Le sfide della mobilità urbana in Sicilia fra ritardi, disuguaglianze e poca decarbonizzazione
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Si parla tanto della necessità di una mobilità urbana per città moderne e sempre più attente alla qualità dell’aria, all’inquinamento acustico, a un minore utilizzo di combustibili fossili, all’inclusività. Anche se dovrebbe essere uno dei temi prioritari dell’agenda politica di ogni governo, in Italia, ad esempio, viene facilmente surclassato dai progetti delle grandi opere che, oltre a essere dispendiose e discutibili sul piano dell’utilità, assorbono molti dei fondi destinati ai trasporti urbani. In Sicilia, come in altre regioni del Sud, se pensiamo alla mobilità urbana ci vengono in mente disservizi, problemi e opere incompiute anche e soprattutto per mancanza di fondi.
Il Ponte sullo Stretto sta drenando risorse fondamentali per l’isola e la Calabria. Come si legge nel rapporto Pendolaria 2025 pubblicato da Legambiente, lo scorso anno, ad esempio, 1.600 milioni sono stati dirottati dalla quota dei Fondi per lo sviluppo e la coesione destinati direttamente alle due regioni, mentre quest’anno le spese a carico dello Stato sono passate da 9,3 a 6,9 miliardi aumentando da 2,3 a 7,7 miliardi il contributo FSC.
Oltre l’87% degli finanziamenti infrastrutturali previsti fino al 2038 riguarderanno il Ponte sullo Stretto, lasciando al loro destino situazioni come quella della linea ferroviaria Palermo-Trapani via Milo, chiusa dal 2013 a causa di alcuni smottamenti di terreno, e della Caltagirone-Gela chiusa a causa del crollo del Ponte Carbone nel 2011.
Sfogliando il rapporto di Legambiente si scopre molto altro. I lavori di ripristino della tratta Caltagirone-Niscemi-Gela sono iniziati nel 2022 e dovranno concludersi entro il 2026, a seguito dell’assegnazione del primo lotto del valore di 66 milioni di euro, di fondi del PNRR. Sono a rischio la seconda fase Niscemi-Gela e i miglioramenti previsti per questa ferrovia. Inoltre il progetto in corso prevede solo l’ammodernamento, senza elettrificazione, senza un secondo binario e senza alcun miglioramento della velocità commerciale attuale – 42 chilometri orari – da Catania a Caltagirone.
Sono tantissime le criticità per i pendolari di questa tratta, che possono contare solo su due treni al giorno con un tempo medio di percorrenza di un’ora e cinquanta minuti. Gli autobus di linea percorrono lo stesso tragitto nella metà del tempo. Situazione simile per la linea Palermo-Trapani via Milo, chiusa dal 2013. Anche qui i lavori di ripristino sono in ritardo e secondo l’ultimo cronoprogramma RFI la linea sarà riattivata a dicembre 2025. Per questa opera è stato revocato il finanziamento PNRR di 12,5 milioni, destinato al sottopasso ferroviario di Trapani, a causa di ritardi accumulati nelle fasi di lavoro fin qui realizzate.
Sul versante ionico il raddoppio della tratta Giampilieri-Fiumefreddo è in ritardo di vent’anni dopo numerosi rinvii e ritardi burocratici, nonostante siano stati inaugurati i cantieri per la galleria Nizza-Sciglio e quelli per il raddoppio della Taormina-Fiumefreddo. Per la velocizzazione della linea Catania-Siracusa, del costo totale di 137 milioni di euro, mancano ancora 44,8 milioni e il completamento dei lavori è sospeso proprio per l’assenza di finanziamenti, mentre per la velocizzazione della Siracusa-Ragusa-Gela, per cui sarebbero necessari 200 milioni di euro, non c’è alcun finanziamento e tutto è fermo al progetto preliminare del 2007.
In Sicilia si contano 1.490 chilometri di linea ferroviaria, l’85% è a binario unico mentre il 46,2% del totale non è elettrificata. L’età media dei treni è di 18,6 anni, i treni in totale sono 128 e il 60,9% ha più di 15 anni. Le corse quotidiane dei treni regionali in tutta la Sicilia sono 469 contro le 2.200 della Lombardia, 4,7 volte maggiore. Eppure la Lombardia conta “solo” il doppio degli abitanti siciliani – 10 e 5 milioni – e addirittura un’estensione inferiore a quella dell’isola.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevedeva ampi interventi sulle ferrovie, ma nel 2023 è stato rimodulato dal governo Meloni con risultati molto discutibili. Nel caso della Sicilia si contano tagli di 840 milioni: Caltanissetta Xirbi-Lercara (linea Palermo-Catania) per 470 milioni, Enna-Caltanissetta Xirbi (linea Palermo- Catania) per 317 milioni. Con i pochi fondi a disposizione, entro il 2026 verranno immesse nella regione 70 nuove carrozze notte.
La mobilità urbana è responsabile di oltre un quarto delle emissioni climalteranti italiane, che in valore assoluto sono cresciute rispetto al 1990; siamo ancora ben lontani dai tagli delle emissioni previsti dal Green Deal Europeo: il 55% entro il 2030 e un azzeramento entro il 2050. Il costante dibattito sulle grandi opere dimostra che l’interesse per i servizi ferroviari e di trasporto pubblico per una mobilità urbana in Italia è piuttosto secondario, rimangono incompiuti tantissimi interventi e opere pubbliche da realizzare nel settore dei trasporti, meno visibili mediaticamente, ma molto più utili alla collettività e all’economia del nostro Paese, a partire dai territori direttamente interessati.
Il rapporto Pendolaria evidenzia come la regionalizzazione dei trasporti avvenuta con la riforma Bassanini del 1999, che avrebbe dovuto responsabilizzare le regioni, invece ha portato a enormi differenze in termini di quantità e qualità del servizio di trasporto pubblico. In molte regioni, anche dopo i consistenti tagli statali, non sono state recuperate risorse equivalenti. Nel 2023 gli stanziamenti sono stati mediamente pari allo 0,69% dei bilanci regionali, sullo stesso livello dell’anno precedente e in miglioramento rispetto allo 0,57% del 2021 e 0,34% del 2020.
Tra le poche buone notizia in tema di mobilità urbana per la Sicilia rientra l’apertura della breve tratta della linea metropolitana di Catania, controbilanciata dalla chiusura di un tratto ben più ampio della ferrovia Circumetnea, in vista dei lavori di conversione a metropolitana. Oggi a Catania la metropolitana ha frequenze scarsissime, 10 minuti in punta mattutina e 15 il resto della giornata, e si serve di treni “dimezzati” da 40 metri invece che 80. Il tasso di motorizzazione è altissimo: sono 790 le auto ogni 1.000 abitanti, a Messina 668. Numeri molto lontani dalla media europea: a Madrid si contano 360 veicoli ogni 1.000 abitanti, a Londra 351, a Berlino 337 e a Parigi 250.
La grande sfida in Sicilia e non solo è realizzare un cambiamento profondo della mobilità urbana puntando alla decarbonizzazione e al recupero di ritardi e disuguaglianze territoriali, intervenendo su infrastrutture e una diversa offerta del servizio. Solo così sarà possibile aumentare sensibilmente il numero di passeggeri che viaggiano in metro e in treno, migliorare la qualità dell’aria e ridurre le emissioni di CO2. Ma se l’obiettivo resta il Ponte sullo Stretto la direzione è tutt’altra.
Per approfondire ascolta le puntate del nostro podcast Soluscions Qual è il futuro dei trasporti di fronte alle sfide dell’im-Mobilità? e Le città 30 e la mobilità del futuro e leggi l’articolo I trasporti in Calabria sono molto meglio di quello che pensiamo.
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