10 Febbraio 2025 | Tempo lettura: 7 minuti
Ispirazioni / Io faccio così

Casa Lussu, il luogo dove il tempo si tesse tra creatività, sostenibilità, memoria e resistenza

Casa Lussu è un luogo che conserva la memoria, tramandandola attraverso esperienze che consentono di entrare nel cuore del territorio sardo, intrecciandola con la tradizione della tessitura e la cultura locale.

Autore: Sara Brughitta
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casa Lussu
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Ad Armungia, come nel mito di Aracne, si intrecciano tessuti e storie. Ed è qui che Tommaso Lussu e Barbara Cardia hanno creato Casa Lussu, che non è solo un luogo in cui viene tramandata la memoria degli antifascisti Emilio e Joyce Lussu, ma è anche uno spazio di recupero delle antiche tecniche tessitorie sarde. Le trame del passato si collegano con quelle del presente, in modo da proporre in una zone rurale colpita dal fenomeno dello spopolamento, un diverso e possibile futuro. Casa Lussu è una residenza, uno spazio creativo, un modo di creare nuovi luoghi di produzione, socializzazione e vita, non solo di consumo.

Come e perché nasce Casa Lussu?

Tutto è iniziato ufficialmente nel 2014 quando abbiamo deciso di costituire l’associazione. Non è stato un progetto fatto a tavolino: io, Tommaso, sono nato, cresciuto a Roma e lì lavoravo. Nel 2008 c’è stata un’occasione lavorativa che mi ha portato in Sardegna. In realtà già frequentavo Armungia lavorando nel settore del restauro e dell’archeologia; successivamente ho deciso di trascorrere qui un periodo e dopodiché non me ne sono più andato. Nel frattempo ci siamo incontrati con Barbara Cardia ed è nato il progetto. Un’idea nata da un sentire interiore, non dalla possibilità di costruire qualcosa di economico.

Siamo partiti da una vocazione e poi abbiamo cercato di trasformarla anche in microeconomia. L’idea, che ha anche animato una pianificazione rispetto al discorso dello spopolamento dei piccoli paesi, è quella di ripartire dai beni immateriali di conoscenze, di comunità, di cultura. La strategia è di abbinare la tessitura all’ospitalità residenziale, in modo che i territori non siano solo luogo di consumo – dove quindi si va a consumare qualcosa – ma anche di partecipazione.

armungia casa Lussu Emilio Joyce
Armungia, foto di Cecilia Lenigno

Reputo necessario costruire luoghi di produzione che devono soddisfare non solo i turisti, ma anche le comunità che ci vivono. Per questo infatti, collaboriamo con una cooperativa agricola nel Gerrei, che è una cooperativa storica per la riattivazione della produzione del settore alimentare, ma non solo. C’è poi anche un’altra volontà, quella di cercare di contrastare quest’idea che la Sardegna possa avere solo la monocultura dell’allevamento ovino: ci sono tantissime colture che si possono sperimentare nelle zone di colline interne e che porterebbero anche al discorso della diversità, della bio-diversificazione, che sono temi centrali.

In che modo in casa Lussu ad Armungia si dà rilievo all’agro-biodiversità, ovvero la diversità della vita relativa ai sistemi agricoli

A parte nella nostra quotidianità, abbiamo fatto dell’agro-biodiversità un tema centrale del nostro Festival, che dal 2020 si svolge in una serie di piccoli paesi e che è basato sulle piccole produzioni. Poi con la collaborazione della cooperativa agricola di San Nicolò Gerrei abbiamo cercato di fare rete con le piccole filiere dell’agro-alimentare. Infine facciamo aggregazione anche tramite le iniziative pubbliche: eventi o giornate di diffusione e promozione. Abbiamo organizzato degustazioni e piccoli corsi di cucina. Abbiamo dato ampio spazio alle erbe spontanee a uso alimentare della Sardegna, che sono una possibilità di arricchimento assolutamente enorme che costituirebbe da solo un piccolo esempio di microeconomia.

Tornando al contesto, quali sono gli aspetti più belli e unici di Armungia e del suo territorio e quali invece quelli più complessi, sui quali come associazione avete scelto di concentrarvi?

Armungia ha molte peculiarità: è un territorio che Emilio Lussu definiva “ai margini dell’Europa occidentale”, quindi è il bello, ma anche il lato positivo in negativo. Il fatto di essere arroccato su queste montagne del Gerrei a sud-est dell’Isola, quindi allo stesso tempo avere il bellissimo mare a poca distanza e avere vicino a una città come Cagliari, è sicuramente un enorme valore aggiunto. L’altra faccia della medaglia è un tema che non è solo di Armungia, ma riguarda un po’ tutte le zone montane, dall’Appennino alle Alpi, ma fondamentalmente negli ultimi anni sta diventando un tema europeo: lo spopolamento. 

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Secondo voi qual è il modo per riuscire a rivitalizzare queste aree?

Ovviamente non c’è una risposta univoca, è un problema non solo sardo e noi pensiamo che la strategia sia quella di puntare sulle risorse locali, quindi micro-filiere, cultura, ospitalità. Paradossalmente le zone che sono state più ai margini non sono state investite dai grandi fenomeni minerari o comunque dall’illusione industriale. Sono quelle che sono rimaste più preservate, per cui è anche più semplice riavviare sistemi di microeconomie territoriali. La strada è sicuramente questa, non è semplice però bisogna ripartire dai territori, farli tornare a essere luoghi di produzione e non solo di consumo, perché puntare tutto sul turismo e vivere tutti quanti di agriturismi e bed and breakfast è un’illusione controproducente.

In molte zone della Sardegna ci sono già delle esperienza virtuose legate a giovani e meno giovani che magari hanno studiato fuori e tornano e avviano attività come piccole aziende agricole o cantine. Negli ultimi vent’anni sono nate varie iniziative specie nel settore olivicolo e vitivinicolo, settori in cui c’è anche margine per costruire delle piccole attività, ma è servito anche ripartire dalla cultura, dal lavoro artigiano come appunto la tessitura nel nostro caso e ripartire dal territorio: questa è la chiave.

Bisogna ripartire dai territori, farli tornare ad essere luoghi di produzione e non solo luoghi di consumo

Voi proponete la tessitura a licci (lithos, lizos), che consiste nell’intersecare fili disposti in senso longitudinale, cioè l’ordito, disponendo altri fili in senso trasversale, cioè la trama. Quale esigenza vi ha spinto a recuperare questa tecnica?

Abbiamo scelto di ripartire dalle tecniche tradizionali di tessitura, che sono quelle che abbiamo acquisito tramite zia Giovanna Serri, la nonna della mia compagna Barbara Cardia. Sono delle tecniche poco ricche, dato il contesto marginale e povero, però a rischio di scomparsa perché già a partire dagli anni ’60 del secolo scorso non erano rientrate nei disciplinari regionali oppure non erano ritrasmesse attraverso tutta l’epoca delle grandi cooperative.

C’è soprattutto un discorso di salvaguardia e poiché non esiste tutela senza trasmissione, l’obiettivo dell’associazione non è tanto di configurarsi come un piccolo laboratorio di produzione, ma l’attività principale è quella di fare corsi per trasmettere quest’arte. Da tanti anni ormai vengono persone da svariate regioni. Questa modalità di combinare corso di tessitura con esperienza residenziale in un piccolo paese è qualcosa di molto interessante a detta di chi viene da fuori.

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Eventi a Casa Lussu
Infine, per quanto riguarda invece la questione della memoria storica, quanto dell’antifascismo di Joyce ed Emilio resta fra le mura di casa Lussu? 

La memoria resta al 100%, siamo perfettamente in continuità con quella storia. Ci occupiamo anche di attività attraverso le quali abbiamo promosso e presentato in maniera continuativa le poesie di Emilio e di Joyce Lussu, che vengono continuamente ripubblicate da piccole case editrici del continente. Collaboriamo da sempre, dalla morte di Emilio Lussu, con l’Istituto sardo della resistenza e dell’antifascismo, che oggi è intitolato proprio a Joyce ed Emilio Lussu, i veri custodi della memoria storica e storiografica.

Per quanto riguarda la memoria storica, collaboriamo costantemente anche con il Comune di Armungia, dove è presente un museo dedicato a Joyce ed Emilio Lussu, che esiste ormai da quindici anni. Il museo è nato da un comitato creato con scopo scientifico allargato che coinvolgeva l’università di Cagliari, l’Istituto della resistenza dell’antifascismo e altre figure di storici, antropologi e museologi a livello regionale e nazionale.

“La vita – scriveva Joyce Lussu – è lunga quanto le nostre azioni generose, quanto i nostri pensieri intelligenti, quanto i nostri sentimenti disinteressatamente umani”. E Casa Lussu è una realtà che contribuisce ad alimentare una vita ricca di significato e a un futuro sostenibile per la comunità di Armungia.