Con Sardware la lingua sarda entra nel digitale e diventa lingua di innovazione tecnologica
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Sardware è un progetto per la preservazione e l’evoluzione della lingua sarda. Si tratta infatti di un’associazione di volontari che riconoscono quanto sia cruciale per la vitalità della lingua avere un lessico che risponda alle esigenze del mondo moderno. Attraverso la traduzione di software e browser, Sardware non solo promuove l’uso del sardo in ambiti tecnologici, ma anche l’inclusione della lingua in contesti di vita quotidiana dove la tecnologia gioca un ruolo centrale.
In tale ottica, se da un lato si preserva una lingua identitaria, dall’altra la si fa anche evolvere, creando un nuovo lessico che riflette l’innovazione e permettendo ai parlanti di utilizzare il sardo anche nei contesti digitali e professionali. Ma soprattutto, mantenendola in vita.
IL SARDO NEI SOFTWARE
Ѐ Alessio Pani, uno dei volontari che compongono il team, a raccontarsi. «Sardware nasce nel 2016 dall’iniziativa di tre persone che desideravano tradurre Telegram in lingua sarda. Successivamente altre persone si sono unite al progetto, permettendo di raggiungere obiettivi più ambiziosi come la traduzione di Ubuntu Touch, un sistema operativo completo, e di Mozilla Firefox, uno dei browser più conosciuti al mondo». Un progetto che risponde dunque all’esigenza di disporre di strumenti che permettano di diffondere contenuti digitali in lingua sarda e che si avvale di altre iniziative come Apertium, un sistema di traduzione automatica tra italiano e sardo.
L’idea di Sardware è quindi non solo di creare un lessico tecnologico in sardo, ma anche di applicarlo concretamente all’interno di software. «Il nostro obiettivo è anche che il sardo venga percepito come una lingua al pari delle altre, affinché la cultura sarda non sia relegata a un ruolo di secondo piano», racconta sempre Pani. «Abbiamo notato che spesso la cultura sarda è ridotta a semplice folklore, una percezione che ci ha portato più svantaggi che benefici».
In altri luoghi, come ad esempio la Catalogna, riscoprire la propria identità culturale ha portato a una maggiore consapevolezza e valorizzazione della cultura locale. Un esempio che dimostra come il recupero dell’identità non sia un freno, ma possa anzi favorire una crescita culturale, sociale ed economica che non snaturi ciò che ha reso la comunità tale. «Siamo convinti che il sardo debba essere un veicolo di espressione moderna e di progresso, uno strumento per riconoscere e affermare il valore della nostra cultura».
IL CONTESTO SARDO
Si parla spesso della lingua sarda come a rischio di estinzione, in parte a causa del “proibizionismo linguistico” che, come teorizza Oreste Pili, ha segnato la Sardegna sia durante il fascismo che nella Repubblica, limitando l’uso e la diffusione del sardo. In sociolinguistica, questo è collegato al cosiddetto “prestigio linguistico”: una società che “non crede” in se stessa tende a sminuire la propria lingua e a investire poco nel suo sviluppo. Per mantenere viva una lingua è necessario quindi un doppio approccio: dall’alto, con iniziative istituzionali, ma soprattutto dal basso, con una consapevolezza collettiva del valore culturale della lingua.
L’esempio del latino dimostra come una lingua possa evolversi e adattarsi: da linguaggio agropastorale, esso sviluppò un lessico filosofico e letterario quando Roma si espanse. Allo stesso modo, il sardo ha oggi l’opportunità di ampliare il proprio vocabolario per adattarsi alle esigenze moderne. Usare la lingua sarda nei contesti digitali e professionali offre all’idioma una nuova vitalità e ne garantisce la trasmissione alle generazioni future.
LINGUA SARDA, UNA RICCHEZZA DI VARIETÀ
La lingua sarda è straordinariamente variegata: ogni paese della Sardegna ha una propria variante linguistica. Questa molteplicità ha spesso rallentato l’adozione di uno standard comune per la lingua sarda, un elemento importante per creare riferimenti chiari nella scrittura. L’introduzione della Limba Sarda Comuna (LSC) ha rappresentato un passo significativo – non esente da critiche – verso questo obiettivo: la LSC costituisce a oggi una sorta di grammatica standard per la scrittura, mentre nell’oralità si preferisce mantenere intatte le diverse varietà locali, considerate una risorsa preziosa per la cultura sarda.
In Sardware questo approccio si traduce in un’organizzazione orizzontale, in cui ogni proposta di traduzione è apprezzata e considerata una parte integrante della ricchezza linguistica. L’obiettivo non è l’uniformità assoluta, che rischierebbe di bloccare il processo, ma una convivenza armoniosa tra le proposte. «Nelle comunicazioni orali ciascuno utilizza la propria varietà locale della lingua, e questo non crea difficoltà; ci comprendiamo perfettamente tra di noi. Per la comunicazione scritta invece abbiamo scelto di adottare la LSC come standard, garantendo una base comune. A seconda del progetto, decliniamo poi lo standard in forme diverse: ad esempio, usiamo la variante logudorese per Telegram e quella campidanese per Mozilla Firefox».
Per quanto riguarda i neologismi, Sardware adotta in questo caso un approccio aperto e flessibile, orientato alla praticità e alla coerenza con la tradizione sarda. Ad esempio, per tradurre il termine “sito internet” si considerano più opzioni: “sito web” o “giassu web”, a seconda del contesto. Allo stesso modo, il termine “computer” può essere reso sia come “elaboradore” che come “computera”. «Per la creazione di neologismi osserviamo attentamente l’uso in lingue affini, come lo spagnolo, e valutiamo la resa in sardo in base all’efficacia e alla comprensibilità del termine. Molto spesso traduciamo anche i testi tecnici, considerando anche elementi come i menu dei software o i messaggi di errore».
Un’attenzione ai dettagli che consente alla lingua sarda di entrare con efficacia nei contesti digitali e tecnologici, creando un vocabolario moderno che rispetti al tempo stesso le radici culturali della lingua. «Uno dei principali limiti è però la scarsità di persone coinvolte: buona parte dei sardi è alfabetizzata solo in italiano, il che rende complesso diffondere l’uso del sardo, specialmente nella scrittura». Inoltre, aggiunge Pani, «abbiamo anche notato che molti testi in sardo stanno scomparendo, e abbiamo chiesto che vengano reintrodotti. Un corpus di testi in lingua sarda infatti è essenziale per migliorare la traduzione e l’accessibilità alla lingua».
ESSERE PARTE DI SARDWARE
L’impressione di Pani è inoltre che, senza il contributo di gruppi di volontari come il progetto di Sardware o altre realtà indipendenti, le attività in lingua sarda sarebbero ancora più scarse. «Serve un sostegno collettivo e istituzionale: se più sardi fossero coinvolti, sarebbe più semplice trasmettere alla politica l’importanza di questi progetti, sebbene consapevoli delle difficoltà di un popolo che ha subito anni di colonialismo culturale e di svalutazione della propria identità, riconoscere appieno il proprio valore. Ma è proprio attraverso questi sforzi che possiamo ricordare ai sardi la forza della loro cultura e della loro lingua».
Essendo un gruppo di attivisti volontari, non è necessario possedere competenze tecniche avanzate o una conoscenza approfondita della lingua sarda per unirsi a Sardware. Il gruppo fornisce infatti tutte le risorse necessarie, dall’assistenza linguistica agli strumenti pratici. L’unico requisito è l’entusiasmo e la voglia di imparare. «Un altro modo per contribuire – conclude Alessio Pani – è utilizzare i software che abbiamo sviluppato, dalla versione in sardo di Telegram al sistema operativo Ubuntu in sardo fino a Jitsi Meet. Ogni utilizzo rappresenta un passo verso la diffusione della lingua e il rafforzamento della nostra identità culturale».
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