L’archeologia lo mostra: la cura è stata centrale nella storia della civiltà
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Bologna, Emilia-Romagna - In un’era geologica che viene definita dalla comunità scientifica antropocene – o, da altri, anche capitalocene –, l’associazione Filò – il filo del pensiero, in collaborazione con MIA – Musei Inclusivi Aperti ha proposto allə bambinə di Bologna e alle loro famiglie una mattinata per immaginarne una nuova: il curiamo-cene. L’evento è stato inserito nella IV edizione del Festival della filosofia in dialogo, organizzato da Filò in occasione della giornata mondiale della filosofia, in intersezione con il progetto ConCittadini 2024, curato in collaborazione con il Quartiere Santo Stefano di Bologna.
Con la guida di due filosofe e due archeologhe abbiamo esplorato il Museo Archeologico, riflettendo sulla cura: da una parte cercandone le tracce nei reperti ritrovati nel territorio bolognese, che ci raccontano la storia delle popolazioni che vi hanno abitato nella storia, dall’altra immaginando e creando la cura attraverso il pensiero filosofico.
L’archeologia ci dice che sicuramente nella preistoria, più in particolare durante il paleolitico, gli esseri umani hanno abitato il territorio bolognese e hanno iniziato a vivere in comunità. Con la rivoluzione neolitica cambiò la Terra e gli esseri umani adottarono nuovi stili di vita, fu in questo momento che i gruppi umani iniziarono a cercare di adattare l’ambiente ai propri bisogni: le comunità, che iniziarono a vivere in modo sedentario, avviarono il processo di trasformazione dell’ambiente e introdussero l’addomesticamento di piante e animali.
Vasi di terracotta, pietre e ossa ritrovati nell’area pedecollinare dell’attuale Bologna ci raccontano la storia di questo periodo. La vita della nostra specie ha da allora sempre più impatto sull’equilibrio del pianeta, mentre le scelte politiche ed economiche dovrebbero sempre di più tenere in considerazione il concetto di cura.
Sebbene questioni così complesse debbano essere affrontate in modo collettivo, è possibile fin dall’infanzia costruire dei percorsi di avvicinamento a una cittadinanza attiva e consapevole. Siamo partitə, così, dalla ricerca del significato del termine cura: tra le carte di Dixit – il famoso gioco di carte che stimola la creatività attraverso la narrazione – esposte sui gradoni del museo, ogni famiglia ne ha scelta una che più tra tutte le altre ne rappresentasse per loro il senso.
Guidatə dalle operatrici museali di M.I.A. abbiamo fatto un altro salto temporale: durante l’età del Ferro l’area verde cittadina oggi conosciuta come Villa Cassarini era parte dell’acropoli etrusca, dove avvenivano anche le celebrazioni e le offerte alle divinità. Osservando le statuine votive che le persone portavano dei luoghi sacri, ci siamo chiestə quale fosse il nostro desiderio più grande: bimbə e adulti lo hanno scritto su un foglietto e poi inserito nella nostra urna.
Sempre nello stesso periodo i fabbri fondevano i metalli per farne strumenti per gli artigiani e oggetti di uso quotidiano. L’artigianato era una delle tante specializzazioni di una società urbana come quella della Bologna etrusca: una comunità grande, in cui ognuno svolgeva un ruolo complementare agli altri, curandosi di un aspetto diverso del vivere concittadino. Nel 1877, sotto l’attuale piazza San Francesco, è stato ritrovato un dolio – massiccio vaso di terracotta –, contenente più di 14.000 oggetti metallici, tra interi e frammentari.
La maggior parte degli studiosi ha interpretato il rinvenimento come riserva di metallo pertinente a una fonderia, ma accanto a questa è stata proposta anche una diversa lettura che vede il dolio e il suo contente come una sorta di tesoro pubblico. Da questi pezzi antichi abbiamo immaginato di costruire un nuovo oggetto, utile a prendersi cura della città: ogni famiglia ha riciclato con l’immaginazione il metallo e creato con il pensiero nuovi strumenti per la comunità.
La visita al museo si è conclusa vicino alla Tomba Grande, proveniente dalla necropoli dei Giardini Margherita – il principale parco pubblico cittadino –, rappresentativa di un altro aspetto della cura e del vivere comunitario: la celebrazione, il saluto e il ricordo di una persona che se n’è andata. Prima di salutare le famiglie, le filosofe hanno chiesto loro di fare un salto temporale con l’immaginazione: “pensate a Bologna nel 3000 a.C. e pensate ai visitatori, bambinə, adultə, anzianə, che verranno a visitare il Museo Archeologico, che consiglio dareste loro per prendersi cura del luogo in cui vivono”. E voi, lettori, che consiglio dareste ai cittadini di domani?
L’evento è stato co-progettato e curato da Ylenia Borgonuovo (M.I.A.), Chiara Minardi (Filò – il filo del pensiero), Ilda Mauri (Filò – il filo del pensiero) e Silvia Testino (M.I.A.)
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