13 Dic 2024

Danilo Dolci, il ricordo del figlio Amico tra libri, musica ed esempio

Scritto da: Laura Tussi

Nel centenario della nascita di Danilo Dolci torniamo a parlarvi del suo impegno politico, sociale ed educativo attraverso le parole e i ricordi del figlio Amico Dolci.

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A cento anni di distanza dalla sua nascita, Danilo Dolci resta una delle figure più importanti in Italia nel Secondo Dopoguerra per l’impegno politico, sociale ed educativo. Candidato al Nobel per la pace con il suo progetto di sottrarre la Sicilia alla mafia, alla povertà e all’ignoranza, il suo messaggio e la sua opera continuano a lasciare un segno grazie al Centro per lo Sviluppo Creativo Danilo Dolci, presieduto dal figlio Amico Dolci. Lo abbiamo incontrato nuovamente per farci raccontare momenti di vita vissuta e partecipata insieme al padre. 

Amico, la vostra era una casa piena di testi importanti e dei generi più disparati per una famiglia che leggeva moltissimo e in tutte le occasioni.

In casa nostra circolavano tanti libri, sia quelli di scuola che quelli di nostro papà o degli amici a lui collegati, ma entravano anche tanti altri che noi liberamente sceglievamo ogni tanto, andando nelle librerie di Partinico o di Palermo, o ancora quelli che papà ci regalava individualmente. Ricordo, per esempio, che regalò a Chiara tutto il teatro di Ibsen, a me un bellissimo cofanetto con tutto il Teatro di Shakespeare, alla mamma Vincenzina tutti i Racconti di Cechov. Alcuni brani li leggevamo tra di noi, ad alta voce, o in auto durante le lunghe gite – tra grandi risate – oppure in attesa del pic-nic tra i prati.

Danilo Dolci
Danilo Dolci. Foto Archivio del Centro Sviluppo Creativo – Danilo Dolci
Puoi spiegarci le vicissitudini del celebre Sciopero alla rovescia ideato da tuo padre Danilo Dolci e il ruolo di Calamandrei in quella vicenda?

Durante la fine della mia scuola elementare, e poi i primi anni di scuola media – tra il 1967 e il 1970 circa – mi ero appassionato della lettura di Processo all’art. 4, cioè tutto il resoconto della vicenda dello sciopero alla rovescia del 1956, sulla “trazzera vecchia” di Partinico.

(Il 2 febbraio del 1956 Danilo Dolci veniva arrestato con altre 26 persone per aver preso parte allo “sciopero alla rovescia” nella Trazzera vecchia, una strada nei pressi di Partinico abbandonata all’incuria, ndr). Sapevo per grandi linee di quell’evento, a quell’epoca io non ero ancora nato, ma la lettura diretta dei dialoghi tra gli avvocati, il Pubblico Ministero e gli imputati, ovvero mio papà, Turiddu Termine, Ignazio Speciale, Carlo Zanini e qualche altro ancora, mi presentavano chiaramente il paradosso di qualcuno che veniva arrestato solo perché faceva del bene agli altri!

Ti ricordi ancora nei particolari l’arringa di Piero Calamandrei?

Ricordo benissimo che mi commuovevo all’arringa finale di Piero Calamandrei che cercava di chiarire che quel Processo non era contro Danilo e i suoi amici disoccupati, ma andava considerato come un’occasione per affermare che la Costituzione italiana esisteva già da dieci anni, ma aveva bisogno di essere inverata, realizzata, grazie al contributo di ciascuno, giudici compresi. In realtà era poi la mamma Vincenzina che, alle mie domande, dava più risposte e dettagli al mio bisogno di capire. Mio papà era sempre più rivolto al futuro, quindi meno interessato alle vicende di ormai oltre dieci anni prima, e accennava piuttosto alle nuove iniziative che si andavano preparando.

danilo dolci
Amico Dolci presiede l’associazione no profit intitolata al padre, Danilo Dolci, e porta avanti l’esperienza avviata dal sociologo in ambito sociale ed educativo
Raccontaci delle manifestazioni pubbliche come occupazioni, digiuni, marce e il ruolo di coordinamento dello scrittore Franco Alasia.

Noi bambini e ragazzini più grandicelli partecipavamo preparando i grandi cartelli che poi avrebbero sfilato durante le marce, le manifestazioni, i digiuni. “LAVORO NELLA NOSTRA TERRA”, “FUORI I MAFIOSI DAGLI INCARICHI PUBBLICI”, “L’ACQUA È VITA”, “LA DIGA È FIDUCIA” erano alcune delle frasi esibite. Franco Alasia coordinava il lavoro di noi piccoli, preparava i materiali, i bastoncini di legno e i pannelli di compensato che noi avremmo poi riempito con pennellate dai colori accesi, blu scuro, rosso fiammante, nero scurissimo, per accentuare il più possibile la visibilità di quelle frasi, anche durante il movimento, a piedi o sui caratteristici “carretti siciliani”.

Oltre che per la costruzione della diga sul fiume Jato, ormai avviata, altre proteste, altri digiuni erano necessari per ottenere la realizzazione delle opere che le amministrazioni pubbliche erano tenute a portare a termine, come la realizzazione del nuovo Ospedale o della strada di accesso al bellissimo Centro educativo di Mirto, una delle prime sperimentazioni educative italiane che oggi ha il riconoscimento di scuola sperimentale, che ormai il Centro Studi e Iniziative aveva realizzato nel 1974-’75. Usciva intanto in quegli anni il Poema umano, bellissimo libro di poesie che già conoscevo sia nelle precedenti stesure de Il limone lunare che nei fogli ciclostilati che papà ci dava per una prima lettura ed eventuali consigli di cambiamenti, variazioni, eccetera.

Hai sempre seguito la produzione letteraria di tuo padre e ti soffermavi molto nel leggerne le poesie, scrivendone anche la musica, animandole musicalmente e musicando i versi.

Da quei momenti ho sempre seguito la nascita di tutte le poesie di papà, in particolare il successivo poema Il Dio delle zecche, libro che esce nuovamente proprio in questi giorni per la casa editrice Mesogea di Messina. In quel periodo, mentre papà si occupava soprattutto della sperimentazione della maieutica reciproca con i bambini e gli educatori a Mirto, io facevo musica con i piccoli. Qui nascevano appunto le pagine de Il Dio delle zecche e io ne scrivevo la musica in funzione anche di momenti pubblici in cui musica e poesia erano occasione di discussione e riflessione insieme. Sia in Italia che all’estero questi momenti erano organizzati dai vari comitati di sostegno, anche per la raccolta di fondi per continuare il lavoro educativo a Mirto. Il Centro Studi non ha mai ricevuto una lira dallo Stato italiano.

Danilo Dolci
Centro Educativo Mirto. Foto Archivio del Centro Sviluppo Creativo – Danilo Dolci
Danilo Dolci architetto, sociologo e poeta.

Oltre che grande lettore, sin da giovanissimo papà si alzava presto la mattina per leggere indisturbato prima della scuola e fare le altre attività, come la musica o lo sport. Era molto interessato ai concetti di struttura, progettazione, costruzione, tutti termini che, a ben vedere, confluiscono in seguito nel suo lavoro sociale, educativo, poetico.

Dopo la maturità aveva intrapreso gli studi di Architettura, pubblicando addirittura due manuali tecnici sulla scienza delle costruzioni, molto utilizzati poi per diversi anni come dispense per gli studenti. In realtà poi non si laureò, aveva conosciuto Don Zeno di Nomadelfia e aderì a quel progetto di vita: come architetto avrebbe costruito delle case per i ricchi, per chi aveva tanti soldi, mentre intanto lui aveva conosciuto gente poverissima che dal dopoguerra in poi cercava di ricostruirsi una vita e una famiglia.

A quel periodo, metà degli anni ’50, risalgono i Carteggi, le lettere che lui scriveva agli amici di prim’ordine che intanto aveva conosciuto: Mario Luzi, Bruno Zevi, Norberto Bobbio, Carlo Levi, Aldo Capitini.

Di quest’ultimo la Carocci ha pubblicato anni fa uno splendido libro che ricostruisce nella sua interezza l’ampio rapporto epistolare tra Capitini e Dolci. Ma proprio di recente abbiamo pubblicato un altro Carteggio, importantissimo, tra il Prof. Tommaso Fiore di Altamura e mio padre. Entrambi ci hanno lasciato davvero tanto. 

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