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India e Canada sono ai ferri corti. Nei giorni scorsi i due paesi si sono scambiati vicendevolmente accuse e minacce che sono culminate con l’espulsione di dodici diplomatici, sei da parte dell’India e sei da parte del Canada. Una vicenda che si intreccia con spionaggio, omicidi su commissione ed equilibri geopolitici.
L’OMICIDIO
È il giugno 2023 e Hardeep Singh Nijjar, cittadino canadese, si è appena recato al tempio ad amministrare i riti della sua religione. Mentre è al posto di guida del suo furgone, posteggiato in un parcheggio, due uomini gli si avvicinano e gli esplodono addosso 34 colpi, uccidendolo. Nijjar è un sikh, ossia membro di una comunità politico religiosa che crede nell’unione di indù e musulmani nella fede in un Dio unico e che rifiuta il sistema delle caste.
Originario dell’India ma domiciliato a Surrey, città del Canada occidentale, Nijjar era un avvocato e un attivista per la formazione del Khalistan, ovvero lo stato separatista per il popolo sikh. All’indomani del delitto cominciano le indagini per fare luce sull’omicidio di Nijjar e gli investigatori canadesi scoprono degli inquietanti dettagli. Quello che pareva essere un regolamento di conti nasconde infatti delle trame internazionali: l’omicidio sembra infatti essere organizzato proprio da agenti dei servizi di sicurezza di Dehli e portato avanti tramite alcuni sicari che operano nel continente americano.
In particolare le indagini rivelano che nell’operazione sarebbe coinvolto anche un alto ufficiale della RAW – la Research and Analysis Wing, la “CIA indiana” –, nei verbali chiamato con lo pseudonimo CC1. Come prevedibile, il governo indiano nega categoricamente che l’omicidio sia avvenuto dietro l’ordine dei propri apparati di sicurezza e dopo alcune tensioni la questione sembra morire nel disinteresse.
Questo fino a quando, pochi mesi dopo, in un’altra città ben più grande e cosmopolita di Surrey, viene scoperto un tentativo di omicidio, sempre contro un cittadino di origini indiane. Si scopre infatti che Gurpatwant Singh Pannun, avvocato di New York, anche lui sikh e attivista per il Khalistan, è diventato il bersaglio di un’altra operazione coperta della RAW. Per smascherare il piano, gli agenti dell’FBI che indagavano sul caso, si sono finti dei sicari e hanno scambiato numerosi messaggi con un intermediario.
Gli interlocutori? Nikhil Gupta, contrabbandiere di armi e criminale indiano, e la mente dell’operazione, il già citato CC1, al quale possiamo finalmente dare un nome: Vikram Yadav. Una volta ottenuto l’anticipo per portare a termine l’omicidio, l’FBI fa scattare la trappola. Nikhil Gupta viene arrestato in Repubblica Ceca e rimane a Praga in attesa dell’estradizione, mentre Yadav al sicuro in India, verrà solo riassegnato.
COSA STA SUCCEDENDO IN INDIA?
Il Washington Post, che ha seguito la vicenda, afferma che Vikram Yadav, alto ufficiale della RAW, non stesse agendo da solo in qualità di rogue agent – ovvero “agente canaglia”, fuori controllo, deviato – come affermano le autorità indiane, ma che l’operazione fosse orchestrata dai “piani altri”, incluso il segretario per la sicurezza del presidente Narendra Modi. Secondo le rivelazioni di Nikhil Gupta e le indagini degli inquirenti statunitensi, questo tentativo farebbe appunto parte di un più ampio piano di “pulizia” degli oppositori politici portato avanti dall’amministrazione Modi.
Bharat – termine sanscrito che è l’altro nome ufficiale dell’India – sta attraversando un momento di importanti cambiamenti. La più grande democrazia del mondo non è esente dall’ondata di nazionalismo e autoritarismo che sembra aver colpito numerosi paesi. L’India è sicuramente uno Stato democratico, ma i sistemi che regolano il corretto funzionamento della macchina politica sembrano essere arrugginiti. L’omicidio di avversari politici è solo l’ultimo di una lunga serie di problematiche che affliggono il subcontinente, dalla ridotta libertà di stampa fino agli attacchi sempre più frequenti nei confronti delle minoranze.
EQUILIBRI GEOPOLITICI
In conclusione, ad oggi, i rapporti tra i due paesi del Commonwealth – India e Canada – sono molto tesi. Toronto ha provveduto a espellere sei funzionari d’ambasciata indiani, Dehli ha risposto facendo lo stesso. In ogni caso in Canada vive più di un milione di indiani e moltissimi di loro sono di origine sikh. In più Bharat, al momento, è uno dei partner più importanti per l’occidente in Asia.
Nonostante i rapporti con la Russia di Putin infatti, Modi rappresenta comunque un’importante alleato degli americani in funzione anti-cinese – “congratulazioni di cuore al mio amico” è stato il tweet con cui il Primo Ministro indiano ha accolto l’elezione di Trump. Canada e Stati Uniti hanno chiuso un occhio – a volte anche due – sulle prepotenze di Modi durante gli ultimi anni proprio in vista di un possibile avvicinamento strategico, ma hanno fatto anche capire che ci sono linee che non possono essere superate.
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