2 Gen 2025

Raccontare il bullismo per cambiare la società: l’iniziativa “Diamoci del tu” nelle scuole sarde

Scritto da: Sara Brughitta

Bullismo e cyberbullismo continuano a crescere, spinti da pregiudizi e modelli sociali critici. Progetti come "Diamoci del tu" mostrano l'importanza di educare alla diversità e promuovere il dialogo.

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I dati sulla scuola evidenziano da tempo un preoccupante aumento del bullismo, in particolare del cyberbullismo. Anche nell’Isola le ricerche condotte da Eurispes Sardegna su oltre cento scuole medie e superiori rivelano un incremento significativo del fenomeno negli ultimi tre anni. Se nel 2020-2021 l’80,4% degli studenti dichiarava di non essere mai stato vittima di cyberbullismo, nell’ultima indagine questa percentuale è scesa al 68,9%, con un aumento di quasi il 12% di casi. Questi numeri non vanno però letti come una mera statistica, ma devono essere oggetto di riflessione che rimandi a una critica più profonda, che metta in discussione una società che impone modelli estetici, culturali e socio-economici spesso inaccessibili.

Quando queste aspettative vengono disattese, bullismo e cyberbullismo sono spesso il prezzo da pagare da chi viene ritenuto non conforme. Per affrontare questo problema, è quindi fondamentale promuovere la consapevolezza della diversità come intrinseca a tutti gli esseri viventi, insegnando alla collettività a decostruire i propri pregiudizi e a riconoscere le infinite sfaccettature che compongono l’identità umana. La realtà è troppo complessa per essere ridotta a una semplice dicotomia tra conformità e non conformità, per cui la diversità stessa è la norma. Ed è a partire da questa consapevolezza che Natascia Curreli ha deciso di fare della sua esperienza, un’opportunità di messa in discussione della società e crescita comunitaria.

bullismo

La scelta, dopo aver subito bullismo a scuola, di impegnarsi attivamente proprio negli spazi scolastici contribuendo a dare vita all’iniziativa “Diamoci del tu”, non solo offre uno spunto di riflessione sui malesseri che molti giovani possono vivere, ma solleva anche due aspetti cruciali. Il primo riguarda il contributo che possiamo dare utilizzando gli strumenti a nostra disposizione, come Curreli fa raccontando la sua esperienza in prima persona, mettendosi a disposizione di chi ha bisogno di ascolto e supporto.

Il secondo aspetto è altrettanto importante: una volta usciti dai banchi di scuola, non siamo esenti dal diventare bulli o bullizzati. L’accanimento nei confronti di ciò che è diverso da noi infatti non si ferma tra le mura scolastiche, ma può manifestarsi anche nei luoghi di lavoro e nelle varie comunità. È quindi fondamentale non smettere mai di prestare aiuto, di essere consapevoli e di rifiutare ogni forma di indifferenza di fronte a violenze verbali o fisiche, che si tratti di un adolescente a scuola o di un adulto nel contesto lavorativo.

Cos’è l’iniziativa Diamoci del tu e qual è il suo scopo principale?

Diamoci del tu consiste in incontri informali con gli studenti, durante i quali cerchiamo di stimolare un dibattito aperto per affrontare il problema  bullismo e i rischi ad esso legati. Io, avendo vissuto in prima persona il bullismo, condivido da qualche anno la mia esperienza; sono inoltre presenti due avvocati che offrono un punto di vista legale, sensibilizzando i ragazzi sui diritti e i doveri da cittadini.

bullismo diamoci del tu sardegna
Natascia Curreli

Per me tutto è iniziato nel 2018: in occasione della giornata nazionale contro il bullismo avevo condiviso una mia foto con l’intento di sensibilizzare su questa problematica, raccontandomi. Il giorno successivo, quando ho aperto i social, ho notato che il mio post era diventato virale e oggetto di una diatriba tra chi mi offendeva e chi invece aveva delle parole di solidarietà nei miei confronti. La foto in oggetto e anche il dibattito è stata notato da Roberta Murenu, persona che all’epoca curava l’iniziativa, che ha scelto di coinvolgermi. Ne faccio parte da allora, con l’obiettivo di parlare e sradicare il bullismo e il cyberbullismo.

Come possiamo definire il bullismo?

Non è semplice rispondere a questa domanda con una definizione standard, posso farlo attraverso la mia esperienza. Ogni mattina avevo il terrore di andare a scuola. I miei attacchi di panico iniziavano già quando sapevo che avrei dovuto salire sul pullman, consapevole che sarebbe cominciata una nuova giornata di violenze. La cosa che mi feriva di più era l’indifferenza dei professori, che sembravano non accorgersi di nulla.

La cosa che mi feriva di più era l’indifferenza

Il culmine è arrivato quando sono stata sospesa per aver reagito. Da quel momento ho dovuto prendere una decisione difficile: scegliere tra la mia salute mentale e il mio diploma. Anche se può sembrare scontato da dire, il bullismo non è solo violenza fisica, è anche verbale, fatta di parole che ti rimbombano in testa e che ti lasci dietro insicurezze e il costante sentirti fuori posto.

Ad oggi poi, i social network possono amplificare il bullismo, trasformandolo in cyberbullismo. Mi ricordo che quando pubblicavo una semplice foto venivo sommersa da commenti offensivi. Ancora oggi, Facebook mi ripropone quelle foto come “ricordi” e purtroppo finisco ancora per leggere quei commenti. Devo però dire che alcune di quelle persone, i bulli, mi hanno chiesto scusa, perché spesso non si ha consapevolezza del danno che si sta facendo. Durante la nostra esperienza in Diamoci del tu, abbiamo però visto anche come il bullo spesso venga da una situazione disfunzionale. Per questo motivo è importante prestare attenzione sia al bullo che alla vittima, per cercare di affrontare il problema alla radice.

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Qual è la difficoltà principale che si riscontra nelle scuole?

Per molti ragazzi, la difficoltà più grande è parlare davanti ai compagni. Riconoscere di essere vittima di bullismo e raccontare ciò che si subisce è davvero complicato. Noi, prima di andare via, lasciamo i nostri contatti e spesso è proprio in privato che le persone si raccontano. Personalmente al tempo mi sentivo come un peso per la società, pensando che ciò che mi tormentava fosse una sciocchezza e che ci fossero problemi più gravi, per cui finivo per isolarmi e non parlarne. Ecco, ciò che cerco di far comprendere loro è che parlare è fondamentale e bisogna ricordarsi che per ogni dieci persone pronte a insultarci, ce ne sono altrettante pronte a tendere una mano.

Negli anni di esperienza di Diamoci del tu c’è una storia in particolare che è rimasta impressa?

Ce ne sono diverse, ma forse quella che ricordo con più emozione è stata lo sfogo di uno studente. Durante l’incontro, un ragazzo è improvvisamente salito sul palco, interrompendo quello che stavamo dicendo. Con voce forte e decisa, ha urlato “basta!” e ha iniziato a raccontare la sua storia, descrivendo le vessazioni che aveva subito. Siamo rimasti positivamente sorpresi dalla sua reazione, ma anche dalla sua forza nel condividere quel dolore. Dopo quel momento di coraggio, abbiamo saputo che da allora non ha più subito bullismo. Anzi, è riuscito a trovare il suo posto nel gruppo e a entrare finalmente a far parte della sua classe.

In conclusione, una buona prassi per combattere il bullismo nelle scuole?

La prima cosa che mi viene in mente è raccomandare gli adulti diassumersi la responsabilità di parlare con entrambe le parti coinvolte, senza fare finta di non vedere il problema. È fondamentale sensibilizzare, creare occasioni di dibattito e confrontarsi apertamente. Un esempio potrebbe essere la proiezione di film come Il ragazzo con i pantaloni rosa, che molte scuole evitano perché ritenuto troppo crudo. Ma la realtà può essere cruda, e affrontarla nella sua complessità può essere un’importante occasione di riflessione per tutti.

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