5 Dic 2024

Perché si parla di indipendentismo in Sardegna?

Scritto da: Helis Blog

Dall'identità all'autorazzismo, dagli stereotipi al senso d'appartenenza. Che motivazioni sono alla base dell'indipendentismo diffuso nell'Isola e quale è il punto di vista indipendentista sulla Sardegna? Il punto di vista dell'attivista Franciscu Pala.

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Le persone che si imbattono per la prima volta nell’indipendentismo possono avere una reazione ambivalente: è possibile che su un determinato argomento si trovino d’accordo con le sue posizioni ma al contempo potrebbero non riuscire a comprenderne l’essenza generale, il senso politico, le motivazioni della sua stessa esistenza.

DIFFIDENZA E STEREOTIPI

Chi non è mai entrato a contatto diretto con l’indipendentismo spesso ha già elaborato un giudizio negativo nei suoi confronti, magari legato alla sedimentazione di stereotipi negativi che possono essere fondati su errate equazioni che legano l’indipendentismo al nazionalismo suprematista o su azzardate similitudini che bollano le istanze indipendentiste come egoismi escludenti, autarchici, leghisti o razzistoidi.

indipendentismo

Ma c’è anche chi non riesce a superare la diffidenza, più istintiva che razionale, anche quando la realtà dei fatti restituisce un indipendentismo progressista, aperto e internazionalista, che non ha niente a che spartire con ideologie nefaste o con visioni passatiste e folcloriche. Ci siamo passati quasi tutti. D’altronde in Sardegna è ancora molto raro nascere indipendentisti. È normale che, prima o poi, nel momento in cui si prova la curiosità di conoscere questa realtà si arrivi alla fatidica domanda sul senso di essere indipendentisti nella Sardegna e nel mondo attuali.

Generalmente ci si chiede perché mai la Sardegna concretamente dovrebbe diventare una Repubblica a se stante in un contesto globalizzato e popolato da cittadini del mondo. A questo tipo di ragionamento chi è già indipendentista risponde di getto con un semplice “perché no?”, ma questo non aiuta il dialogo e la comprensione reciproca. C’è quindi da fare un passo indietro, bisogna intenderci su alcuni aspetti fondamentali.

Per un indipendentista la Sardegna è una nazione senza Stato al centro del Mediterraneo

UNA REALTÀ, TRE APPROCCI

Partiamo dalla realtà, cioè da qualcosa di obiettivamente indiscutibile per tutti, anche per un nazionalista italiano, al di là delle convinzioni politiche: sul piano geografico, storico, antropologico e istituzionale, la Sardegna è un’Isola con una sua storia regionale che ha visto i suoi abitanti condividere culture ed esperienze comuni sotto governi autoctoni originali e sotto fasi di potere gestito da vari altri popoli e Stati d’Europa e del Mediterraneo.

Aggiungendo un pizzico di autonomismo a questa descrizione esageratamente asettica e imparziale, potremmo dire che la Sardegna è una terra dai confini ben definititi dalla sua insularità, con una sua storia distinta da quella del resto dei territori dello Stato italiano, che ha visto i sardi e le sarde condividere civiltà originali come quella nuragica e quella giudicale, una cultura unitaria e un sistema linguistico specifico sotto esperienze di governo autoctone e indipendenti e sotto fasi di conquista militare da parte di popoli e Stati d’Europa e del Mediterraneo, dai fenici ai romani, dagli aragonesi ai piemontesi.

Per un indipendentista invece la Sardegna è una nazione senza Stato al centro del Mediterraneo con una sua storia nazionale distinta e confliggente rispetto a quella italiana, con una sua lingua e con un popolo che ha dato vita nei millenni a civiltà uniche come quella nuragica, che ha conquistato modelli di governo originali e indipendenti come quello giudicale e che ha ciclicamente tentato di difendere fino all’estremo sacrificio, la sua libertà e l’indipendenza.

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Dalle guerre contro i fenici a quelle contro l’impero romano, dalle guerre arborensi contro la Corona d’Aragona alla sarda rivoluzione e contro l’occupazione italopiemontese responsabile di stragi, torture, repressioni e impiccagioni su tutto il territorio nazionale sardo. La differenza tra queste tre gradazioni descrittive evidenzia approcci tra loro distanti che per semplificazione politica possiamo definire rispettivamente unionista, autonomista e indipendentista.

IDENTITÀ POLITICA E APPARTENENZA NAZIONALE

La personalità politica dei sardi unionisti è assodata: quasi sempre non si pongono il problema della loro identità, si sentono italiani oppure tanto italiani quanto sardi e le due appartenenze sono per loro sinonime. Gli autonomisti tendenzialmente si sentono invece sia italiani che sardi, a volte più sardi che italiani, ma sono più o meno coscienti di appartenere a un popolo che ha diritto al riconoscimento della propria specificità, come d’altronde sancito dalla Costituzione dello Stato italiano e dallo Statuto della Regione Autonoma.

Queste sono le opzioni ampiamente maggioritarie al giorno d’oggi in Sardegna. Ma chi sono gli indipendentisti e le indipendentiste? E soprattutto, queste persone come sono arrivate a sposare un progetto politico per i più percepito come anacronistico e insensato?

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AUTOPERCEZIONE E AUTORAZZISMO

Senza entrare nel merito delle singole esperienze di vita o delle varie fasi di maturazione politica di ciascuno, possiamo guardare alla dinamica di fondo, all’approccio generale. Un indipendentista è in primis una persona che ha prima psicologicamente e poi politicamente superato gli stereotipi, puntualmente falsi e smentiti dai dati, del sardo fatalista, della Sardegna dell’assistenzialismo e dell’Italia che ci mantiene e che senza di lei non ce la possiamo fare; del popolo sardo sempre sconfitto da se stesso e da chi viene da fuori.

Una persona che ha fatto pace con la sua storia capendo che si può essere cosmopoliti senza dover rinunciare alla propria identità e che anzi, proprio perché consci della propria identità culturale e linguistica, si può partecipare al mondo in prima persona, arricchendolo, senza farsi raccontare da altri, senza passare per il filtro italiano. L’indipendentista è quella persona che ha razionalizzato i rapporti di forza istituzionali e ha capito che puntualmente gli interessi dello Stato e quelli della Sardegna non corrispondono ma anzi sono, in tutti i settori, antitetici, sbilanciati, ingiusti e dannosi per la nostra terra.

Indipendentista è chi applica lo stesso metro a tutte le realtà, compresa la propria: siamo tutti solidali con i popoli ai quali viene impedito, con la forza o con la burocrazia, di far fiorire la propria cultura o di conoscere la propria storia; siamo tutti angustiati quando ci raggiunge la notizia di lontani ed esotici ecosistemi devastati da speculazioni di ogni tipo; ci fermiamo tutti a riflettere quando i linguisti ci dicono che a causa del consumo del territorio o della pervasività dei nuovi media scompaiono decine di lingue ogni anno.

lingua sarda murales orgosolo

Indipendentista è la persona che si guarda allo specchio e si riconosce come parte di una nazione, attualmente governata dallo Stato italiano, che sta vivendo, con modalità e intensità specifiche, tutte queste dinamiche delle quali sicuramente ci si può non curare ma a patto di essere coerenti e di fare lo stesso con tutte le altre realtà del mondo. Altrimenti si cade nell’autorazzismo e nella svalutazione di se stessi: ad esempio, esistono forse delle classifiche di importanza delle lingue in via di estinzione? Forse sono più importanti le lingue degli aborigeni australiani o dei nativi americani, rispetto sardo o del gaelico irlandese?

INDIPENDENTISMO: UN PROGETTO REALISTICO E URGENTE

Come affermava Jean-Marie Tjibaou, leader dell’indipendentismo socialista della Nuova Caledonia, «il ritorno alla tradizione è un mito, la nostra identità è avanti a noi». L’indipendentismo sardo non guarda al passato, non mira al ritorno a una mitica e vaga epoca dell’oro. Non ha la missione di dichiarare l’indipendenza dopodomani, ma lavora in quella prospettiva e assume il legittimo diritto all’autodeterminazione.

Cerca di fare il possibile per far sì che le nuove generazioni di sarde e sardi abbiano la preziosa opportunità di conoscere la propria storia, di non perdere la loro lingua, non crescere in un clima di rassegnazione e di passività, di avere l’occasione di poter conoscere il mondo ma anche di poter tornare per far crescere la loro terra, di aprire gli occhi sulle ingiustizie economiche, ambientali e sociali che il nostro territorio e la nostra gente stanno subendo. Ma anche per porre le basi per una Sardegna diversa, responsabile, cosciente di se stessa e delle proprie possibilità e, proprio per questo, aperta al mondo e inclusiva.

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