Terapie psichedeliche: una soluzione ancestrale ai disturbi mentali?
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Tra l’8 ed il 9 novembre, a Rovereto si è tenuta “Emerging Therapies in Psychedelic Science“, la prima conferenza italiana sull’uso clinico delle sostanze psichedeliche, organizzata dall’Addiction Science Lab dell’Università di Trento, con la collaborazione di MAPS e MAPS Italia. L’evento ha contato oltre duecento partecipanti, con speaker da varie parti di Italia, Europa e Stati Uniti, che hanno animato la platea con le loro riflessioni e le più recenti scoperte della scienza.
Non è stata l’unica occasione di quest’anno per l’Italia, infatti già a maggio il Congresso della Società italiana di Psichiatria aveva dedicato a questo argomento una intera sessione. Dopo una descrizione del campo di studi, vi porterò con me per un breve viaggio nella mia esperienza della situazione italiana e sulle relazioni tra giustizia ecologica e sociale.
SOSTANZE PSICHEDELICHE: UNA MEDICINA ANTICA PER PROBLEMI MODERNI
La salute mentale è uno dei principali problemi di sanità pubblica nel mondo ed è la causa primaria di disabilità mondiale con circa un miliardo di persone coinvolte. Tra i disturbi la depressione è il più frequente, con circa 400 milioni di persone affette [1]. L’approccio biomedico fa tutt’ora fatica a spiegare l’origine di questi disturbi e le terapie farmacologiche che abbiamo a disposizione sono sub-ottimali in termini di efficacia, lunghezza e effetti collaterali.
Il nome psichedelico, dal greco ψυχή (psykhḗ) e δηλόω (traslitterato: dēlôo, manifestare, rivelare) significa “che manifesta la mente” e fa riferimento a un gruppo di sostanze psicoattive che comprendono piante, funghi e vari principi attivi come LSD, psilocibina, peyote (che legano il recettore 2A della serotonina), entactogeni (MDMA) e dissociativi (ketamina).
La relazione dell’essere umano con queste medicine è millenaria, come testimoniano i petroglifi delle caverne di Tassili n’Ajjer in Algeria, ed è stata custodita fino al giorno d’oggi da alcune popolazioni indigene. In questi contesti occupa un posto di rilievo come medicina e mezzo di coesione sociale. In occidente la scienza medica ha iniziato seriamente a interessarsi a questi composti con la scoperta dell’ LSD da parte di Albert Hofmann. Negli anni ’50 e ’60 questa molecola e la psilocibina vennero utilizzate in vari trial clinici in psichiatria mostrando un buon potenziale.
Poi ci fu il proibizionismo, in risposta alla controcultura, e la ricerca fu interrotta fino a fine del secolo scorso. A partire dalla fine degli anni ’80-’90, grazie a varie organizzazioni no profit, abbiamo assistito a una ripresa della ricerca, che ora viene condotta in alcune delle università più prestigiose del pianeta – tra cui la Johns Hopkins University, l’University Hospital di Zurigo e l’Università di Sao Paulo in Brasile – e che ha portato a un grande aumento del numero delle pubblicazioni scientifiche. Sono nate aziende farmaceutiche dedicate, centri e cliniche private e un vero e proprio turismo psichedelico con tutte le implicazioni del caso.
Per brevità riporto qui solo alcune notizie relative agli psichedelici di sintesi, ma la ricerca viene effettuata anche sui composti naturali. Le terapie assistite con psichedelici (TAP) sono un campo variegato di terapie che consistono spesso in una o due esperienze psichedeliche accompagnate da alcune sedute di psicoterapia. I risultati preliminari degli studi sembrano mostrare potenziale per una grande varietà di disturbi mentali, come ad esempio la psilocibina (derivato dei funghi *Psilocybe*) per il disturbo depressivo maggiore, l’ansia da fine vita e le dipendenze. I risultati dei trial clinici di fase 2 e 3 sulla psicoterapia assistita da MDMA mostrano che potrebbe essere efficace nel trattamento del disturbo post-traumatico da stress (PTSD).
La ketamina e l’esketamina vengono utilizzate sempre di più in pazienti con depressione resistente al trattamento o ideazione suicida. Questi effetti sono rapidi, persistono per mesi, già dopo una sola somministrazione e con bassi effetti collaterali. Ulteriori applicazioni vengono indagate nel campo dei disturbi neurodegenerativi [2].
La ricerca mostra inoltre che gli psichedelici sembrano avere effetti benefici in volontari sani. I partecipanti hanno descritto queste esperienze come alcuni degli eventi più significativi della loro vita. Oltre a ciò, questo tipo di esperienza sembra causare altri risultati positivi, come uno stile di vita più salutare, aumentata presenza mentale e senso di interconnessione, aumentata creatività e comportamenti pro-sociali ed ecologici. [3,4,5]
A livello globale, le sostanze psichedeliche sono generalmente illegali: ci sono alcune aperture nei paesi dove queste medicine sono native e i paesi occidentali hanno talvolta alcune deroghe per uso medico-scientifico o per alcuni composti naturali. Ad inizio anno, l’UE ha approvato il primo grant pubblico per uno studio sulle TAP nell’ansia da fine vita (PsyPal). mentre nelle scienze sociali ne sono stati già finanziati alcuni, come l’ERC Starting Grant Healing Encounters. Negli Stati Uniti abbiamo invece avuto un passo indietro ad agosto, con la richiesta di ulteriori studi da parte dell’ FDA per la terapia assistita da MDMA nel disturbo post-traumatico da stress.
Per quanto riguarda la sicurezza, gli studi a nostra disposizione sembrano mostrare che questi composti hanno un profilo di sicurezza scientificamente accettabile. Gli psichedelici classici non danno dipendenza, non sono tossici e non sembrano essere correlati a un aumento di patologia psichiatrica a lungo termine [6,7]. Tuttavia non sono composti esenti da rischi e sono sconsigliati per alcune categorie di pazienti, ad esempio persone affette o con familiarità per psicosi e disturbo bipolare. Questo tipo di esperienze sembra essere fortemente dipendente dal contesto e i risultati terapeutici ottenuti sono da considerarsi legati al contesto di cura e di supporto terapeutico degli studi.
Pur tenendo conto dell’evidenza che nasce dall’uso millenario di queste medicine in contesti tradizionali, è fondamentale ricordare che, al momento, la base di dati scientifici di cui disponiamo è ancora relativamente piccola per dare delle informazioni conclusive su questo tipo di terapie e sono quindi necessari nuovi studi rigorosi per ampliare le nostre conoscenze.
LA CONFERENZA E LA SITUAZIONE ITALIANA
La prima giornata del convegno si è tenuta al teatro Zandonai di Rovereto, dove gli speaker si sono susseguiti a ritmo sostenuto. Tra i relatori abbiamo ascoltato ricercatori e rappresentanti di vari enti come MAPS (Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies), MAPS Italia, Imperial College di Londra, Università di Maastricht, EMA (Agenzia Europea per i Medicinali), PAREA (Psychedelic Access and Research European Alliance), SIMePSI (Società Italiana di Medicina Psichedelica) e Associazione Luca Coscioni. Il secondo giorno ci sono stati tre diversi laboratori: uno per l’orientamento di aspiranti ricercatori, il secondo per promuovere scambi di prospettive fra clinici e il terzo con l’obiettivo di creare possibili percorsi di accesso legale a queste terapie in Italia.
I temi affrontati sono stati molti e dato che è impossibile qui riassumerli tutti, vi racconto una delle storie che più mi ha colpito. Le caverne più scure hanno i tesori più brillanti: è la storia di Michèle Anne Barocchi, italoamericana che qualche anno fa ha subito un’amputazione di una gamba sotto al ginocchio in seguito a un incidente in vespa. Dopo l’operazione ha iniziato a soffrire della sindrome dell’arto fantasma. Questa è una condizione ancora poco compresa dalla scienza, che avviene nella metà dei soggetti con amputazioni, accompagnata da sensazioni dolorose imprevedibili e spesso croniche.
Per lei questo ha significato all’inizio una scarica dolorosa ogni trenta secondi o pochi minuti, rendendo sonno e concentrazione impossibili nonostante la terapia con pesanti antidolorifici oppioidi. Dopo sei mesi di trattamento solo parzialmente efficace, Michèle ha deciso di sospenderlo e di utilizzare altri strumenti come agopuntura, breathwork e ayahuasca. Tutto questo ha aiutato, ma non ha risolto il problema. Dopo sei anni di difficoltà, gli episodi si sono fatti più rarefatti, ma comunque si presentavano cinque-sei volte all’anno. Fino al giorno in cui, dopo essere stata consigliata da un’amica, ha sperimentato per la prima volta in una clinica una dissociazione profonda con ketamina intranasale.
Dopo questa esperienza è stata libera dal dolore. Ha avuto finora solamente un altro attacco, sempre risolto da una somministrazione di ketamina. Michèle, con un background in ricerca farmacologica, un master in salute pubblica e un PhD in infettivologia e immunologia, è oggi presidente di MAPS Italia (Associazione Multiciplinare per gli Studi Psichedelici) con cui si occupa di rendere possibile l’accesso a queste cure nel nostro paese. [8]
Dal punto di vista legale, in Italia gli psichedelici tipici e varie piante maestre sono inseriti nella tabella I delle sostanze stupefacenti, in contrasto con le evidenze scientifiche, il che rende complicato il loro impiego in ricerca. Un esempio recente è la messa al bando nel febbraio 2022 dell’ayahuasca con un decreto del Ministero della Salute, con delle prove scientifiche insufficienti – due casi di intossicazione neanche attribuiti con certezza al decotto – e senza tenere conto della crescente letteratura che le attribuisce proprietà terapeutiche; questo a detrimento della ricerca potenziale e dei gruppi che la utilizzano come medicina o sacramento, come ad esempio Santo Daime e União do Vegetal.
Nonostante l’assenza al momento di studi clinici, abbiamo comunque dei lati positivi: ketamina ed esketamina sono due psichedelici atipici e anestetici già ampiamente utilizzati per la depressione resistente al trattamento in varie cliniche dello stivale, come l’ospedale di Bari. Anche la ricerca preclinica si muove, nelle università di Milano, Brescia, Padova e Messina. Varie invece sono le iniziative culturali e politiche collegate al territorio italiano. Per approfondire segnalo il podcast Illuminismo Psichedelico e l’evento “Terapia assistita con psichedelici: il futuro alle porte” che si terrà al MUG di Bologna il 27 dicembre.
GIUSTIZIA PSICHEDELICA, ECOLOGICA E SOCIALE
Il convegno ha restituito un’immagine multisfaccettata del punto di vista clinico, scientifico e legislativo sulle terapie psichedeliche. Voglio ringraziare gli organizzatori per aver co-creato questa bella occasione di incontro e di scambio, che rappresenta un ulteriore passo in avanti per rendere possibile l’accesso a queste terapie sul territorio italiano. Per concludere, vi propongo alcune riflessioni e potenziali punti delicati su questo tema.
Il movimento scientifico e culturale occidentale degli ultimi anni fa parlare di un “rinascimento psichedelico”, termine che seppur rende il fermento attuale, citando Williams e collaboratori [9], è anche involontariamente appropriato per descrivere il rischio che esso si basi ancora su dinamiche coloniali, come lo è stato con molte altre risorse – vedi il caso di Maria Sabina, la curandera messicana dei funghi magici che collaborò con lo stesso Hoffman.
È il tema della giustizia psichedelica: è di fondamentale importanza costruire forme di reciprocità ed evitare dinamiche di appropriazione culturale, marginalizzazione e biopirateria, soprattutto per quanto riguarda le conoscenze che derivano da composti tradizionali. Un passo potrebbe essere la creazione di organizzazioni che includano persone indigene, che fungano da ponte culturale e da garanti di equità, distribuendo parte dei proventi di queste terapie al supporto di sovranità, cultura e terre di queste popolazioni.
Supporto particolarmente necessario per tutta l’umanità in questo momento storico, dato il ruolo di questi popoli come guardiani dell’80% della biodiversità del pianeta [10]e le crescenti minacce estrattive dell’economia capitalista, critiche per la loro sopravvivenza e per la nostra. Per citarne una, la foresta amazzonica è a rischio concreto di trasformazione in savana per l’azione a tenaglia dell’emergenza climatica e della deforestazione legata all’allevamento e all’estrazione mineraria. Gli attivisti – per la maggior parte indigeni – in America Latina affrontano spesso minacce letali semplicemente per proteggere la terra dove vivono. [11]
Mi allaccio qui al tema della crisi ecologica e sociale che stiamo vivendo. Penso che, per una certa quota, i disturbi di salute mentale siano una causa ma anche un sintomo e forse anche una risposta comprensibile al sistema socioeconomico tossico e alla crisi che viviamo. Gli effetti ecologici di questa sofferenza della società sono tangibili, ad esempio tramite l’isolamento e i bisogni insoddisfatti sfogati nell’iperconsumo.
Guardando più a fondo, ritrovo nella perdita della consapevolezza della nostra interconnessione con i nostri simili e con l’ecosistema Terra uno dei principali motori di questo disastro. Penso che queste medicine, nel contesto appropriato, potrebbero rappresentare un tassello di guarigione: sono comuni i report di chi fa questo tipo di esperienze di sentirsi più sensibile e connesso al mondo circostante e alle sue istanze sociali ed ecologiche.
Parlando di interconnessione, penso sia importante sottolineare anche che questo tipo di terapie ci porta a considerare una transizione da un paradigma biomedico a un modello biopsicosociale di cura, dove l’aspetto umano torna ad avere una importanza primaria. Facendo eco a Rick Doblin di MAPS, è importante che le pressioni economiche delle aziende farmaceutiche non ci portino a mettere in disparte la parte psicoterapeutica di queste terapie riducendole semplicemente a un nuovo farmaco.
Vediamo quindi un panorama complesso, animato da grandi speranze, con una evidenza scientifica ancora debole e dei capitali già in movimento, in un momento di crisi globale ma anche di grande opportunità. Abbiamo abbastanza dati per dire qualcosa di solido riguardo a prospettive di cura e sicurezza, almeno dal punto di vista della scienza occidentale? Forse no. È questo un campo che merita investimenti, con la promessa di nuove terapie che vanno a coprire vari bisogni di salute irrisolti? Sembra di sì.
Credo dunque che sia fondamentale che le istituzioni statali e macroregionali aprano le porte legislative e dei finanziamenti per proseguire la ricerca e che la società civile si attivi e prenda coscienza delle possibilità che si stanno aprendo nel campo della cura. Un esempio potrebbe essere la partecipazione alla ICE, Iniziativa dei Cittadini Europei, per l’accesso a queste cure in Europa. Saremo capaci di costruire delle forme terapeutiche e culturali giuste attorno a questo tipo di medicine? Saremo capaci di renderle accessibili, evitarne la mercificazione e inserirle in un processo che crei una cultura più sana, resiliente ed ecologicamente adattabile? Penso che le potenzialità ci siano, sono nelle nostre mani.
NOTE
- https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/depression
- https://www.frontiersin.org/journals/synaptic-neuroscience/articles/10.3389/fnsyn.2020.00034/full
- https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0028390818303368
- https://www.nature.com/articles/s44184-023-00053-8
- https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC10521293/
- https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(10)61462-6/abstract?cc=y%3D
- https://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0063972
- https://www.lucid.news/ketamine-therapy-offers-hope-for-healing-phantom-limb-syndrome/
- https://anthrosource.onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/anoc.12161
- https://www.statista.com/chart/27805/indigenous-communities-protect-biodiversity/
- https://kahpi.net/global-ayahuasca/
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