Mannos, la piattaforma che permette di adottare, supportare e gustare le piccole produzioni sarde
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Ci sono storie che nascono dal desiderio di tornare alle origini, di ritrovare un legame perduto con la terra e i suoi frutti. Mannos è una di queste. È il sogno di Maria Giovanna Carta, che ha trasformato un ricordo d’infanzia in un ponte tra passato e futuro. Si tratta di un progetto che offre un’esperienza di adozione originale. È possibile infatti adottare un filare di vite, un campo di grano, un’arnia o anche un animale, diventando così parte attiva del ciclo che dà vita ai prodotti enogastronomici tipici sardi. L’idea di Maria Giovanna Carta è quella di creare un legame tra la sua connessione personale con la Sardegna e la riscoperta delle tradizioni agricole e alimentari dell’Isola.
In Mannos ogni adottante non è un semplice osservatore, ma partecipa realmente alla produzione, secondo un modello che permette di sostenere i piccoli produttori locali, dando visibilità alle loro storie e al loro impegno quotidiano. L’obiettivo non è quindi “solo” portare in tavola un prodotto, ma raccontare una storia che unisce chi crea, chi adotta e il territorio che nutre tutto ciò. Così l’adozione diventa un atto di supporto che connette tradizione, innovazione e passione per il cibo genuino.
Come nasce Mannos?
Mannos nasce da una mia esperienza personale. Dopo essermi trasferita fuori dalla Sardegna per motivi di studio e lavoro, ho sentito il bisogno di riconnettermi con la terra. La mia esperienza con l’adozione di un filare di vite in Piemonte e un campo di grano è stata il primo passo per soddisfare questa necessità: volevo sapere da dove veniva il cibo che mettevo sulla mia tavola, chi c’era dietro a un bottiglia di vino o di olio o un pacco di farina.
Nonostante il mio lavoro in città fosse molto lontano dalla vita rurale della mia infanzia, ho sempre sentito un forte legame con la terra, ereditato da mio nonno pastore e da mia nonna, che coltivava mandorli e olive. Tuttavia, l’esperienza di adozione nella penisola non mi aveva lasciato molto soddisfatta, perché non mi ero sentita effettivamente partecipe del processo produttivo.
E invece in Mannos cosa significa essere un o una adottante?
Nella mia esperienza di adottante in Piemonte ho avvertito una certa distanza dal territorio e dal processo produttivo. La mancata personalizzazione del prodotto ricevuto non mi ha fatto sentire davvero parte di quel progetto e la targa posta nel filare non era stata sufficiente a soddisfare la mia necessità di partecipazione. È proprio per colmare questa lacuna che è nata la mia idea, un progetto che permettesse alle persone di sentirsi parte attiva e coinvolta nel processo produttivo. Essere un adottante di Mannos è un’esperienza che permette di entrare in contatto profondo con il territorio – in questo caso la Sardegna – con le sue tradizioni agroalimentari e i suoi piccoli produttori.
Nel concreto, col nostro slogan “adottare un angolo di Sardegna” vogliamo simboleggiare il prendere parte a un ciclo produttivo che dura un anno, un percorso che si sviluppa passo dopo passo, dalla nascita del prodotto fino alla sua maturazione. L’adottante riceve una targa personalizzata o, nel caso di un’adozione animale, un collarino realizzato artigianalmente con inciso il nome scelto, come nel caso di una pecora o di una capra. Durante l’anno, gli adottanti ricevono aggiornamenti periodici in cui viene raccontato il ciclo produttivo: come sta e come cresce l’animale oppure come il raccolto si sviluppa, giorno dopo giorno.
Infine al momento della raccolta o della produzione, l’adottante riceve il frutto di questa esperienza: ad esempio un pecorino o dell’olio, con una propria etichetta personalizzata che riporta il nome dell’adottante e il dettaglio del territorio sardo da cui proviene. Questo momento è il coronamento dell’adozione ovvero ricevere un prodotto che è stato curato, cresciuto e realizzato con passione e dedizione, sentendosi parte di quel processo, pur essendo fisicamente lontani.
Il termine Mannos, in varie parlate della lingua sarda, significa “grandi”, “antenati”. Come mai la scelta di questo nome?
Il nome è un ringraziamento ai nostri nonni, alle nostre nonne e ai nostri padri e madri, insomma ai mannos che sono spesso custodi dei saperi antichi della tradizione. Non si tratta solo di un omaggio, ma di un vero e proprio tributo a chi ha tramandato queste conoscenze, parte integrante della nostra cultura.
Anche la scelta di stabilire la sede di Mannos a Berchidda non è casuale, ha un significato profondo per me. Berchidda è il paese dei miei nonni, di mia madre, il luogo dove ho vissuto tutte quelle esperienze che mi hanno ispirato a creare questo progetto. Sebbene Mannos sia un e-commerce, che opera senza una vera e propria sede fisica, ho voluto che la sede legale fosse in un luogo che avesse un valore emotivo e simbolico.
Cosa comporta invece entrare a far parte di Mannos per i produttori?
In Sardegna le esperienze di adozione di terreni e coltivazioni non sono certo una novità. Quello che però ho cercato di fare con Mannos è stato non tanto innovare l’idea in sé, quanto piuttosto mettere in rete i piccoli produttori che custodiscono le nostre eccellenze enogastronomiche, pilastri della tradizione sarda. Mi interessava abbracciare l’intero panorama alimentare della mia terra: dal vino al formaggio, dal grano ai prodotti che compongono ogni giorno la mia tavola. Ho iniziato così a selezionare piccoli produttori locali.
Ecco, Mannos è anche una vetrina per arrivare a un pubblico più ampio. La promozione attraverso la piattaforma e la narrazione dei loro prodotti è una risorsa che i piccoli produttori difficilmente spesso possono permettersi da soli. L’investimento nello storytelling è un altro elemento fondamentale: raccontare le storie di chi sta dietro a ciascun prodotto, facendo capire la passione e l’impegno, crea un legame emotivo con i chi adotta. Una delle cose che mi fa molto piacere sottolineare riguardo al progetto è che il gruppo di produttori con cui collaboro è costituito dal 90% da donne. Il fatto che il progetto sia quasi esclusivamente al femminile mi rende estremamente orgogliosa.
L’adozione può essere ritenuta una forma di finanziamento verso i piccoli produttori locali?
In un certo senso sì. Infatti i produttori ricevono oltre la metà del valore del prodotto ancora prima che esso venga effettivamente realizzato e questo può essere un supporto durante la lunga stagionatura di alcuni prodotti, come il formaggio, che può impiegare fino a un anno per maturare, o il vino che richiede affinamenti di due anni o più.
La risposta qual è stata?
Sono arrivate tantissime adesioni, molte delle quali provenienti da un target che non avevo previsto con certezza. Inizialmente pensavo che il progetto sarebbe stato principalmente apprezzato da persone che non vivono in Sardegna, magari da chi ha conosciuto l’isola durante una vacanza, da chi ha radici sarde ma vive lontano o anche da stranieri attratti dalla nostra cultura alimentare. Ciò che però mi ha davvero sorpreso è stato l’interesse che ha suscitato tra i sardi stessi: devo dire che in questo senso mi hanno dato proprio un bello schiaffo.
Molti di loro infatti, pur vivendo in Sardegna, hanno trovato nel progetto un’opportunità per avvicinarsi alla terra e per sostenere i piccoli produttori locali. Una scelta che dimostra l’attenzione a ciò che mettiamo sulle nostre tavole. A distanza di un anno, nel settembre 2024, ho raggiunto un traguardo significativo: 100 adozioni. Un successo che dimostra l’efficacia e l’apprezzamento di un progetto che, pur partendo con un’idea semplice, ha saputo coinvolgere e appassionare persone di diverse origini e con diverse motivazioni, tutte accomunate dall’amore per la Sardegna, le sue tradizioni e dal mangiare cibi locali.
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