11 Marzo 2025 | Tempo lettura: 5 minuti
Ispirazioni / Dove eravamo rimasti

Cibi fermentati: i prodotti sani e locali e i loro microrganismi

La fermentazione è un metodo antichissimo per conservare gli alimenti e soprattutto per migliorarne le proprietà nutrizionali e organolettiche. Fra chi si rifà a questa tecnica anche per la cucina moderna c’è Carlo Nesler.

Autore: Valentina D'Amora
Intervista di: Paolo Cignini
Salva
nesler cibovivo 1130x752 1
L'articolo si trova in:

In Italia i cibi fermentati sono parte integrante della tradizione culinaria: pane, formaggi, vino e birra sono solo alcuni esempi di ciò che mangiamo abitualmente e che sono frutto di un processo di fermentazione. Secondo L’Indipendente circa due terzi degli alimenti che portiamo in tavola ogni giorno sono il risultato di fermentazioni microbiche, anche se al momento del consumo non tutti i microrganismi vivi si mantengono, poiché processi come la cottura o la pastorizzazione possono eliminarli.

Come funziona la fermentazione? Attraverso questo processo biologico microrganismi come batteri, lieviti o muffe trasformano sostanze organiche, come zuccheri e amidi, in altri composti, spesso producendo gas e cambiamenti di acidità. I cibi così diventano più digeribili, perché gli enzimi microbici pre-digeriscono alcune componenti; in più si arricchiscono di microbi, chiamati probiotici, in grado di oltrepassare la barriera dello stomaco e arrivare all’intestino, supportando il microbiota; e cambiano gusto, perché la fermentazione crea aromi complessi e unici.

fermentati
Un buffet di degustazione al Porte aperte alla Nesler. Nello scatto: shoyu, miso, UmOri e BarbOri abbinati con semplicità e cucinati con cura

Una pratica ancestrale, quella della fermentazione, verso cui c’è un interesse in crescita, anche grazie alla diffusione della consapevolezza sui benefici di questi alimenti per la salute. Per questo abbiamo voluto tornare a parlarvi di Nesler CIBO VIVO – progetto “figlio” di CibOfficina Macrobiotica – per indagare in che modo una realtà storica in questo ambito stia attraversando una fase di espansione, con tutte le opportunità e i rischi che questo può comportare. Abbiamo fatto una chiacchierata con Paolo Casadio, socio e responsabile commerciale di un’azienda che da anni è ormai un riferimento per i fermentati.

Paolo, parlaci di Nesler CIBO VIVO.

CIBO VIVO è un progetto avviato circa dieci anni fa da Carlo Nesler [ve lo abbiamo presentato qui, ndr], appassionato sin da quando era un ragazzino di cibi e prodotti fermentati a 360 gradi, dalle verdure sino agli alcolici. Da sempre il nostro obiettivo è quello di produrre in qualità molto alta e di lavorare con prodotti particolari, originali in un certo senso. Un esempio è la salsa Fata, un condimento biologico fermentato a base di farro monococco che sta piacendo molto. 

Il nostro modo di intendere il “locale” non può non tenere conto del clima e delle stagioni

I nostri claim sono non pastorizzare e utilizzare prevalentemente ingredienti biologici e locali, ossia della Tuscia [dove l’azienda ha sede, ndr]. Il nostro concetto di “locale” però è relativo e ci fa usare il sale integrale proveniente dalla Sicilia, i piselli toscani, le nocciole biologiche coltivate poco distante dal nostro laboratorio e così via.

Ora il mondo dei fermentati è meno di nicchia, anzi si sta aprendo un po’ di più a persone che si approcciano al concetto di “cibo vivo”.

Sì, il nostro intento è avvicinarci non più solo agli chef e ai salutisti, ma a tutti coloro che vogliono semplicemente arricchire la propria alimentazione. Spesso i fermentati vengono collegati a una cucina macrobiotica, sofisticata e di ricerca; noi vogliamo far conoscere i nostri prodotti anche a chi desidera mangiare bene e con gusto, cucinando in modo semplice.

Paolo cignini a NESLER
Il nostro Paolo Cignini con Paolo Casadio allo stand di Nesler CIBO VIVO durante Macrolibrarsi Fest 2024
L’interesse che state riscontrando è solo in Italia o anche all’estero?

Proprio recentemente abbiamo iniziato a espanderci in Svizzera, Olanda, Germania, Austria e Giappone, a cui stiamo per spedire un carico di miso di nocciola. E a proposito di questo aggiungo che il viterbese è un territorio che negli anni è stato davvero martoriato in tema di nocciole. Abbiamo fatto molta fatica a trovare dei fornitori locali che rispettassero i nostri criteri. Ora ci appoggiamo a due produttori microscopici, che quindi ci garantiscono solo piccole quantità di nocciole, ma biologiche. Non è stato facile trovarli, perché qui ormai è diventata una monocoltura.

Come si riesce a conciliare la crescente richiesta con l’intenzione di restare una realtà fortemente radicata al territorio?

Vogliamo continuare ad affidarci a piccoli distributori per poter avere rapporti diretti con i nostri fornitori, che conosciamo da vicino. E questo è un bene, che a volte si trasforma in male perché dall’esterno non viene capito. Spesso ci dobbiamo scusare perché non abbiamo sempre tutti i prodotti a disposizione: in questo momento, per esempio, abbiamo finito alcuni tipi di miso.

Tutto questo succede per voler seguire la natura. Ecco perché preferiamo dire di no: se un determinato prodotto sarà pronto a ottobre e non nell’immediato bisogna dirlo ai clienti, affinché lo sappiano. D’altronde il nostro modo di intendere il “locale” non può non tenere conto del clima e delle stagioni. Ecco perché cerchiamo di stringere collaborazioni con gli agricoltori più coscienziosi della zona. 

fermentati
Carlo Nesler
Quali sono i nuovi progetti che bollono in pentola in azienda?

Siamo molto orgogliosi di aver da pochissimo differenziato la nostra proposta con un nuovo prodotto del territorio di alta qualità: l’olio extravergine di oliva biologico, che abbiamo iniziato a produrre nel 2023. La cosa che preferiamo in assoluto è proprio produrre noi stessi le materie prime. Un’altra novità riguarda la sede: a breve trasferiremo tutta la produzione a Canino, sempre in Tuscia, nella Maremma laziale.

La vostra è una dimensione molto legata al territorio: che risposte vi sono arrivate in questi anni?

È un mondo piuttosto faticoso, dove si guadagna poco, ma l’etica di quello che si fa si tocca con mano durante gli incontri dal vivo, come i Porte aperte in azienda, dalle 17 fino a sera. Ogni primo mercoledì del mese facciamo visitare l’azienda e il laboratorio e degustare alcuni dei nostri prodotti. Un modo per fare due chiacchiere sulla fermentazione e farci conoscere, puntando sulla trasparenza.