Cantiere InterCEL, il luogo che dà ai giovani una seconda possibilità
In Italia esistono luoghi preziosi dove i ragazzi possono imparare un mestiere e conquistare nuove consapevolezze di sé. Sono i Centri di Educazione al lavoro e noi ne abbiamo scoperto uno particolare, che ha preso vita da un ventaglio di cooperative. Si chiama Cantiere InterCEL.

È importante fermarsi a riflettere cosa si desidera davvero nella vita. In quanti casi le nostre scelte si sono basate su aspettative esterne anziché sulle nostre reali inclinazioni ed esigenze? Scoprire e coltivare le proprie attitudini è una tappa essenziale della crescita. Oggi in Italia però molti adolescenti affrontano profonde incertezze in merito al proprio futuro.
Secondo uno studio realizzato da Excellentia ed Eumetra, Osservatorio Teens, il 50% degli studenti di scuole superiori è indeciso se proseguire gli studi o entrare nel mondo del lavoro dopo il diploma. In più, il 71% del campione preso in esame sente la necessità di avere supporto sulla scelta post-diploma e il 68% indica che la scuola non li sta preparando al mondo del lavoro. Se poi parliamo di minori fuoriusciti dal circuito scolastico, risultato per loro fallimentare, o in difficoltà a portare avanti il percorso – in questo caso si attivano dei percorsi integrati tra scuola e CEL – e minori stranieri non accompagnati, il disorientamento rischia di amplificarsi: soprattutto per questi ultimi l’integrazione sociale e lavorativa è una sfida cruciale per la nostra società.
A Genova abbiamo conosciuto una bella realtà che supporta i giovani in difficoltà e i minori fragili del territorio. Si chiama Cantiere InterCEL ed è il sesto Centro di Educazione al Lavoro aperto nel capoluogo ligure. Avviato nell’ottobre 2023 e inaugurato nel marzo 2024 nella sua sede ufficiale di via Avio 6, questo centro che ospita circa venti ragazzi e ragazze tra i 16 e i 20 anni, nasce come risposta a un bisogno molto forte: orientare, formare e avvicinare al mondo del lavoro i minori che stanno affrontando un momento di fragilità.

Una rete di cooperative per supportare le fragilità degli adolescenti
Faccio una chiacchierata con Maria Carla Sivori, la coordinatrice del CEL, nel suo ufficio mentre i ragazzi aspettano nell’open space lo scoccare delle 9 per iniziare le attività con gli educatori. «Questo centro ha una particolarità – mi spiega – che si evince già dal nome: si chiama Cantiere InterCEL, proprio perché, a differenza di tutti gli altri, è nato sulla base di un partenariato tra diverse cooperative genovesi».
Una rete tra enti del terzo settore che hanno messo sul tavolo le proprie competenze per lavorare in modo più efficace su diversi tipi di fragilità dei minori: Ascur, la cooperativa capofila, insieme ad Agorà, Il laboratorio e Coopsse, hanno capitalizzato le buone pratiche, il sapere e il know-how di questi quarant’anni di esperienze sul territorio.
Maria Carla mi racconta che quello del Centro di Educazione al Lavoro così impostato è un modello tipicamente genovese che affonda le sue origini negli anni ottanta. Nel tempo si è implementato e offre ai ragazzi percorsi formativi e di orientamento al mondo del lavoro, con opportunità di tirocini presso le aziende. Lei coordina un’equipe formata da cinque educatori professionali e al tempo stesso operatori di riferimento di diversi indirizzi – ceramica e arti applicate, falegnameria e restauro, informatica, arti visive e musica, cucina, didattica e orientamento al lavoro – ed è stata proprio questa la scommessa di InterCEL.

«Il nostro obiettivo principale è quello di orientarli a 360°, rispetto sia al mondo del lavoro che a un futuro percorso formativo. Il senso è proprio accompagnarli all’acquisizione degli strumenti per capire quali sono i propri punti di forza e quelli di debolezza, cercando di declinare i desideri e i talenti di ognuno, anche a seconda dei vincoli e delle opportunità del contesto. Ogni ragazzo e ragazza ha un progetto educativo individualizzato, con tempi variabili». Ed è proprio questo il bello, perché qui vengono rispettati i tempi di ognuno, insegnando a “stare”, sperimentare e ascoltarsi.
«Pur non essendo il nostro obiettivo principale trovare concretamente lavoro ai ragazzi, succede a volte che il match tra offerta e domanda avvenga. Capita infatti che il ragazzo si sperimenti in un settore che gli piace e in cui risulta capace: il datore di lavoro durante il tirocinio lo nota, lo apprezza e decide di puntare su quella risorsa e valorizzarla. A quel punto può esserci anche l’assunzione».
Qui “il fare” ha un saldo riferimento all’educatore o all’educatrice con cui – a differenza della scuola, dove i numeri sono altissimi – i ragazzi riescono ad avere un diverso rapporto educativo, sul piano sia quantitativo che qualitativo. C’è uno sguardo dedicato, uno stare vicino e un fare insieme che comprende anche l’imparare dall’errore per arrivare a un bilancio delle proprie caratteristiche da spendere poi fuori dal CEL. Questa consapevolezza arriva col tempo, sperimentandosi in vari settori, realizzando con le proprie mani delle cose. Sono curiosa e inizio a esplorare gli spazi del centro.

I settori di attività
Nel laboratorio di informatica ci sono un ragazzo e una ragazza insieme ad Alessandro Ginevri e Jacopo Lunghi, gli educatori di questa sezione. Qui ferve l’attività nelle arti visive e nella musica che oscilla tra la realizzazione di podcast, web radio, montaggi video e molto altro. «Tutta la documentazione interna del CEL, come modulistica da compilare e altri documenti, viene progettata qui, in modo che i ragazzi imparino a usare software base di scrittura come Word ed Excel. E poi il mercoledì andiamo in una sala prove di Teglia, Amplificatore Sociale, dove cantiamo un po’», mi spiega.
Quando entro nel laboratorio di falegnameria e piccolo restauro, l’educatore Beppe Laricchia chiede ai ragazzi di spegnere i macchinari, effettivamente rumorosi, per poter scambiare due parole. Subito mi indica alcuni oggetti di legno “con almeno cent’anni di vita”, appartenenti a suo papà o suo nonno, trovati in cantina o in garage. «Vedi, questa è una pialla, un pezzo storico della falegnameria, che abbiamo restaurato con cura», mi spiega, raccontandomi che ai ragazzi piace moltissimo l’idea di riportare in vita gli oggetti di un tempo.

Ed è questo lavorare sulle “tracce” a cavallo tra passato e presente, che trovo decisamente interessante e che mi piace fermarmi a osservare, guardando gli innumerevoli attrezzi sul tavolo di lavoro o i prototipi di alberi della vita o di cani in stile Depero. «Sai però qual è il vero problema di questo settore? La polvere», mi dice Beppe, scherzando. Torniamo in corridoio dove mi mostra un’altra linea di attività, quello della costruzione di piccoli oggetti destinati alla vendita, scatoline, portachiavi e giochi per bambini.
Mi sposto nell’ultima stanza, l’officina della ceramica, dove mi accolgono Ester Middioni e Francesca Predieri. «Qui sperimentiamo tante tecniche diverse», precisa subito. «Il percorso è simile a quello della storia dell’arte, in un certo senso: si passa dall’uso del pollice sino a tecniche avanzate, in cui si studiano colore texture e disegno». Ester mi spiega che all’inizio i ragazzi vengono lasciati molto liberi nell’approccio, dalla scelta del colore sino ai materiali, che ognuno manipola e crea a seconda della propria personale interpretazione.
«Ora stiamo preparando le lettere da appendere alle diverse stanze del CEL e abbiamo in progetto dei lavori “mixati”: orologi in legno realizzati dai ragazzi in falegnameria con i numeri in ceramica, ma anche tazze e tazzine». Anche qui un occhio di riguardo va alla circolarità. «Ogni volta che ne abbiamo occasione poi usiamo materiali di riciclo a cui diamo nuove forme. Ora per esempio con le confezioni delle uova stiamo realizzando tante mongolfiere di cartapesta».

Francesca poi mi parla dell’attività del mercoledì nella cucina della Casa Di Quartiere di Certosa, dove spesso si preparano i piatti tipici dei Paesi di appartenenza dei giovani, con ricette elaborate da loro e redatte nel settore di informatica, che poi si condividono nel momento del pranzo tutti insieme.
Faccio un ultimo tour e penso a dove sarebbero questi ragazzi se non si trovassero lì, in quel momento. Ripenso ai tanti sguardi che brillavano di soddisfazione mentre mi indicavano dei lavori realizzati da loro, alla socializzazione positiva che si costruisce in queste stanze, alla crescita che avviene giorno dopo giorno. Imparare un mestiere non è solo un modo per acquisire competenze utili per entrare nel mondo del lavoro e avere indipendenza economica, ma protegge ragazzi e ragazze da situazioni di marginalità sociale, sfruttamento o devianza. Un’opportunità concreta per costruirsi un futuro degno di questo nome.
Cantiere InterCEL è stato voluto e finanziato dal Comune di Genova. L’inserimento dei ragazzi avviene su segnalazione di servizi pubblici ed enti convenzionati – Ambiti Territoriali Sociali, Scuole, UCST – e viene autorizzato dall’Ufficio Coordinamento Inserimenti Lavorativi del Comune di Genova.
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