Olio del Casale, l’azienda agricola che punta sul lavoro in rete
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Savona -
Oggi vi portiamo a Nasino, un piccolo paese dell’entroterra di Albenga, dove ha sede l’azienda agricola Olio del Casale, il cui prodotto di punta non poteva che essere l’olio, il quale però ha una peculiarità: è un extravergine di taggiasca, caratteristica che gli ha valso l’appellativo di “oro liquido”. L’azienda, che si trova a cavallo tra Liguria e Piemonte, dal 2016 produce e trasforma ortaggi a chilometro zero: «Abbiamo scelto di aprire il laboratorio in un luogo che fosse il più possibile vicino ai nostri terreni», mi spiega Alberto Coddetta, titolare dell’azienda.
Gli oliveti infatti si trovano nel primo entroterra di Albenga, mentre i campi dove vengono coltivati i prodotti agricoli sono tutti ad Alto, così come il laboratorio di trasformazione e il punto vendita. «Qui crescono pomodori, rape, zucchine e tutto quello che la natura ci permette di coltivare, secondo non solo la stagionalità, ma anche l’annualità». Ogni annata è diversa e di conseguenza anche i trasformati variano in base a ciò che si riesce a raccogliere.
LE COLTIVAZIONI
«Olio del Casale non è un’azienda biologica certificata, ma non facciamo alcun trattamento sulle nostre piante», evidenzia Coddetta. E strettamente collegato al tema della naturalità del metodo di coltivazione c’è il forte legame tra apicoltura e agricoltura. Alberto infatti mi parla del loro apiario di Nasino: «Grazie alle nostre api produciamo un miele millefiori di montagna, un miele di castagno e anche un miele con lavanda, che ha un profumo molto caratteristico e tipico di queste piante aromatiche e dal sapore leggero e gradevole al palato dovuto alla lavanda Officinalis Imperia».
Ad Alto l’azienda ha un lavandeto, “I giardini di Vanda” – di cui vi abbiamo raccontato qui – che conta circa duemila piante di dieci varietà diverse e da cui si ottiene proprio il fiore della Lavanda Officinalis Imperia. «Lo impieghiamo nelle nostre preparazioni, inserendolo all’interno di marmellate, confetture, gelati, crostate, biscotti, infusi, bevande e digestivi». Ecco come il ramo dell’apicoltura si innesta, così, in quello della lavanda, perché sono, in effetti, due aspetti simbiotici. «Volevamo fare in modo che una cosa potesse servire all’altra, affinché queste due dimensioni potessero intrecciarsi in modo sinergico».
Tra i nuovi obiettivi che bollono in pentola nell’azienda agricola al momento c’è la sperimentazione di una coltivazione di olive taggiasche in quota: «Complice il cambiamento climatico, nei prossimi anni proveremo a coltivare le olive anche qui ad Alto. Tempo addietro la pianta di olivo, quando la temperatura scendeva sottozero, soffriva molto. Ora, però, a queste temperature non si arriva più, quindi ci lanciamo in questo esperimento». Si tratta, per ora, di una coltivazione di nicchia: «Quest’anno pianteremo trenta alberi e il prossimo anno cinquanta: è poco, ma è un punto di partenza per vedere cosa succederà».
L’AGRITURISMO “OLIO DEL CASALE”
Olio del Casale non è solo azienda agricola e punto vendita, ma anche agriturismo. «All’inizio abbiamo aperto questo spazio per dare la possibilità di assaggiare i nostri prodotti ancora prima di acquistarli. Servivamo quindi in modalità aperitivo le tartine con il nostro pesto, le olive, i nostri paté». I fiori all’occhiello sono sempre stati i prodotti sottolio, naturalmente in olio extravergine di oliva taggiasca. «Poi con il tempo ci siamo addentrati anche nella parte di somministrazione e abbiamo notato subito che la gente apprezzava molto ciò che serviamo. E quello che mangia poi acquista», spiega.
Il ristorante propone piatti della cucina ligure e piemontese con ingredienti locali, provenienti dai campi aziendali: «Sono loro che dettano i tempi e tutte le variazioni delle portate, che infatti cambiano con il susseguirsi delle stagioni». Il piatto di punta del menu è la patata ripiena: «Come dico sempre ai clienti, se quello che proponiamo piace così tanto, è proprio per la qualità della materia prima che si prepara, oltre alla bravura di chi è in cucina».
UN’AZIENDA CHE LAVORA IN RETE
L’intento di Alberto e di diverse altre aziende locali, portando avanti il progetto Val Pennavaire in rete – ve ne abbiamo parlato qui – è quello di riuscire a emergere non come singolo paese ma come valle, come d’altronde accade in altre regioni del Nord Italia. «Abbiamo iniziato a lavorare su questo obiettivo cinque anni fa, poi il Covid ha temporaneamente fermato tutto, ma sembra comunque che stia funzionando: le varie attività locali hanno recepito, infatti stiamo cercando di collaborare, facendoci pubblicità l’un l’altro, scambiandoci informazioni e talvolta anche i clienti».
Questo è un primo passo per lavorare in rete con il territorio e la cooperazione, anche tra concorrenti, non è affatto scontata. «Qui c’è sempre stato un certo campanilismo, che però sta gradualmente scomparendo, anche perché diverse persone che sono venute a vivere qui, arrivate da fuori, stanno portando una ventata di freschezza in questo senso, perché non sono legate necessariamente al paese in cui hanno scelto di abitare, ma a tutta la valle».
Tra i tanti clienti che arrivano a Nasino e ad Alto c’è una consistente categoria di turisti, che sono gli sportivi: «Questa è una zona ricca di falesie, chi viene ad arrampicare qui, non a caso, parla di val Pennavaire, non del singolo paese in cui si ferma a scalare». Alberto mi racconta che in questi anni alcuni ostacoli ci sono stati e non sempre la strada è stata in discesa, ma sta avendo la meglio la caparbietà: «Siamo convinti che il nostro progetto sia vincente, siamo anche un po’ testoni – sorride –, quindi non molliamo».
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