Semi di Luce, il progetto educativo ospitato da un’azienda agricola biodinamica
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Cuneo - Una collina delle meraviglie. L’impressione che si riceve salendo a Lirano, tra Serralunga d’Alba e Sinio (CN), ed entrando nel terreno dell’azienda agricola che qui prende dimora è proprio quella di un posto magico, dove tutti i semi sembrano poter germogliare. Un ecosistema complesso, dove la vite convive con siepi, erbe officinali e campi di grano, mentre alberi ad alto fusto, orti e frutteti trovano spazio tra i filari. Dove, allo stesso modo, bambini e ragazzi dai 6 ai 14 anni hanno la possibilità di crescere in un ambiente generoso e ospitale, formandosi a loro misura.
«Il progetto Semi di Luce nasce da un’esigenza. A inizio 2022, un gruppo di insegnanti e mamme mi chiesero un incontro per espormi la loro idea di un progetto educativo innovativo. Io fui colpito dal cuore e dall’intento di questa visione, che aveva però bisogno di una parte pratica e concreta per poter prendere vita», racconta Enrico Rivetto, presidente dell’associazione Lirano e titolare dell’azienda agricola Semi di Luce, che si affida al metodo biodinamico, un approccio olistico che ricerca la relazione con l’ambiente circostante, con la Terra intera e con il cosmo dei pianeti e costellazioni.
«Io avevo a disposizione un edificio all’interno della mia tenuta e avevo esperienza nella realizzazione e nella messa a sistema di qualcosa di totalmente nuovo: il mio organismo agricolo, unico certificato biodinamico sul territorio del Barolo, quello che io chiamo la mia “cellula di coscienza”. Ascoltando l’idea, anziché difficoltà ho visto la possibilità reale di creare un’altra cellula – una cellula educativa – che potesse crescere protetta all’interno di quella già funzionante, avendo peraltro accesso a tutte le sue risorse. Abbiamo svuotato e imbiancato, abbiamo recuperato alcuni banchi, ne abbiamo acquistati altri e in autunno siamo partiti».
Per saperne di più incontro Stefania Aimasso, insegnante del progetto, proprio in uno di questi spazi rivisitati, alla fine di una giornata in cui la pioggia ha insistito, battente, su un terreno già zuppo. Eppure, il paesaggio che entra dalla finestra resta magnetico, nelle sue magiche sfumature autunnali.
Stefania, come e perché nasce il progetto Semi di Luce?
Le sue fondamenta risalgono al settembre del 2021. Inizialmente ci siamo conosciute noi insegnanti. Abbiamo cominciato a sognare come potesse essere la scuola per noi, a dimensione di bambino. Poi, una sera, abbiamo condiviso questa visione con Enrico, che ci ha dato la sua disponibilità a ospitarci. Da lì abbiamo cominciato a co-creare.
Siamo partiti con dieci bambini che abbiamo incontrato sulla nostra strada: non abbiamo fatto pubblicità perché non avevamo niente da offrire di concreto, se non entusiasmo, la nostra esperienza di anni di insegnamento nella scuola statale, e la voglia di creare qualcosa di diverso, di completo. Non in contrapposizione alla scuola pubblica, ma per integrarne la proposta grazie al fatto di non avere scadenze fisse o dover sottostare per forza a dei programmi.
Essere più trasversali nella preparazione, ripartendo da ciò che è più concreto. Si arrivava da un periodo molto duro – quello del Covid – in cui tantissimi bambini avevano delle crisi di ansia. Mi sono quindi chiesta se in quel momento la scuola, com’era strutturata, potesse corrispondere a ciò di cui avevano bisogno. Di lì è iniziato tutto, probabilmente è stato semplicemente un piccolo incastro di un grande puzzle che era già destinato a comporsi. In quel momento ho sentito veramente che questa fosse la strada: un progetto che partisse dal bambino, visto come un individuo nella sua specificità.
Quali sono i tratti distintivi della vostra offerta pedagogica e formativa?
Innanzitutto, si parte dal fanciullo. “Chi sei tu? Cosa vuoi dirci?” immaginiamo di chiedere ai bambini che abbiamo davanti. Di lì, il nostro compito è ascoltare e comprendere le diversità per riuscire a tirare fuori e valorizzare i talenti. Permettere loro di conoscersi e dare loro gli strumenti per far fronte al futuro. Poi la connessione con la natura, con cui interagiamo in un rapporto a doppio senso. La consapevolezza che l’insegnante non è un essere onnisciente con la verità in mano, ma che vengono raccontati più punti di vista, da cui i ragazzi ricavano la loro verità. Conoscenza e competenza sono fondamentali.
Un altro aspetto che privilegiamo è quello di dare ai bambini l’abitudine di prendere la parola ed esprimersi senza timore delle reazioni. Crediamo che in questo modo avranno la possibilità di diventare adulti che, anziché vivere passivamente, dicano ciò che pensano. Dal punto di vista didattico noi insegnanti abbiamo percorsi di formazione diversi, in continuo aggiornamento. Teniamo al fatto che il progetto non abbia etichette, a identificarlo proprio perché siamo convinte che servano ingredienti da metodi diversi, nel momento giusto, per accompagnare adeguatamente i fanciulli nelle loro specificità.
Come si svolge una giornata tipo?
Dopo l’arrivo di bambini e ragazzi, alle 8:15, trascorriamo un momento tutti insieme dedicato allo yoga, al canto, alla meditazione o alla parola. Facciamo giochi ritmici o con la pallina che svegliano, preparano per le attività della mente e soprattutto permettono di centrarsi nel qui e ora. Poi ci dividiamo nelle classi: al piano inferiore le medie, al piano superiore la primaria, organizzata in due pluriclassi. C’è un intervallo a metà mattina.
Nel pomeriggio, si cerca di tenere le attività più leggere, con laboratori, arte, musica. La giornata scolastica si conclude alle 14:45, a parte il venerdì, giorno in cui non è previsto il pomeriggio. Quella di mantenere un orario non troppo lungo è una scelta: abbiamo deciso di partire dalle necessità del bambino e ormai tutti i più grandi pedagogisti dicono che il bambino ha una certa soglia di attenzione oltre la quale non può andare. Inoltre il fanciullo deve avere la possibilità di vivere anche l’ambiente familiare, di organizzarsi all’interno di esso, e anche di rallentare.
Laboratori: perché sono importanti e come traggono profitto dai diversi ambienti della collina di Lirano?
I nostri laboratori – come lavorare al telaio, la maglia a dita, o ai ferri – sono pensati per aiutare il bambino a concentrarsi, per portare alla lentezza e al ritmo. Altri sono importanti per far uscire la creatività nel bambino, come il progetto di falegnameria. Si parte, ad esempio, dalla domanda: cosa vedete in questo ramo? Di lì i ragazzi possono tirar fuori la forma usando il coltellino da legno, in una formula per la quale l’arte ha a che fare tanto con il saper fare quanto con l’autonomia creativa.
Osserviamo con l’esperto dell’azienda la vita delle api e ogni anno prepariamo candele con la cera. L’anno scorso la primaria ha fatto essiccare la lavanda dell’azienda, realizzando dei sacchettini profumati. Ogni anno facciamo un giorno di vendemmia per tutti, mentre le medie seguono anche i lavori in cantina. Coltiviamo l’orto e seminiamo i grani antichi in primavera. Al bosco andiamo per fare geometria, ad esempio per comprendere il rapporto tra circonferenza e diametro. Sempre nel bosco si raccoglie ciò che più è indicativo per realizzare l’angolo delle stagioni, preparare erbari e fogliari.
Stiamo facendo il compost, per cui scendiamo per prendere il terriccio ricco di microrganismi da mettere nella compostiera oppure andiamo per cercar tartufi con la trifolaia Francesca. E ancora, nel bosco si va per disegnare e scrivere, ognuno trovandosi un angolino per ispirarsi. Si fanno acquerelli legati a temi che si stanno affrontando in scienze, storia, geografia e italiano. I laboratori non sono sempre uguali, ma li pianifichiamo durante l’estate in base alle classi e a cosa si ha più bisogno di potenziare.
Quanto conta l’interazione con l’ambiente in cui vi trovate?
La scuola non è avversa al territorio cui appartiene e quindi è importante ritornare al piacere e all’ascolto della terra: capire quali sono le tradizioni, visitare il castello o i fiumi vicini che sapere cosa hanno da raccontare. Poiché siamo parte del mondo, dobbiamo capirci per poterlo capire. Per quanto riguarda invece l’aspetto più prettamente outdoor, i bambini hanno bisogno di spazi esterni e di luce.
Così all’aperto, facciamo laboratori, passeggiate, attività, intervalli e parte delle lezioni, quando il tempo lo consente. Tuttavia ci sono dei momenti in cui è necessario essere in un luogo chiuso dove si riesca a mantenere la concentrazione. Nel quale partire sempre dall’esperienza, dalla concretezza, ma in un luogo più raccolto, con una lavagna davanti. In un’alternanza che – ne siamo convinte – porta all’equilibrio.
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