Bye bye all’economia circolare dei rifiuti: Olbia rinuncia a 10 milioni di euro del PNRR
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Sassari - Metti un’amministrazione comunale ambiziosa come quella di Olbia, una città in crescita che produce un sacco di rifiuti, aggiungi un’infrastruttura pubblica semi-abbandonata, mescola tutto con i milioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) ed ecco a voi il progetto per l’impianto di gestione e trattamento dei PAP o PAD, cioè i prodotti assorbenti per la persona: un rifiuto usa e getta che oggi, con le nuove tecnologie, può essere trattato per recuperare quantità non trascurabili di materiali destinati a rientrare nel ciclo economico. Basti pensare che da ogni tonnellata di pannolini si ottengono fino a 75 chili di polimeri assorbenti, 150 chili di cellulosa e 75 chili di plastica che possono rientrare nel ciclo “economico”.
Le plastiche possono diventare oggetti di uso comune, la cellulosa può diventare materiale da costruzione e così via. Niente viene sprecato. Visto e considerato che a maggio 2024 il 20% dei rifiuti urbani olbiesi era composto da PAP e che nei Comuni dell’Alta Gallura questa percentuale è arrivata al 26%, si può ben dire che l’occasione fosse imperdibile. Eppure l’impianto non si farà: nonostante Olbia abbia ottenuto 10 milioni di euro a valere sui fondi PNRR, il progetto previsto è destinato a rimanere tale. Lo scorso giugno la giunta comunale guidata da Settimo Nizzi (FI) ha infatti rinunciato al finanziamento perché troppo oneroso il cofinanziamento che avrebbe dovuto sostenere. Come se non avesse fatto i conti fin dall’inizio.
NIENTE ECONOMIA CIRCOLARE DEI RIFIUTI
Il Comune di Olbia partecipa a due linee del PNRR Rifiuti con un unico studio di fattibilità che prevede la realizzazione di un ecodistretto dotato dell’impianto per i PAP e di un altro sistema per il trattamento degli ingombranti, che a differenza del primo non è stato finanziato dal ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase). In altre parole, il progetto complessivo dell’ecodistretto non è andato in porto, tuttavia il Comune avrebbe potuto realizzare almeno l’impianto per i PAP, con opportuna rimodulazione, visto e considerato che questo rappresentava l’opzione intermedia della relazione illustrativa e cioè un’ipotesi analizzata e presa in considerazione.
Comunque sia, quella dell’impianto PAP è la storia di un’occasione mancata che oltretutto allontana Olbia da un modello sempre più necessario e cioè quello dell’economia circolare su cui Europa e governi di ogni colore puntano con sempre maggiore insistenza. L’idea è chiara: il riutilizzo e il riciclo degli oggetti e dei materiali deve portare a ridurre i rifiuti al minimo. Ecco perché questi impianti sono strategici.
C’è però qualcosa di più e sta sullo sfondo: se a Olbia parliamo di rifiuti non possiamo non parlare del Consorzio industriale provinciale nord est Sardegna (Cipnes) e della sua discarica consortile che, per reggersi economicamente, necessita di un adeguato ingresso di rifiuti. E ad essere più redditizi sono proprio i rifiuti indifferenziati. In mezzo a tutto questo c’è anche il Comune di Olbia che preferisce rimanere muto di fronte alle nostre legittime domande.
I BUONI PROPOSITI DELL’AMMINISTRAZIONE
L’impianto PAP è una novità in Sardegna: al momento non ne esiste uno. Il PNRR è dunque una grande occasione per mettersi al passo con i tempi e con gli obiettivi europei. Ma se altri territori sardi stanno centrando l’obiettivo, a Olbia non toccherà la stessa sorte, almeno per adesso. Per la cronaca, l’amministrazione Nizzi ha deciso di muoversi in maniera differente rispetto ad altri Comuni che hanno mandato avanti come soggetto attuatore il proprio consorzio industriale, vedi Cagliari e Oristano.
A Olbia è infatti il Comune – e non il Cipnes – a presentarsi con un progetto integrato che punta a ottenere due finanziamenti banditi dal Mase nel 2022. Il dato particolare è che l’amministrazione gallurese propone un ecodistretto in cui convivono da una parte l’impianto per i PAP e dall’altra l’impianto per il recupero ingombranti e uno per la gestione per il vetro. Complessivamente il costo è piuttosto elevato: in tutto 24.232.000 euro.
Va detto che questi tre impianti – PAP, ingombranti, vetro – hanno la loro ragion d’essere, come si legge nella relazione illustrativa del progetto di fattibilità. Il sistema per il trattamento dei prodotti assorbenti non esiste e quello olbiese avrebbe avuto lo scopo di coprire, nel nord Sardegna, il sub bacino gallurese. Per quanto riguarda il vetro, l’impianto avrebbe intercettato ciò che gli impianti esistenti non intercettano. Infine, per quanto riguarda gli ingombranti, l’impianto Cipnes fa solo stoccaggio. Considerato che la popolazione invecchia sempre di più e che l’uso dei PAP aumenta da anni, l’impianto per i PAP avrebbe rappresentato un’infrastruttura davvero importante per il territorio.
CHI TROPPO VUOLE NULLA STRINGE
I motivi che hanno portato alla rinuncia dei diversi progetti sono legati all’ingente cofinanziamento. Se consideriamo l’ecodistretto come unico corpus, tolti i 10 milioni assegnati dal PNRR all’impianto per il trattamento dei prodotti assorbenti, rimangono infatti ben 15 milioni da trovare. Una somma ingente anche per un Comune ricco come quello di Olbia. Tuttavia è legittimo pensare che l’amministrazione potesse rimodulare il piano orginario, realizzando solo l’impianto PAP come indicato d’altra parte nella relazione illustrativa – la cosiddetta opzione intermedia non scelta come prima opzione, ma analizzata e per la quale è stato vinto il bando PNRR).
In effetti, considerando quest’intervento, l’entità del cofinanziamento sarebbe stata di gran lunga inferiore: al costo del sistema di trattamento PAP, individuato in 7,9 milioni di euro dallo studio di fattibilità, vanno innanzitutto aggiunti tra i 7 e i 9 milioni di euro per opere civili come piazzali, capannoni, aree verdi, illuminazione, mura di cinta, videosorveglianza e via dicendo. Si sale così a 15-17 milioni da cui però vanno sottratti i 10 ottenuti dal MASE. Il totale del cofinanziamento varia quindi tra i 5 e i 7 milioni di euro, milione più, milione meno. Il tutto per trattare 5000 tonnellate di pannolini all’anno.
La cifra non è da poco. Tuttavia, pare che il problema sia a monte e cioè nel quadro economico allegato allo studio di fattibilità. Rispetto alle spese preventivate per gli impianti simili proposti da Cagliari e Oristano, ad Olbia siamo in presenza di somme più elevate. Insomma, si poteva fare di meglio? Probabilmente sì. E così, niente impianto PAP.
LO SFONDO
Se parliamo di rifiuti e di gestione degli stessi ad Olbia, non possiamo non parlare del Cipnes e dell’impianto consortile di Spiritu Santu. Ad oggi è una piattaforma di gestione e trattamento di rifiuti e tra un paio di anni sarà anche fornitore di biogas perché avrà un impianto che lo produrrà. Proprio questo impianto ha ottenuto un consistente finanziamento PNRR e si sta concretizzando: i lavori, se tutto va bene, inizieranno a dicembre e nella seconda metà del giugno 2026 il Cipnes immetterà il biogas nella rete cittadina.
Allo stato attuale, la discarica consortile si regge economicamente sui rifiuti che entrano al suo interno per essere trattati. I più redditizi sono quelli indifferenziati che devono diminuire il più possibile: i rifiuti urbani non differenziati hanno una tariffa di 199,3 euro a tonnellata, mentre gli ingombranti non valorizzabili costano 333,90 euro a tonnellata. Nel recente passato, il Cipnes ha dovuto aumentare le tariffe proprio a causa della diminuzione della quantità di rifiuti in ingresso per mantenere in equilibrio se stesso e soprattutto il conto economico della discarica.
Un eventuale impianto PAP potrebbe dunque comportare una diminuzione della quantità di rifiuto in ingresso a Spiritu Santu. In un certo qual modo, la mancata realizzazione dell’impianto PAP potrebbe avvantaggiare Spiritu Santu, almeno finché non verrà attivato l’inceneritore di Tossilo: a quel punto, con la sua attivazione, si pagherà l’incenerimento del secco con le tariffe decise dalla Regione. E questo, invece, potrebbe essere uno svantaggio. Non si conoscono le tempistiche di attivazione della seconda linea dell’inceneritore di Tossilo, ma si conoscono le tempistiche dei progetti Pnrr: devono essere operativi entro il 2026.
Se guardiamo al lungo periodo e se consideriamo gli obiettivi europei per la gestione dei rifiuti, la mancata realizzazione dell’impianto PAP è uno svantaggio per tutti, soprattutto per le casse pubbliche. Il treno del PNRR era solo questo e forse lo abbiamo perso.
Puoi leggere l’inchiesta integrale di Angela Deiana Galimberti su Indip
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