11 Nov 2024

La storia di A Cà du Ricci: oltre il biologico c’è la fiducia verso chi coltiva

Scritto da: Valentina D'Amora
Intervista di: emanuela sabidussi

A Cà du Ricci è un'azienda agricola a conduzione famigliare con una storia importante alle spalle: molto conosciuta e apprezzata in val Pennavaire, presidia il territorio da ben tre generazioni, puntando sull'autoproduzione e sul biologico, volutamente non più certificato per sottrarsi alle logiche industriali.

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Savona - Oggi torniamo in val Pennavaire per raccontarvi di un’azienda agricola storica, presente in questo territorio da ben tre generazioni. Si chiama A Cà du Ricci e a fondarla fu il nonno, U Ricci, che diede il via all’attività agricola con l’acquisto dei primi appezzamenti di terreno e improntando la produzione su ortaggi e frutta, con le ciliegie come fiore all’occhiello.

Ed è stata proprio la determinazione della famiglia Ricci a permettere alla ciliegia di Castelbianco di entrare nel prestigioso elenco dei prodotti tipici della Liguria, nelle varietà autoctone Cantui Giancai e Cantui Negra. Durante il periodo della raccolta poi, a giugno, la cittadina dedica al suo prodotto di punta una sagra, proprio per far conoscere questo frutto tipico del territorio. Oggi Manuela Ricci, la nipote, porta avanti l’attività insieme alla sua famiglia ed è proprio lei, insieme a papà Felice, a raccontarci della loro azienda.

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LA STORIA

«Un tempo questo era un magazzino agricolo, dove stoccavamo tantissima verdura», spiega Felice, che lavora qui già dall’età di cinque anni, anche se ci vive da sempre. «Quando ero molto piccolo mia mamma mi portava nei campi e mi metteva in un cesto, perché aveva paura che saltassi i muri», racconta sorridendo. Quello in cui ci troviamo oggi quindi è stato per anni lo spazio adibito a deposito dell’azienda agricola di famiglia, i cui terreni si trovano per lo più a Castelbianco, mentre gran parte degli oliveti sono a Vendone, in valle Arroscia, luogo di origine della mamma di Manuela.

Dal 2010 invece A Cà du Ricci ha cambiato veste, diventando l’agriturismo a cui ha dato forma Manuela, la quale ha saputo sviluppare l’aspetto dell’ospitalità lavorando alacremente all’ampliamento dell’attività, che è passata così dall’essere una “semplice” azienda agricola a una struttura ricettiva, con quattro camere e servizio di ristorazione.

«L’attività agrituristica però – sottolinea lei – è imprescindibilmente connessa con l’azienda agricola». La trattoria infatti propone diversi piatti tipici della tradizione ligure, preparati esclusivamente con le materie prime che provengono dagli orti e dai campi di famiglia. «Le uniche cose che non abbiamo sono il vino e la carne, che compriamo da aziende vicine. Tutto il resto lo produciamo noi».

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LE COLTIVAZIONI E LA SCELTA DI NON ESSERE CERTIFICATI BIO

A Cà du Ricci è stata certificata biologica diverso tempo fa, adesso non lo è più. Perché? «La nostra esperienza in merito in questi anni ci ha proprio disillusi», sottolinea Manuela, a cui non piace il meccanismo secondo cui “il controllato paghi il controllore”. «Secondo me ci deve essere un ente super partes che vada in ogni azienda agricola e verifichi che tutto sia in ordine, non può farlo l’ente certificatore stesso».

Siamo nel caso in cui si coltiva in modo naturale, ma non lo si può dimostrare. Come capire allora se un’azienda produce davvero senza chimica, pur non essendo certificata? Un piccolo trucco ce lo suggerisce proprio Manuela: «Cercate un contadino del vostro territorio che avete la certezza che mangi quello che coltiva. Solo così potrete fidarvi e dire: “Sì, compro da loro, vado sicura”. Le nostre ciliegie, ad esempio, io le mangio mentre le raccolgo e prima ancora di riempire un cestino, ci riempio la pancia mia e quella dei miei figli», sorride.

Manuela racconta che un altro problema della certificazione era che nei giorni di visita il lavoro si doveva interrompere svariate ore: «Dovevi fermare tutto, venivano e controllavano solo scartoffie, la documentazione di questo e di quello, ma poi nessuno usciva per prelevare una foglia da analizzare. In sostanza io nei campi potevo fare qualsiasi genere di pasticcio volessi e potenzialmente nessuno se ne sarebbe accorto».

A Cà du Ricci
I campi di grano di A Cà du Ricci

Ecco perché hanno deciso di svincolarsi completamente. «Restiamo comunque un’azienda che coltiva in modo naturale, non diamo alcun tipo di trattamento alle nostre piante. Non abbiamo nemmeno il patentino fitosanitario, proprio perché non ci interessa, ma non vogliamo più essere certificati». Oltre a frutta, ortaggi e olio, da circa nove anni A Cà du Ricci produce anche farina. «Sentivo spesso parlare di “veleni bianchi”, ossia latte, farina e zucchero, ma trovavo quest’informazione troppo generica. Sono entrata quindi un po’ di più in profondità nell’argomento ed effettivamente le notizie e le informazioni che raccoglievo non erano per niente tranquillizzanti», spiega Manuela.

Impalpabile, bianca e bellissima anche alla vista, è così che siamo abituati a vedere la farina, ma per assumere queste caratteristiche, qualcosa succede: il processo di raffinazione. «In agriturismo facciamo il pane, la pasta, i ravioli, le torte, i dolci… tutto. Praticamente la farina qui è un po’ come l’olio, tra gli ingredienti che usiamo di più, ecco perché ho deciso di produrla io». Da qui il salto alla coltivazione di grano e all’autoproduzione anche di farine.

Cercate un contadino del vostro territorio che avete la certezza che mangi quello che coltiva: solo così potrete fidarvi

A CA DU RICCI E IL PROGETTO SLOW GRAIN

Manuela oggi dedica molto del suo tempo alla ricerca di tutte le varietà di grano che venivano coltivate storicamente in questo territorio. Per questo le seleziona con cura e le coltiva con metodo naturale. Il grande entusiasmo che mette in tutto ciò che fa non si percepisce solo nel fervore con cui parla di questo progetto, inserendo aneddoti, racconti di vita e i tanti esperimenti fatti in questi anni, ma anche nell’organizzazione della festa della mietitura a luglio, proprio qui a Castelbianco.

A Cà du Ricci infatti fa parte del progetto Slow Grain, all’interno di Slow Food, che ha l’intento di recuperare le varietà locali dei cereali, coltivandole e trasformandole in farina, pane e pasta, per salvaguardare le produzioni delle varie biodiversità. Non vi resta che andare a trovarli, per appagare la vista, con il paesaggio incontaminato che circonda l’agriturismo, l’udito, con il rilassante sottofondo del vicino torrente Pennavaire e il gusto, con i succulenti piatti preparati da Manuela.

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