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Voi siete in grade di distinguere le pellicce vere da quelle finte? La domanda può sembrare un po’ pretestuosa ma è fondamentale se vogliamo fare consumo critico in un dei settori con il più elevato impatto ambientale al mondo ovvero quello dell’abbigliamento. In particolare, ci sono ancora tantissimi capi che vengono realizzati con pelli, pellicce, denti, ossa e altri parti animali, in una filiera di morte e sofferenza che coinvolge ogni anno decine di milioni di esseri viventi. Vi consiglio prima di tutto di cominciare ad approfondire l’argomento leggendo il mio primo articolo sul tema, in cui illustro le tecniche produttive e il loro impatto su animali e ambiente.
Ma veniamo ai consigli pratici. Per evitare di acquistare o indossare capi d’abbigliamento che in realtà sono frutto di maltrattamento e morte di altri animali, dobbiamo assicurarci che non si tratti di pellicce vere o di altri prodotti realizzati con parti animali. Fermo restando che se abbiamo il minimo dubbio la scelta migliore sia sempre quella di non acquistarlo, ecco qui qualche consiglio tratto da questo approfondimento realizzato da Animals Australia, organizzazione australiana che si occupa di protezione animali.
LE OPERAZIONI DA FARE
Separa i peli della pelliccia e guarda la base: le pellicce finte hanno generalmente una maglia o un tessuto filettato. Le pellicce vere saranno invece attaccate alla pelle. Guarda le punte dei peli: quelli degli animali veri sono affusolati verso la punta, a meno che non siano stati tagliati o rasati. La pelliccia sintetica invece ha i peli a taglio netto. Quindi se i peli si restringono alla punta, puoi con sicurezza lasciare l’indumento sullo scaffale.
Se possiedi già il capo, esegui una prova di bruciatura. Ecco come si fa: rimuovi alcuni peli e, utilizzando delle pinzette, bruciali con un accendino o un fiammifero. Quando i peli degli animali vanno a fuoco, hanno lo stesso odore di quelli umani. La pelliccia finta, comunemente realizzata in acrilico o poliestere, quando viene accesa ha invece l’odore della plastica fusa e forma delle micropalline tipiche della plastica.
Infine fai il test dell’ago: inserisci l’ago nella trama su cui è montata la pelliccia. Se fosse naturale, dovresti sentire una certa resistenza. Infatti i peli delle pellicce vere sono effettivamente attaccati alla pelle che sarà molto più resistente rispetto a una trama tessile su cui sono montate quelle finte. Se la pelliccia non è di animale, è probabile che l’ago scivoli facilmente attraverso la trama.
PERCHÈ È IMPORTANTE FARLO
E se vi dicessi che una delle specie aliene invasive più dannose in Italia è figlia dell’industria delle pellicce? Vi ricordate il castorino? Ecco. È proprio dagli allevamenti di castorino che furono inutilmente e dannosamente liberate le prime nutrie, oggi invasive in tutto il territorio italiano per le specie autoctone e l’equilibrio dell’ecosistema.
Questo ci fa capire quanto la produzione di pellicce vere rovini l’ambiente. Basti pensare che l’energia necessaria per produrre un cappotto in pelliccia con pelli originali di animali allevati è approssimativamente venti volte quella necessaria per una pelliccia finta. Le pellicce vere inoltre non sono biodegradabili a causa dei trattamenti chimici applicati per arrestare la decomposizione. Pensate che gli allevamenti di visoni generano approssimativamente 62.000 tonnellate di letame l’anno, da cui derivano quasi 1.000 tonnellate di fosforo che generano devastazione nell’ecosistema dell’acqua.
Per fortuna negli anni in tutto il mondo la produzione annuale di pellicce è andata diminuendo, ma è ancora un grande business. Ecco qualche dato – le cifre mostrate sono stime incentrate su visoni, volpi, cani procioni, cincillà e zibellini. Sono esclusi i conigli e gli animali catturati per la loro pelliccia:
- 2014: Europa 43,6 milioni, Cina 87 milioni, Nord America 7,2 milioni, Russia 1,7 milioni
- 2018: Europa 38,3 milioni, Cina 50,4 milioni, Nord America 4,9 milioni e Russia 1,9 milioni
- 2021: Europa 12 milioni, Cina 27 milioni, Nord America 2,3 milioni e Russia 600.000
- 2022: Europa 10 milioni, Cina 22 milioni, Nord America 2 milioni e Russia 600.000
Per saperne di più leggi gli approfondimenti realizzati da PETA e Human Society.
Consulta la nostra guida al benessere animale.
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