, le loro osservazioni. I nostri conduttori fanno il contrario di quello che si fa in tutti i gruppi: non indirizzano, piuttosto spingono tutte le persone a evitare di fare degli interventi, mettendo comunque “un pezzetto del loro pensiero” in quello collettivo».

Alla fine del nostro incontro chiedo cosa ne sia dei ragazzi passati per i progetti dei Maestri di Strada. «Alcuni sono diventati collaboratori una volta laureati, altri aiutano in vario modo. Qualcuno, soprattutto più giovane, continua a frequentare e cercare di essere utile perché qui ha trovato la propria famiglia, alcune ragazze sono andate incontro a matrimoni purtroppo non sempre felici e combattono con problemi di relazione, problemi educativi verso i propri figli, ma riconoscono nei maestri di strada uno strumento di confronto continuo e stimolante».