Nazionalismo: verità o amnesia? Essere italiani e italiane in Sardegna oggi
Seguici su:
Siamo italiane, siamo italiani: prima grande verità del nostro stare al mondo come persone nate, cresciute o residenti in Sardegna. Non è solo un pezzo di carta che lo testimonia ma quasi ogni aspetto dell’organizzazione delle nostre vite. La maggior parte di noi comunica e pensa prevalentemente in italiano; l’istruzione scolastica si focalizza sulla storia, la geografia e il patrimonio culturale italiano per esplorare poi quelli degli altri Paesi e le vicende globali. Anche i media distinguono tra notizie “nostre” e “dal mondo”.
Le leggi che regolano la convivenza tra cittadini e cittadine in Italia sono prevalentemente quelle dello Stato italiano ed è in parte alla burocrazia di questo Stato chi ci si deve riferire anche quando si vive all’estero mantenendo la cittadinanza italiana. Viviamo e ci muoviamo in spazi fisici e virtuali in cui ci viene continuamente ricordato il nostro essere italiani e italiane. Anche perché l’italianità vuol dire certamente che siamo persone che vivono in un territorio delimitato da confini, con una sua organizzazione politica che si chiama Italia e a cui corrisponde una precisa identità. Ma la nazionalità e soprattutto il nazionalismo non si riducono a questo.
NAZIONALISMO ITALIANO
Gli “italiani” sono persone che appartengono a questo territorio e alla sua comunità nazionale per diritto ereditario, di sangue più che di nascita. Con questo non mi riferisco solo alla procedura attraverso cui si acquisisce la cittadinanza, ma a quel non-so-che che fa di noi delle e degli italiani, in modo più profondo e radicato di un semplice procedimento giuridico. Esiste un filone di studi in ambito accademico che attraversa diverse discipline ed è dedicato solo ed esclusivamente a indagare le identità nazionali e il sistema politico degli stati-nazione.
Si chiamano “studi sul nazionalismo” – in inglese, nationalism studies – e sono nati nel XX secolo in risposta alla necessità di comprendere un fenomeno che ha così radicalmente cambiato il nostro stare al mondo come esseri umani, plasmando non solo le relazioni tra popoli in ambito globale ma proprio il nostro modo di immaginare e di pensare noi stessi. Nel discorso pubblico il termine “nazionalismo” viene comunemente usato per indicare l’ideologia dei partiti sovranisti: in particolare le politiche mirate al controllo dei confini, alla difesa dell’identità nazionale e al rafforzamento della sovranità dello Stato in materia giuridica, economica e politica rispetto a ingerenze esterne.
In questo senso, in Italia sarebbero nazionalisti partiti come la Lega e Fratelli d’Italia, con le loro politiche aggressive per la difesa del Made in Italy, il contrasto all’immigrazione e la promozione della cultura italiana. Ma questo uso non coglie affatto il significato né la portata attuale del gigantesco fenomeno sociale, geografico e politico che è il nazionalismo. Possiamo usare il termine in questo modo solo se ci dimentichiamo che tutti i partiti dell’agone politico, anche quelli a vocazione più internazionale ed europeista, mettono in campo in un modo o nell’altro politiche a difesa, promozione o affermazione dell’identità italiana.
Ciò avviene semplicemente perché tutti i soggetti che partecipano al gioco politico partono da una semplice, ma potente premessa: esiste una nazione Italia ed esiste un popolo italiano, accomunato da una cultura e un’identità italiane. Questa sembrerebbe una grande banalità. L’esistenza dell’Italia e contestualmente di una identità italiana è da noi ricevuta quasi come un dato di natura, una realtà semplicemente vera. Che siamo italiani e italiane è un fatto; sembrerebbe ci sia poco da speculare rispetto a questo.
Ma siamo tutti e tutte preda di una grande amnesia collettiva, risultato di un paradosso assurdo: pur studiando la storia d’Italia nei programmi scolastici e sapendo datare l’evento dell’Unità al 1861, consideriamo l’essere italiani come qualcosa che semplicemente “è”, come se in una certa misura fosse sempre stato. Ne parlò per la prima volta nel 1983 lo studioso Benedict Anderson: le nazioni sono prima di tutto un processo immaginativo, costruito su un preciso modo di scrivere e raccontare la storia.
Nello specifico, ci sentiamo italiani e italiane perché ci immaginiamo come parte della grande comunità italiana, moltitudine di persone che non conosciamo né potremo mai conoscere per intero, ma a cui ci sentiamo affini. Questo senso di appartenenza trova la sua spiegazione e si radica nella storia o perlomeno, così ci viene insegnato. Nelle parole di Anderson, la storia della nazione è raccontata all’indietro nel tempo. Etruschi, Greci, Italici, Romani… e così via fino al Rinascimento: le vicende di questi popoli susseguitisi nel territorio sono Storia d’Italia, da cui fatalmente scaturisce l’identità nazionale. Appartengono alla nostra storia, a cui guardiamo voltandoci indietro come alla traiettoria di una parabola ascendente; non alla storia di altri.
IDENTITÀ IN DIVENIRE
Anche se è l’Unità a marcare infine la nascita dell’Italia, la narrazione del Risorgimento – della lotta per la creazione di uno stato nazionale indipendente – implica che quel popolo italiano che agognava l’autonomia dovesse esistere ben da prima, seppur in parte inconsapevole. Nello svolgimento della Storia Nazionale, il momento esatto in cui siamo “diventati” italiani e italiane non sembra importare tanto. Non esiste una data precisa, né un periodo prima del quale gli abitanti della penisola non erano italiani. Niente di tutto ciò è peculiare dell’Italia o del sistema educativo italiano: questa vagheggiata antichità dell’identità nazionale è comune un po’ a tutti i Paesi del mondo.
È la successione di momenti storici a determinare un’identità che diventa ineludibile nel momento in cui ne vengono sanciti i confini. Non importa se gli allora abitanti della penisola, della Sardegna e della Sicilia fossero o meno pienamente consapevoli e partecipi di quel progetto di unificazione che tanto direttamente li riguardava. Oggi l’essere italiani – o portoghesi, rumeni, russi… – è diventata una dimensione decisamente indiscutibile, dalla quale non si può fuggire. Certo, si può cambiare o acquisire la cittadinanza, ma si smette mai davvero di essere italiani? E lo si diventa quando si è naturalizzati tali? Non è una domanda ovvia e la risposta non segue necessariamente colori politici.
Ecco qui la vera manifestazione odierna di quell’ideologia o teoria politica che possiamo chiamare “nazionalismo”: l’incapacità di vedere le Nazioni come il risultato di processi storici contingenti, peraltro piuttosto recenti; l’impossibilità di immaginare un futuro senza gli Stati-Nazione, di immaginare noi stessi senza la nostra identità nazionale. Lo studioso Ernst Gellner scriveva che “l’essere umano deve avere una nazionalità così come deve avere un naso e due orecchie”. La mancanza di una di queste cose “può essere solo il risultato di un disastro ed è in un certo modo essa stessa un disastro”.
NAZIONE, NAZIONALISMO, NAZIONALISMI
L’appartenenza nazionale è un fenomeno particolare perché, anche se permea tutta la nostra quotidianità, tende a essere dimenticata o quantomeno data per scontata e sottintesa. Non ci svegliamo ogni mattina pensando di essere italiani. La nostra nazionalità è entrata a far parte della persona che siamo, al pari di tanti altri aspetti della nostra identità. Non si può semplicemente rinunciare alla cittadinanza italiana se non acquisendone un’altra al suo posto; e in ogni caso, pur con diritti e doveri politici in un altro Paese, non perdiamo quell’essere intimamente italiani e italiane che ci è stato assegnato alla nascita.
Fin qui niente di male, sembrerebbe. Giusto? Al contrario. Parafrasando la famosa barzelletta dell’uomo che precipita da un palazzo ripetendo “fin qui tutto bene, fin qui tutto bene…” potremmo invece dire che il problema non sta alla conclusione del percorso, ma nel percorso stesso: fin qui, per niente bene. Sì, perché questa identità italiana così scontata e presente, le cui origini sembrano perdersi nel tempo, è in realtà il risultato di laboriosi processi politici di costruzione del cittadino nazionale, che sono iniziati quantomeno con l’Unità d’Italia e che durano ancora oggi.
Con questo articolo iniziamo un approfondimento sui nazionalismi di oggi, concentrandoci sul nazionalismo italiano e il suo storico braccio di ferro con l’identità sarda in Sardegna.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento