7 Gen 2025

Società Benefit: le imprese italiane stanno diventando più sostenibili?

Scritto da: Benedetta Torsello

In Italia le Società Benefit vantano performance economiche e livelli di innovazione da primato. Non solo: per loro generare un impatto ambientale e sociale positivo conta tanto quanto la redistribuzione degli utili.

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Come definire un’azienda che oltre a generare profitti produce un impatto positivo a favore non solo degli azionisti, ma anche dell’ambiente e di tutta la comunità? Nel 2011 un articolo della Harvard Business Review, annunciando un cambiamento epocale per il sistema capitalistico tradizione, le definiva Benefit Corporation, oggi meglio conosciute in Italia come Società Benefit.

Anche dette a double purpose – ovvero a doppia finalità –, le Società Benefit sono imprese che, oltre allo scopo di dividere gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, ambiente e stakeholder, impegnandosi a valutare sin dal proprio statuto il loro impatto.

UNA RICERCA RACCONTA LE SOCIETÀ BENEFIT ITALIANE

Oggi in Italia le Società Benefit sono 4353, stando a quanto riportato dall’Osservatorio sulle Società Benefit di Camera di commercio di Brindisi e Taranto – Infocamere (dati relativi a settembre 2024). Il numero è in aumento esponenziale, come emerge dalla Ricerca Nazionale sulle Società Benefit 2024, uno studio che per la prima volta analizza l’evoluzione di questo fenomeno – in primis culturale e sociale – anche da un punto di vista economico-patrimoniale.

Paolo Di Cesare Co founder di NATIVA
Paolo Di Cesare, co-fondatore di Nativa

La ricerca, realizzata da un team di esperti, ha coinvolto Nativa, il Research Department di Intesa Sanpaolo, InfoCamere, il Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Padova, la Camera di commercio di Brindisi-Taranto e Assobenefit. Nello studio, il panorama italiano delle società benefit emerge grazie al confronto tra l’andamento delle Benefit con quello di un insieme di aziende tradizionali appartenenti agli stessi settori e di equiparabili classi dimensionali.

NATIVA, UN PRECEDENTE UNICO IN EUROPA

A parlarci della ricerca sulle Società Benefit italiane sono Paolo Di Cesare, co-founder di Nativa, e Silvia Zanazzi, chief regeneration scientist. «Nel modello mainstream di impresa ci sono decenni e decenni di studi, tentativi ed errori – esordisce Di Cesare – tutti finalizzati alla massimizzazione del profitto». Per le Società Benefit invece non esiste un percorso ben tracciato e quindi lo studio nasce dall’esigenza di riflettere su come si stanno sviluppando oggi in Italia questo tipo di imprese.

La nascita di Nativa, come vi avevamo raccontato tempo fa in un articolo, precorre i tempi e in un certo senso scrive la storia di questo nuovo modo di fare impresa, non solo nel nostro paese, ma in tutta Europa. Prima Società Benefit nel vecchio continente, da oltre dieci anni Nativa supporta alcune delle più importanti aziende italiane ed europee in una radicale evoluzione del proprio business, accelerandone la transizione verso modelli che mettano al centro la sostenibilità e la rigenerazione.

Il team di NATIVA
Il team di Nativa

Quando nel 2012 Eric Ezechieli e Paolo Di Cesare fondarono Nativa, nello statuto aziendale, ispirandosi al modello legislativo statunitense – il Maryland in particolare fu il primo stato a regolamentarle – inserirono tra gli obiettivi quello di generare felicità per tutte le persone che ne facevano parte, oltre che dividere utili tra i soci. Questa dicitura venne inizialmente rifiutata poiché secondo il Codice Civile italiano (Art. 2247), lo scopo di un’azienda è solo quello di dividerne gli utili. Solo dopo svariati tentativi lo statuto venne approvato e nacque Nativa.

«Grazie ai nostri sforzi e alla collaborazione con un team guidato dal senatore italiano Mauro Del Barba, l’Italia è stata il primo Stato sovrano al mondo ad aver introdotto la legge sulle Società Benefit con la Legge di Stabilità del 2016», ribadisce il co-fondatore di Nativa. Le Benefit Corporation sono state successivamente introdotte anche in Colombia (2018), Porto Rico (2018), Ecuador (2019), Canada – British Columbia (2019), Francia (2019, nella forma di Société à Mission), Perù (2020), Ruanda (2021), Spagna (2022), Panama (2022) e San Marino (2023).

Oggi non è più concepibile un modello imprenditoriale che non tenga conto delle ricadute ambientali e sociali

Per Paolo Di Cesare Nativa è «una creatura un po’ particolare che applica un concetto di impresa che ha tante ispirazioni nel passato – primo fra tutti il modello imprenditoriale di Adriano Olivetti – e ne avrà anche nel futuro, ma sostanzialmente nuovo che cerchiamo di sviluppare giorno per giorno». Nativa si occupa di strategia di sostenibilità: ovvero affianca le aziende che vogliano modificare il proprio business perseguendo un modello di impresa non estrattivo ma rigenerativo.

«Quello che ci chiediamo ogni volta è se un’azienda è in grado di creare un valore sociale, economico e ambientale sistematicamente superiore al valore economico, sociale e ambientale di cui ha bisogno per esistere», sottolinea Di Cesare. «Oggi non è più concepibile un modello imprenditoriale che non tenga conto delle ricadute ambientali e sociali. O quasi. Sulla mia scrivania ho sempre le foto dei più potenti CEO delle aziende del fossile mondiale [sorride, ndr]. Mi aiuta a ricordare che dietro a questo modello da smantellare, ci sono degli esseri umani, anche se è difficile crederlo».

Silvioa Zanazzi Chief Regeneration Scientist
Silvia Zanazzi, Chief Regeneration Scientist di Nativa
PERCHE LE SOCIETÀ BENEFIT CRESCONO DI PIÙ

Ai fini della ricerca sul tessuto imprenditoriale nazionale, è stato scelto un campione di imprese benefit da mettere a confronto con un insieme di aziende non benefit omogeneo per macro-settore e classe dimensionale. Il periodo analizzato comprende il quadriennio 2019-2022, mentre l’analisi è stata possibile incrociando il database anagrafico sviluppato dalla Camera di Commercio di Taranto e Infocamere con quello a disposizione di Intesa Sanpaolo (dati ISID – Intesa Sanpaolo Integrated Database).

«L’universo imprenditoriale italiano è fatto soprattutto da piccole e medie aziende – commenta Di Cesare – e questo si riflette anche nel panorama delle Società Benefit in termini di numerosità. Tra le Società Benefit, le piccole-medio imprese rappresentano l’1×1000 di tutte le aziende italiane, mentre le più grandi costituiscono l’1,2%. Ciò significa che l’incidenza sulle grandi imprese è maggiore rispetto alle piccole e che un cambiamento culturale profondo sta facendosi sempre più spazio».

Dalla ricerca emerge quanto il panorama delle società benefit italiane sia caratterizzato da dinamicità, internazionalizzazione e una costante crescita. Dai dati emerge che tra il 2019 e il 2022 le Società Benefit hanno registrato un aumento del fatturato del +37% in termini mediani, più del doppio rispetto alle imprese non-benefit (+18%). Oggi le Società Benefit rappresentano ancora una nicchia rispetto al totale delle imprese italiane (1,23×1000), ma il trend di crescita è in continua accelerazione dal 2016, anno di introduzione della legge italiana che ne ha regolamentato lo status giuridico.

Societa Benefit per settore Ricerca Nazionale sulle Societa Benefit 2024
Società Benefit per settore

Stando ai dati, le Società Benefi, concentrate soprattutto nel nord Italia, riconoscono maggiormente il valore del capitale umano – il costo del lavoro medio per addetto di è 41.000 euro contro 38.000 –, ridistribuendo dunque di più la ricchezza tra i lavoratori. Le Società Benefit sono in netto vantaggio rispetto al vecchio modo di fare impresa anche per quanto riguarda i livelli di internazionalizzazione, la richiesta di brevetti (il 24% contro il 13%), i marchi registrati a livello internazionale (il 35% contro il 19%) e l’ottenimento di certificazioni ambientali (il 35% contro il18%).

Tra il 2020-2021 il numero delle Società Benefit è raddoppiato – da 805 nel 2020 a 1.697 nel 2021 – e i loro addetti sono passati da 18.000 nel 2020 a ben 98.000 nel 2021 (+433%). In quegli anni molte aziende hanno iniziato a riflettere maggiormente sul proprio impatto sociale e ambientale. In un certo senso la pandemia ha coadiuvato un fenomeno preesistente, anche se sottotraccia.

QUALI SONO LE PRINICPALI FINALITÀ DELLE SOCIETÀ BENEFIT

La seconda parte della ricerca invece è dedicata a un’analisi delle finalità delle Società Benefit. «Per la prima volta, anche grazie all’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale applicati all’analisi testuale, è stato possibile analizzare in modo sistemico gli statuti di tutte le Società Benefit italiane (3.619 a fine 2023), identificando le 18.618 finalità specifiche di beneficio comune, in media 5,8 per azienda», spiega Silvia Zanazzi.

Costo del lavoro Ricerca Nazionale sulle Societa Benefit 2024
Costo del lavoro

Dalla classificazione generale emerge che il 32,5% delle finalità verte sul capitale sociale, mettendo in luce il forte legame del tessuto imprenditoriale italiano con il territorio e le comunità in cui operano. Seguono le finalità relative all’innovazione del modello di business (24,4%) e alle politiche di gestione del capitale umano (17,6%), che incidono sull’equità, sull’organizzazione del lavoro, sul benessere e la valorizzazione delle persone.

Per finire con quelle legate all’area leadership e governance (13,4%) e quelle relative all’impatto ambientale (12,2%), con una percentuale relativamente bassa che fotografa la maggior appartenenza delle società benefit al settore dei servizi, in cui gli impatti ambientali sono soprattutto indiretti. Tra le Società Benefit, circa 8 su 10 (il 78,0%) hanno indicato almeno una finalità specifica di beneficio comune materiale, dove la materialità indica quanto un certo tema influenza le performance di sostenibilità dell’azienda in uno specifico settore.

«La vocazione di un’impresa, per utilizzare un’espressione di Olivetti, può essere molto diversa da quella delle altre. Ragionare su come passare da un modello estrattivo a uno rigenerativo richiede un grande sforzo di ridefinizione», conclude il co-fondatore di Nativa. «Il maggiore ostacolo? Il cambiamento. Ma quello che mi conforta è che sta avvenendo, giorno dopo giorno».

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