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Palermo - Nel cuore della Sicilia c’è un pezzo di terra che oggi racconta l’impegno quotidiano e concreto di Giovanni Falcone: una masseria e dei campi coltivati in biologico a metà tra l’area del Vallone nisseno e le Madonie che fino al 1983 apparteneva ai fratelli Greco, boss reggenti della famiglia di Ciaculli. In questo feudo con 150 ettari di terra, una delle prime confische del giudice assassinato, è nata la cooperativa Verbumcaudo voluta dalle amministrazioni dei territori della zona, riunite dal 2015 nel Consorzio Madonita per la legalità e lo sviluppo, a cui la Regione Sicilia ha deciso di affidare il bene.
A sua volta il Consorzio ha affidato il bene a una cooperativa di giovani che hanno scelto di restare e investire nell’entroterra siciliano. Ingegneri, geologi, guide naturalistiche, agronomi, commercialisti e addetti alle lavorazioni agricole qualificati. Verbumcaudo è simbolo di riscatto e rappresenta tutta la tenacia di una generazione che ha deciso di lottare con ostinazione per il diritto di rimanere nella propria terra e lavorare con dignità.
Non è stato un percorso semplice, anzi. Con la legge Rognoni-La Torre, che ha introdotto il sequestro e la confisca del patrimonio di soggetti accusati di appartenere all’associazione di stampo mafioso, è stata messa in atto una vera e propria strategia da parte della stessa mafia per ostacolare l’immissione dei beni confiscati nell’economia legale e la storia di Verbumcaudo lo dimostra.
«Nel 2007, quando il bene venne affidato al comune di Polizzi Generosa, si scoprì che il Banco di Sicilia aveva un’ipoteca sul feudo. I Greco avevano richiesto e ottenuto un finanziamento per una serie di lavori, dall’intonacatura esterna alla sostituzione degli infissi. Avevano fatto investimenti anche per la risorsa idrica realizzando due laghi artificiali e acquistando attrezzature per l’irrigazione massiva. Il Comune non poteva far fronte alla richiesta della banca e il bene è stato messo in vendita», racconta Luca Li Vecchi, ingegnere e direttore della cooperativa Verbumcaudo.
È così che, a seguito del fermento della comunità, la Camera del Lavoro di Palermo ha occupato simbolicamente le terre di Verbumcaudo e la Regione ha deciso di acquisire il bene nel 2015. Negli anni successivi è stato poi emanato dal Consorzio Madonita per la legalità e lo sviluppo un bando per la selezione di profili professionali di neolaureati interessati a formarsi per gestire il bene confiscato attraverso la costituzione di una cooperativa.
«Grazie a Confcooperative e ai fondi CRESM – Centro di ricerche economiche e sociali per il Meridione, la formazione è avvenuta gratuitamente per tutti noi. I profili richiesti dovevano essere 21 e tali sono stati i candidati selezionati, ma dopo il primo giorno siamo rimasti in 11. La nostra non è la storia di grandi amici che decidono di aprire un’attività insieme, ma di persone che si sono incontrate e hanno imparato a conoscersi facendo un lungo percorso di formazione. La cooperativa, infatti, è nata a gennaio 2019», sottolinea Luca.
In una terra dove spesso la diffidenza può regolare le relazioni umane, pensare che un bene confiscato alla mafia possa essere gestito da una cooperativa di giovani, fino ad allora sconosciuti, con l’aiuto della comunità locale scardina molti dei luoghi comuni a cui siamo abituati. Subito dopo la costituzione della cooperativa, infatti, i soci non avevano alcuna attrezzatura a disposizione per coltivare i 150 ettari. È stata la comunità di agricoltori locali ad anticipare i primi lavori per un valore di 35mila euro, ripagati successivamente a raccolto. Lo stesso è avvenuto con le sementi e i 15mila euro necessari per acquistarli.
Tra le produzioni di Verbumcaudo spicca il pomodoro siccagno piantato a pochi mesi dallo scoppio della pandemia che, trasformato in passata di pomodoro, è diventato anche il primo prodotto a marchio Verbumcaudo. Con i fondi di Fondazione Con il Sud e Fondazione Peppino Vismara sono stati realizzati altri investimenti, sempre con l’obiettivo di valorizzare il territorio e le imprese locali, per creare insieme sviluppo e inclusività anche con l’inserimento di soggetti svantaggiati.
«Pasta, legumi, passate, olio e vino sono i nostri prodotti che trasformiamo con e nel territorio. Dall’oliveto storico, trovato abbandonato, l’anno scorso abbiamo ottenuto 2500 kg di olio. Il vino, un vitigno autoctono a bacca bianca, tra i più antichi in Sicilia, intitolato a Placido Rizzotto, ci permette di fare reddito, vincere premi e raccontare la nostra storia, una storia di restanza», continua ancora Luca.
Quest’anno sarà un bel banco di prova, la siccità ha azzerato la raccolta cerealitalia e foraggera, più che dimezzato quella vinicola e si aspetta di vedere come sarà quella del pomodoro. «Il rischio non è solo mandare all’aria l’annata agraria ma anche quello che si è costruito in questi anni in termini di mercato. Da un paio di anni non vediamo l’inverno, noi lavoriamo in aridocoltura, quest’anno abbiamo usato l’acqua del lago di Verbumcaudo, ma è sceso di molto il livello delle falde acquifere», conclude Luca.
Intanto ad aprile scorso sono cominciati nuovi lavori all’interno del feudo, in un primo momento finanziati dal PNRR con un fondo specifico destinato ai beni confiscati alla mafia poco dopo tagliato e adesso dalla Regione Sicilia. Sarà un centro multifunzionale legato alle produzioni agricole che collaborerà con la comunità locale, ampliando il business plan dell’azienda a un business plan di comunità. Perché Verbumcaudo è prima di tutto una cooperativa di comunità.
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