Fashion Revolution Film Festival, il concorso per denunciare l’impatto dell’industria della moda
Insieme all’ambassador italiana Marina Spadafora parliamo del Fashion Revolution Film Festival, il contest per video e reel organizzato dal nodo italiano di questa rete che si occupa dell’impatto sociale della moda.

In breve
Fashion Revolution ha lanciato quest’anno il suo primo film festival
- Fashion Revolution è una rete internazionale che si occupa dell’impatto sociale dell’industria della moda
- Ogni anno viene organizzata la Fashion Revolution Week in occasione dell’anniversario del crollo di Rana Plaza, fabbrica tessile in Bangladesh, che è costata la vita a 1134 persone
- Quest’anno Fashion Revolution Italia ha deciso di organizzare un film festival con due categorie – reel e corti – sul tema della moda
- C’è tempo fino al 7 aprile per inviare la propria opera caricandola sulla pagina di Fashion Revolution Italia
- I video selezionati verranno proiettati in un evento dedicato e diffusi sia attraverso i canali social di Fashion Revolution sia in occasione di incontri dal vivo
«La maggior parte delle ONG che si occupa di moda si focalizza solo sui danni ambientali di questo settore». Ovviamente non c’è nulla di anomalo in questo, anzi: quella della moda è fra le prime cinque industrie più inquinanti al mondo e quindi è giusto e necessario che questo tema sia in cima alle agende. Il problema è che spesso viene relegato in secondo piano un aspetto altrettanto prioritario che è quello che riguarda l’impatto sociale.
«Fashion Revolution si occupa di sostenibilità sociale: vogliamo più trasparenza nella filiera della moda e infatti, fra le tante campagne, ce n’è una connotata dall’hashtag #whomademyclothes [“chi ha fatto i miei vestiti?”, ndr]». A parlare è Marina Spadafora, country coordinator di Fashion Revolution Italia e fra le organizzatrici dell’omonimo film festival.

Le contraddizioni dell’industria della moda
Fashion Revolution Italia ha infatti annunciato la prima edizione del Fashion Revolution Film Festival, un concorso dedicato a tutti coloro che mettono in primo piano problematiche di natura sociale e ambientale nella moda e influenzano l’adozione di comportamenti migliori attraverso video e corti. I finalisti del concorso e i loro progetti verranno presentati nel corso della prossima edizione di Fashion Revolution Week ad aprile 2025.
«Molta della moda che troviamo nei negozi è prodotta all’estero, in paesi dove i diritti umani vengono calpestati, le paghe sono da fame e la ricaduta sulla società è molto pesante, perché quando i genitori non riescono a guadagnare abbastanza vanno lavorare anche i bambini». Con queste pochi parole scambiate con Daniel Tarozzi in occasione di una recente puntata del podcast Soluscions, Marina Spadafora traccia un quadro tanto chiaro quanto drammatico della situazione attuale.

Questo non fa che rimarcare l’urgenza e l’importanza di iniziative come il Fashion Revolution Film Festival, di cui Marina è una delle coordinatrici. «I lavori selezionati verranno presentati a Milano durante l’evento annuale di Fashion Revolution Italia – mi spiega Spadafora –, dove gli autori avranno la possibilità di incontrare la stampa e di raccontare la propria storia. I filmati prescelti saranno promossi attraverso i canali social di Fashion Revolution Italia».
Com’è nato il festival
“Perché i video?”, chiedo a Marina per capire com’è nata l’idea di un film festival dedicato all’impatto sociale dell’industria della moda. Come mi fa osservare, l’impatto emotivo e la viralità del video sono strumenti molto potenti, a cui Fashion Revolution ha già fatto ricordo in passato: «C’è una campagna molto bella che si chiama 2 euros t-shirt [“una maglietta da 2 euro”, ndr] lanciata da Fashion Revolution Germania sempre con un video. Poi abbiamo vinto il Fashion Film Festival con il video Who made my clothes e adesso vogliamo continuare questa tradizione perché il video ha un impatto e una durata nel tempo molto forti».
Non per niente infatti la creazione di contenuti video per social media e non solo, negli anni, è stato uno strumento chiave nella strategia di Fashion Revolution. I cortometraggi e i video prodotti dai vari team dell’organizzazione nel mondo hanno ispirato milioni di persone e aziende a usare la propria voce e medesimi strumenti in modo indipendente per innescare cambiamento positivo.

Gli aspetti salienti del Film Festival
I partecipanti al Fashion Revolution Film Festival possono candidarsi in due categorie: la prima, Social Media, per video di reel di massimo 3 minuti e la seconda, Short Film, per cortometraggi. Tutti i progetti verranno analizzati da una giura di esperti della moda e del cinema presieduta da Jordan Stone, rinomato regista e produttore di film come Impact – Dick Gregory, che ha visto protagonisti come Jane Fonda, James Baldwin e Barack Obama e per il quale Stone ha vinto il Best Director Award al The People’s Film Festival.
La scelta di linguaggi creativi non è una novità per Fashion Revolution, come sottolinea la stessa Marina: «Durante il Covid abbiamo lanciato la campagna Artivism, chiedendo ai follower di mandare opere d’arte che parlassero di sostenibilità; poi abbiamo creato una galleria virtuale con un evento online in collaborazione con Fondazione Pistoletto. Quest’anno facciamo una cosa simile ma chiedendo testimonianze video con due categorie. C’è una giuria con persone che lavorano nel cinema e la nostra ambizione è ricevere qualcosa di abbastanza elaborato, stiamo cercando dei video che raccontino questi temi, questi valori».
Molta della moda che troviamo nei negozi è prodotta all’estero, in paesi dove i diritti umani vengono calpestati
È questa anche un’occasione per arricchire di forze nuove e fresche il movimento, aggregando i creativi e le creative che risponderanno alla call del Fashion Revolution Film Festival: «Il 7 maggio ci sarà un evento al teatro dell’Istituto Europeo di Design in cui i filmati che verranno scelti saranno proiettati. Successivamente verranno distribuiti non solo sui nostri media, ma anche su quelli di Fashion Revolution International, presente in 90 paesi nel mondo, e questo garantirà una bella exposure a chi parteciperà». Ma non è tutto, perché «oltre a essere distribuiti sui nostri canali gli elaborati continueranno a circolare nelle scuole, nelle università e in altri contesti didattici», precisa Marina, che è dirige diversi master.
La strada sembra proprio essere quella giusta e la rete di Fashion Revolution sta allargando il più possibile le maglie per intercettare persone che possano portare un contributo significativo alla causa. «Stiamo ricevendo già proposte molto belle, sto andando in scuole – soprattutto di cinema, visto il tema della call – a parlarne invitando a partecipare, abbiamo anche un’ambasciatrice a Roma che sta andando nelle accademie della Capitale. Stiamo aprendo, come abbiamo fatto nei confronti del mondo dell’arte, anche a quello dei video».
Vuoi approfondire?
Per approfondire visita il sito di Fashion Revolution Italia.
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