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Ragusa - Se rivolgessimo il nostro sguardo al di fuori di noi, dando spazio agli altri o facendo qualcosa per loro, troveremmo molte delle soluzioni che cerchiamo. È da questa riflessione che nel 2006 è nata Ci ridiamo su, un’associazione di comicoterapia, detta anche clownterapia o gelotologia – dal greco γέλως, risata –, la disciplina che studia, ricerca e applica le potenzialità delle buone emozioni in ambito di prevenzione, cura e formazione.
Perché l’allegria è una buona terapia e ridere aiuta a sentirsi meglio e a guarire prima. «C’è un fondamento scientifico che viene da una branca della scienza medica, la psiconeuroendocrinologia, che evidenzia la correlazione tra il nostro stato d’animo e il nostro benessere psicofisico. Una situazione di stress può farci stare male ma un’emozione positiva ne può cambiare il corso. Spesso in medicina si abbandona questo approccio per preferire una maggiore medicalizzazione», racconta Fabio Ferrito, uno dei membri dell’associazione.
La figura del clown, spesso poco amata dal pubblico adulto, nel circo arriva dopo esibizioni che generano suspense; è utile infatti ad alleggerire le tensioni facendo ridere e respirare. È lo stesso principio che si adotta negli ospedali, nei centri sociali, nei centri anziani, «si cambia il ritmo distaccandosi dallo stato d’animo incentrato sull’ansia, sulla paura, sulla solitudine e sulla sfiducia», sottolinea Fabio.
Spesso prendiamo le distanze da ciò che consideriamo stupido, come il clown ad esempio, ma è proprio ciò che “salva” rompendo la routine. Il mondo della comicoterapia è molto disomogeneo, non basta mettere un naso rosso per far ridere, occorre una formazione lunga, articolata e multidisciplinare perché chi incontra il dolore e la malattia deve essere preparato a non farsi male e a non fare male.
Non si offre solo la risata, ma anche l’ascolto e la presenza. Il sorriso crea legami tra le persone, si tratta di una relazione fondata sullo scambio e sull’interazione. I soci dell’associazione che, per professione o come volontari, si dedicano a queste attività affrontano un percorso di formazione lungo cinque anni che prevede lo sviluppo di due aree di competenza, una artistica e una psico-socio-pedagogico-sanitaria: ogni anno si accede a un contesto di operatività a partire dalla pediatria e l’anzianità fino ad arrivare a quelli più complessi.
Nel tempo ci si sottopone a formazioni periodiche e di supervisione costante. «Offriamo formazione a ogni tipo di operatore che ha voglia di rivoluzionare il proprio pensiero nel proprio lavoro, da professionisti a docenti, operatori socio sanitari. Se non si è preparati ci si fa carico di un peso emotivo enorme e noi non siamo martiri. Dobbiamo avere gli strumenti per maneggiare questo materiale di cristallo umano fatto di intimità e sogni».
«I pazienti oncologici, per fare un esempio, sono prima di tutto persone con desideri, sogni, voglia di raccontare e ridere e l’incontro con un clown può essere un benefico shock, può restituire uno spazio necessario per far regredire quella parte in quel momento malata. In ognuno di noi c’è una parte sana e una parte malata e quando riusciamo a fare regredire quella parte che è in sofferenza, si dà spazio alla bellezza», continua Fabio.
L’associazione Ci ridiamo su opera in ambito pediatrico dal 2007– contribuendo a ridare spazio a quella parte negata ai bambini una volta in ospedale – e dagli anni successivi anche in reparti oncologici, in contesti con disabilità, anzianità e in missioni umanitarie, ad esempio durante i terremoti in Emilia-Romagna e in Abruzzo.
Nei mesi compresi tra settembre e febbraio Ci ridiamo su svolge attività nelle scuole con progetti dedicati alla prevenzione primaria, l’educazione alla salute, la rimozione del disagio scolastico. Durante la pandemia è nato un progetto di sartoria che ha coinvolto non solo anziani e persone sole in casa, ma anche i detenuti del carcere di Ragusa che hanno realizzato mascherine in seguito donate agli ospedali e alle forze dell’ordine. E grazie a questa occasione sono nati nuovi progetti nella casa circondariale, come “Libere tenerezze”, un progetto di orto umoristico rigenerativo e attività di accoglienza per i bambini in visita ai propri papà in carcere.
«Il clown diventa mediatore di relazioni tra papà e bambino. Spesso il genitore si trova in difficoltà, ha anche da discutere con la moglie, e così interveniamo noi come mediatori. Nel mese di ottobre abbiamo organizzato anche delle partite di calcio che hanno coinvolto genitori e figli». Grazie a Officina Sociale Meccanica capofila di alcuni progetti, Ci ridiamo su sarà coinvolta in quattro carceri siciliane con attività che permetteranno di esplorare lo spazio carcerario agli occhi dei bambini attraverso vari laboratori.
La risata e le emozioni positive, attraverso la figura professionale del clown spesso non riconosciuta, favoriscono il processo di umanizzazione dei luoghi di cura e non e aiutano ad accendere la scintilla vitale. In senso terapeutico si forniscono alle persone in difficoltà gli strumenti per attivare le proprie risorse, in senso sociale il clown diviene “creatore di comunità” contribuendo a destrutturare assetti sociali di esclusione.
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