Lo storyteller dell’acqua Zach Weiss e il nuovo paradigma per mitigare clima, siccità e alluvioni
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«Essersi concentrati solo sulla CO2 ha tolto attenzione al potere dell’acqua di mitigare il clima. Oltre due terzi delle dinamiche del calore sulla Terra sono guidate dall’acqua, che ha un calore specifico cinque volte superiore a quello dell’anidride carbonica ed è un ordine di grandezza più presente in tutta la nostra atmosfera. Ma la grande sfida che pone ai modelli climatici è che esiste in tre fasi diverse e in ogni cambiamento di fase rilascia o assorbe un’enorme quantità di energia».
Sono queste le parole di Zach Weiss, che due anni fa ha fondato Water stories, una piattaforma online per istruire e formare una nuova generazione di esperti nella rigenerazione del ciclo dell’acqua. «Gli scienziati – prosegue Weiss – si sono resi conto che è troppo complicata da modellare, quindi l’hanno semplicemente rimossa come variabile e hanno ipotizzato che il nostro impatto sul ciclo dell’acqua fosse neutrale, quando in realtà abbiamo desertificato un terzo delle terre emerse della Terra solo negli ultimi 10.000 anni».
Zach Weiss è uno degli allievi di Sepp Holzer – il permacultore ribelle austriaco dietro il modello internazionale di ritenzione idrica di Tamera, in Portogallo – ed è stata la prima persona a ottenere la certificazione Holzer Practitioner da Sepp e aver aperto una propria società di consulenza. Incontro Zach Weiss vicino al Colosseo a Roma a conclusione di un tour che l’ha visto girare diversi paesi europei per consulenze e workshop.
A ottobre in Italia ha tenuto un seminario di apprendimento pratico sul campo in Umbria, seguito da una conferenza pubblica in Toscana promossa dal gruppo Rifugi naturalistici Amiata, un’iniziativa ispirata dall’ex direttore del Parco Nazionale d’Abruzzo Franco Tassi. Un invito nato a seguito di un seminario tenuto due anni fa insieme a Lorenzo Costa e la Tuscany Environment Foundation sulla “Rigenerazione del bacino idrografico toscano”. Il tour di Weiss in Europa ha coinciso anche con il periodo in cui si sono abbattute sul nostro continente una di seguito all’altra alluvioni di proporzioni catastrofiche.
Zach Weiss, come hai trovato la situazione idrogeologica in Italia?
Se ti guardi intorno adesso a Roma, ogni superficie è progettata per portare via l’acqua il più velocemente possibile. La gente non si rende conto che le inondazioni e la siccità sono due facce della stessa medaglia. In caso di siccità il paesaggio si disidrata, la temperatura del suolo aumenta e la capacità dei terreni di infiltrare l’acqua si riduce. Questi paesaggi cementificati, induriti, arati e coltivati hanno un’elevata capacità di trattenere e irradiare calore creando queste cupole ad alta pressione.
Queste cupole di calore premono contro l’umidità in entrata, finché alla fine la pressione non le travolge, creando questi grandi acquazzoni tutti in una volta, enormi piogge torrenziali che creano inondazioni. Ma questo succede perché quell’acqua non si è potuta infiltrare nel terreno. Stiamo entrando in questo ciclo che io chiamo “la spirale mortale del bacino idrografico” dove ci sono solo inondazioni, siccità, incendi, inondazioni, siccità, incendi, e queste tre cose si susseguono anno dopo anno.
E come si potrebbe invertire questo ciclo mortale?
Il nuovo paradigma dell’acqua tratta la pioggia come un dono, qualcosa che dovrebbe essere ricevuto dalla terra e infiltrato il più possibile sul posto. E l’evapotraspirazione come meccanismo di raffreddamento del nostro pianeta da utilizzare il più possibile. Quando iniziamo a costruire o ripristinare la capacità del paesaggio di trattenere l’acqua, invece di causare le inondazioni le piogge vengono effettivamente trattenute nei luoghi dove cadono.
Ci sono esempi dove hai visto questo accadere?
In un progetto che abbiamo realizzato in California il sistema di ritenzione idrica che abbiamo costruito ha catturato una frana impedendo che distruggesse la casa a valle. In Oregon l’azienda agricola Tabula Rasa, con cui abbiamo lavorato, si trovava in una valle in stato costante di siccità e poi di inondazioni. Ora ha acqua tutto l’anno e abbiamo rigenerato l’habitat naturale. La conseguenza è stata che le sorgenti di acqua ora sgorgano a una velocità da cinque a dieci volte superiore a quella di una volta.
In Australia Peter Marshall, lavorando sulla ritenzione idrica del terreno, ha fatto sì che la sua fattoria, Terra Preta Truffles, non fosse intaccata dai devastanti incendi del 2020. Gli hanno vorticato intorno per due mesi da ogni angolazione, ma la sua proprietà non bruciava. È proprio questo il motivo per cui abbiamo creato Water Stories, perché nessuno conosce queste storie. Eppure danno incredibilmente potere, sono trasformazioni enormi, per lo più realizzate in modo molto semplice ed economico dalle persone nelle proprie comunità, sul campo.
Quali sono le condizioni per il successo di questi interventi?
La cosa più importante di cui queste persone hanno bisogno per avere successo è il supporto della comunità. Se sono fatti in sintonia con la comunità locale, a beneficio della comunità locale, da e con la comunità locale, questi progetti hanno successo. Un altro mio mentore, Rajendra Singh, noto come il “waterman of India” – c’è un video su di lui tradotto in italiano sul sito di Water stories –, ha creato un progetto comunitario che in alcuni anni ha fatto rivivere nove fiumi.
Uno di questi fiumi era rimasto secco per quattro decenni e ora scorre tutto l’anno. Attraverso questa ritenzione idrica decentralizzata, trattenendo i monsoni stagionali e facendo sì che ricarichino i giacimenti d’acqua nel territorio, hanno assicurato alle comunità acqua per tutti per gli usi quotidiani e per l’agricoltura, hanno finito anche per abbassare la temperatura locale, reidratando le falde acquifere, riportando l’acqua in migliaia di pozzi.
Le persone che dovevano diventare rifugiate e lasciare questi paesaggi aridi e sterili ora stanno tornando per dedicarsi all’agricoltura. Ecco, questo lavoro in India è iniziato con una persona che scavava buche nel terreno, ma poiché le persone locali hanno visto i risultati, che il pozzo veniva ricaricato d’acqua, hanno iniziato a farlo anche loro. Penso che questa sia una delle cose davvero potenti di questo lavoro, il fatto che si ridimensiona altrettanto bene sia su scala più grande che su scala più piccola.
Se lo fai su un solo ettaro, anche se non cambierai necessariamente la quantità di pioggia che riceverà quella regione, vedrai comunque risultati positivi, avrai più acqua e un microclima più fresco. Non abbiamo bisogno di aspettare che i grandi sistemi si organizzino per avere un impatto che potrebbe essere prevedibile in futuro. Potete fare questo lavoro adesso e vedere subito i risultati nella prossima stagione delle piogge. E penso che il modo più semplice per espandere questi progetti sia quando le persone vedono i risultati”.
È questo il motivo per cui ha dato vita a Water stories?
Sì, all’inizio serve consapevolezza. Abbiamo bisogno che le persone sappiano cosa è possibile. E così produciamo costantemente più film, più contenuti, più webinar per attivare le persone e aprire loro gli occhi su ciò che è possibile. Ma la parte ancora più importante è lo sviluppo delle capacità e la formazione.
Stiamo formando direttamente centinaia di persone attraverso la piattaforma online per poter guidare gli altri in questo tipo di lavoro nelle loro comunità locali ed è stato fantastico vedere che siamo qui solo da poco più di due anni e già vediamo progetti realizzati in Italia, in Sud America, in Europa, in Nord America, da parte degli studenti che abbiamo formato, che passano a realizzare progetti sempre più grandi, ottenendo risultati sempre migliori.
Che consiglio daresti a qualcuno che vuole cominciare questo lavoro?
Sai, una delle cose che dico sempre, il punto da cui iniziare, è uscire durante un temporale e vedere come il tuo paesaggio riceve o respinge la pioggia. L’acqua può insegnarti tutto questo in modo molto efficace se ti prendi il tempo per ascoltare e osservare. E quindi il modo più semplice per iniziare è indossare una bella giacca, prendere l’ombrello e tutto ciò di cui hai bisogno per sentirti a tuo agio per uscire sotto quel temporale, e vedere cosa sta succedendo a quel dono della natura.
Uno dei modi davvero semplici per comprendere questo lavoro è che dove l’acqua corre, occorre farla camminare, dove cammina, occorre farla strisciare, e dove striscia, occorre farla penetrare nel terreno. Se riusciamo a lavorare lungo questa traiettoria, finiremo per far rivivere sorgenti e fiumi, ricaricare le falde acquifere, raffreddare il nostro ambiente locale e persino raffreddare il pianeta nel suo insieme.
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