L’Europa stabilisce che il lupo diventerà più cacciabile, in barba alle evidenze scientifiche
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Il 3 dicembre scorso il Comitato permanente della Convenzione di Berna ha votato a favore della proposta dell’Unione Europea di aggiornare lo stato di protezione del lupo da “strettamente protetto” a “protetto”. La modifica entrerà in vigore il 7 marzo 2025, – cioè solo tra tre mesi – se nel frattempo i 17 paesi che hanno ratificato la convenzione non si opporranno.
No, la dicitura “protetto” non è sufficiente per proteggere davvero un animale come il lupo, già demonizzato, bracconato, odiato e perseguitato dalla notte dei tempi. Il fatto che non sarà più rigorosamente protetto significa che sarà cacciabile sempre più liberamente e legalmente. Già oggi, nonostante sia “strettamente protetto”, il lupo può essere abbattuto secondo le specifiche richieste di ogni Stato. Il rischio è quindi che, quando non sarà più davvero protetto, venga dato il via libera alle uccisioni senza vere motivazioni conservazionistiche.
Nel caso di una specie rigorosamente protetta infatti la convenzione di Berna vieta in particolare tutte le forme di cattura e detenzione deliberate e l’uccisione deliberata, il danneggiamento o la distruzione deliberati dei siti di riproduzione e di riposo, il disturbo deliberato in particolare durante il periodo della riproduzione, ma anche il possesso e il commercio dell’animale vivo o morto. Invece quando una specie rientra tra quelle “protette” con livello meno rigoroso, la convenzione di Berna indica che i Paesi, pur dovendo continuare ad assicurarne la sopravvivenza, possono agire per prevenire tra l’altro “danni importanti a coltivazioni e allevamenti”. Ed eccolo il punto cruciale: danni agli allevamenti.
MA QUANTO PREDA IL LUPO?
Si preferisce sempre usare il grilletto invece che la prevenzione e sebbene l’UE metta a disposizione fondi affinché gli allevatori mettano in atto misure di prevenzione e sebbene gli Stati risarciscano il singolo allevatore per ogni capo di bestiame predato, questo non basta. Il lupo diventa il capro espiatorio delle lobby zootecniche, per la loro incapacità di proteggere il bestiame con metodi dissuasivi e pacifici come cani da guardiania, reti anti-lupo e ricoveri per il bestiame.
A queste misure, si preferisce la caccia al grande predatore all’apice della catena alimentare, col rischio di andare a decimare i pochi lupi che sopravvivono e che abbiamo fatto tanto per proteggere negli ultimi decenni. Noi abbattiamo un superpredatore fondamentale per il benessere dell’ecosistema, l’unico in grado di controllare le popolazioni di cinghiali e quindi di peste suina, che altrettanto ci spaventano e vogliamo decimare.
Ecco che forse viene il dubbio che il vero motivo per cui si vuole declassare lo stato di protezione del lupo sia proprio questo: meno concorrenza con i cacciatori, che domani, quando il lupo non ci sarà più, saranno gli unici a poter “controllare” i cinghiali e finalmente potersi divertire la domenica mattina. Peccato che diversi studi scientifici – e lo sostiene anche l’ISPRA –, abbiano dimostrato che la caccia in braccata al cinghiale non solo non risolve il problema della sovrappopolazione di cinghiali ma anzi, la peggiora. Questo perché si va a uccidere la matriarca, andando a stimolare la fecondità delle giovani femmine che si riproducono a un tasso maggiore.
LA CACCIA NON SERVE, ANZI
La stessa inefficacia della caccia è stata dimostrata per quanto riguarda i lupi. Gli abbattimenti frammentano la struttura sociale del gruppo, peggiorando le predazioni sul bestiame. Questo perché a venire uccisi sono spesso i genitori, la coppia alfa, che dovrebbero essere le guide e fornire insegnamenti di caccia e sopravvivenza. Una volta che mancano i leader del gruppo, la composizione dello stesso si frammenta, alcuni individui vanno in dispersione e non avendo più una guida per la caccia puntano le prede più semplici: quelle domestiche.
Un recentissimo studio inoltre ha osservato i tassi di predazione in Slovacchia dove per cinque anni, dal 2014 al 2019, è stata legale la caccia al lupo per ridurre i tassi di predazione sul bestiame. Anche in questo caso lo studio scientifico, analizzando i dati, ha dimostrato che i lupi si nutrivano per il 98,9% di ungulati selvatici e che “non abbiamo osservato una relazione tra il numero di lupi uccisi e le perdite di bestiame. In alternativa, è stata riscontrata una relazione negativa tra la biomassa delle prede selvatiche e le perdite di bestiame”.
Ciò significa che la caccia al lupo non ha risolto il problema delle predazioni sul bestiame, le quali invece dipendono dal numero di prede selvatiche: meno selvatici ci sono a disposizione, più aumentano le predazioni sugli animali domestici. Come dicevamo, i cacciatori e i lupi sono effettivamente concorrenti di cinghiali, caprioli, cervi e altri ungulati. In questo scenario totalmente ascientifico, le lobby venatorie e quelle zootecniche vanno a braccetto in una politica europea sempre più conservatrice e antropocentrica. Quando la prevenzione non si attua per proteggere il proprio bestiame, l’odio verso la natura aumenta e l’unica cosa che gli allevatori sanno fare è sparare.
UNA DECISIONE ASCIENTIFICA
Ma nonostante questi dati scientifici, il 3 dicembre l’UE ha firmato per il via libera dell’abbattimento dei lupi europei. Il nostro Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida ha affermato: «Una decisione che sulla base di dati scientifici permetterà di portare avanti un’attività di razionalizzazione per garantire la specie e le attività produttive che, in molte zone d’Italia, sono state messe in difficoltà». Peccato che di scientifico qui ci sia ben poco, come abbiamo visto, e infatti tutti gli organi scientifici, compresa la IUCN, l’Unione internazionale per la tutela della natura, hanno dichiarato che questa decisione è controproducente per la conservazione ed è contro ogni studio, ricerca e fondamento scientifica.
Esattamente come afferma anche il WWF Italia, è «una decisione che va contro il parere degli esperti e della scienza, ci riporta indietro di mezzo secolo e apre una strada pericolosa per il futuro della conservazione della natura in Europa. È una sconfitta per la natura e per la scienza. Una scelta che rischia di riportarci indietro di decenni». Fa eco Daniele Ecotti, presidente di Io non ho paura del lupo: «Abbiamo il dovere morale e scientifico di proteggere questa specie, non solo per il suo valore intrinseco, ma per l’equilibrio degli ecosistemi e per il futuro delle generazioni che verranno».
Oltre agli appelli di oltre trecento associazioni, il Comitato permanente della convenzione di Berna ha ignorato il parere scientifico anche della Large carnivore initiative for Europe, gruppo di lavoro della IUCN, che ha evidenziato come, in base alle informazioni a disposizione, fosse necessario mantenere l’attuale livello di protezione.
NON CI SONO TROPPI LUPI
E in risposta alle chiacchiere da bar dove la gente si lamenta dei troppi lupi, riportiamo anche qui studi scientifici con dati alla mano. “Vorremmo attirare la vostra attenzione sul fatto che, sebbene il numero di lupi sia aumentato in alcuni stati membri dell’Ue, i lupi europei non costituiscono un’unica popolazione, ma sono frammentati in nove popolazioni distinte“, si legge nella lettera che l’EAWC, l’Alleanza europea per la conservazione del lupo, ha inviato ai membri della Convenzione di Berna.
Sei di queste nove popolazioni sono ancora minacciate secondo i criteri della Lista rossa dell’IUCN, mentre solo tre non sono considerate minacciate. “Pur riconoscendo una ripresa generale della specie lo stato di conservazione della specie è lungi dall’essere omogeneo in tutta Europa e le popolazioni di lupo hanno uno stato di conservazione inadeguato in sei delle sette regioni biogeografiche. Ancora oggi la conservazione del lupo è sotto minaccia in diversi Paesi dell’Ue”, conclude l’EAWC.
COSA SUCCEDERÀ ORA? LE CONSEGUENZE DI QUESTA DECISIONE
Ora non ci resta che sperare che 17 Stati – un terzo del totale – presentino opposizione entro il 7 marzo. In caso contrario da quel giorno entrerà in vigore questa nuova decisione che porterà alla modifica della Direttiva Habitat che entro circa un anno ogni Stato dovrà applicare all’interno del suo regolamento. Abbiamo tre mesi di tempo affinché anche gli organi e le associazioni scientifiche e di tutela ambientale lavorino per presentare ricorso e impugnare l’irregolarità attraverso cui questa scelta è stata presa.
Perché oggi è il lupo a essere ucciso per interessi economici e politici calpestando spudoratamente la scienza, domani potrebbero essere la medicina, l’istruzione o l’immigrazione. E se ogni scelta dell’Unione Europea – organo super partes, apolitico e promotore di giustizia – segue interessi economici delle lobby invece che la scienza e i pareri degli esperti, allora inizierà un periodo grigio per la stessa democrazia e per le decisioni a lungo termine per il nostro continente.
Pensate che nel 2022 la Svizzera aveva presentato una proposta simile per l’abbattimento dei lupi, che è stata respinta. Oggi la stessa proposta è stata accettata e allargata in tutta Europa. Cos’è cambiato dal 2022 ad oggi? Nulla per la conservazione del lupo, ma è cambiato il clima politico, sempre più autoritario.
E che esempio dà l’Unione Europa, incapace di convivere con un paio di lupi, a realtà come l’India, l’Africa e il Sudamerica che devono convivere e sopravvivere con leoni, tigri, elefanti, giaguari, coccodrilli? Con questa decisione stiamo dando il via libera alle uccisioni degli animali potenzialmente pericolosi in tutto il mondo. È un precedente gravissimo, perché riaprendo la stessa Direttiva Habitat, scrigno di protezione ambientale e tutela faunistica in Europa, ogni Stato membro potrà scegliere di togliere animali “scomodi” e declassarne la protezione: oggi il lupo, domani l’orso, la foca, il cormorano, l’aquila, lo squalo. Dove andremo a finire? Vogliamo creare un mondo privo di animali affinché le attività umane possano seguire spregiudicate e devastatrici?
COSA FARE QUINDI?
Parlare, divulgare, diffondere le informazioni, firmare petizioni, manifestare. Certo. Tutto giustissimo e importantissimo. Ma sapete chi ha dato il potere alle lobby zootecniche di arrivare fino al Parlamento Europeo? Noi. Con la carne e i formaggi che portiamo a tavola. Noi, con le nostre scelte alimentari quotidiane. Se in un mondo utopistico – ma spero sempre più possibile – nessuno consumasse alimenti prodotti da allevatori, cacciatori e pastori, questi non avrebbero il potere di scegliere per il futuro del lupo, dell’orso e di tutti gli altri animali che abitano la nostra terra. La scelta la facciamo noi. Il cambiamento siamo noi. L’Italia (Europa) che cambia è possibile.
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